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I “Borghi più belli d’Italia” della Basilicata sono destinazioni lontane dalle consuete rotte turistiche, e per questo ancora più affascinanti. I Sassi di Matera e i siti archeologici della costa, fra tutti quello di Metaponto, rimangono una tappa obbligata per tutti, ma sono “altrove”. Sui crinali delle Dolomiti Lucane, nella campagna disseminata di campi di grano e vigneti, o ancora lungo il confine con la Puglia: è là che bisogna spingersi per ritrovarsi fra viuzze silenziose, dove semplici case di contadini si alternano a palazzi signorili, chiese, basiliche e castelli che ripercorrono a ritroso la storia, l’architettura e l’arte del Sud. Un piccolo mondo antico che a ogni stagione rivive attraverso sagre gastronomiche, feste religiose e rievocazioni in costume tutte da scoprire.

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Le Cascate di San Fele

San Fele, Basilicata

15 elementi Cosa fare e vedere

  • Naturalistico - Altro

Le Cascate di San Fele

San Fele, Basilicata

È dall’Appennino Lucano che nasce il torrente Bradano, le cui acque prendono vita presso San Fele (località Matise) per poi confluire nella fiumara di Atella, conosciuta nel suo tratto più ampio come fiume Ofanto-Mare Adriatico: è proprio qui, nella natura più incontaminata, che sono nate le cascate di San Fele.
Tra ponti antichi e caratteristici mulini, potrete godere di un paesaggio unico al mondo, dove la natura incontaminata saprà accogliere e suggestionare tutti coloro che hanno deciso di avventurarsi al suo interno.
Per visitare le cascate di San Fele è importante premunirsi di un abbigliamento consono all’occasione: l’ideale è portare con sé un impermeabile e scarpe da trekking utili ad affrontare il lungo percorso che costeggia le acque del torrente Bradano.
I percorsi consigliati per ammirare le bellissime Cascate sono diversi.
Per tutti coloro che vogliono compiere interamente il percorso della Cascate di San Fele è possibile camminare per un totale di 8 chilometri.
I percorsi sono personalizzati, si sceglie di seguire quello più attinente alle proprie esigenze. Qui riportiamo i sentieri più battuti, dal più breve al più lungo:
– IL PARADISO
Un sentiero molto breve (circa 300 metri) che permette di arrivare in soli dieci minuti alle Cascate di San Fele. Viene soprannominato “Il Paradiso” per la pace percepita durante la camminata. Le acque della cascata scorrono lente e, nel periodo più caldo si assiste al prosciugamento del torrente che si trasforma in un pozzo di circa sei metri.

– LE GEMELLE
Non si cammina molto, si tratta infatti di un percorso brevissimo di circa 300 metri da fare in meno di un quarto d’ora. Il paesaggio alla fine del sentiero è davvero molto suggestivo. Si può infatti ammirare le cascate “gemelle”, ovvero due ruscelli che si incontrano proprio in questo punto grazie al torrente Bradano e al torrente Acquafredda.

– FOSSO D’ANNA
Se si sceglie il Fosso d’Anna si dovrà percorrere un sentiero di circa un chilometro impiegando all’incirca un’ora a piedi. In questo punto particolare del sentiero le Cascate di San Fele vengono soprannominate “U Uattënnierë”, ovvero dal dialetto della zona: “gualchiera”, la macchina che permette di produrre energia per mezzo della forza motrice del torrente. Serviva per lavare e trattare i tessuti, in particolar modo la lana grezza.

– IL PONTE
Il più lungo di tutti i sentieri (4,5 km da percorrere in circa 4 ore) che portano alle Cascate di San Fele. Il cosiddetto “Il Ponte” dà la possibilità ai turisti di godere di un lungo percorso naturalistico e di passare al di sopra di un ponte molto vecchio e caratteristico, edificato prima della Seconda Guerra Mondiale. Per imboccare il sentiero è possibile entrare direttamente nel paese di San Fele attraversando la Piazza Nocicchio.

Durante il tragitto per arrivare alle Cascate di San Fele è possibile vedere anche la famosa macchina costruita dagli opifici degli anni Venti per la provincia di Potenza. Parliamo della famosa Gualchiera di San Fele, un macchinario all’epoca molto popolare e eco-sostenibile utilizzato per lavare e trattare al torrente la lana grezza.
L’area circostante è un ottimo anti-stress per tutti coloro che vogliono godere di un panorama tranquillo e rilassante.

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  • Riserva

Riserva Regionale

Rionero In Vulture, Basilicata

I Laghi di Monticchio si trovano nella Riserva del Vulture in Basilicata, precisamente al posto del cratere del Monte Vulture, antico vulcano ormai spento.
Questi due laghi vulcanici, uno più grande e l’altro più piccolo, rappresentano uno scenario imperdibile e suggestivo: i due verdeggianti bacini d’acqua naturale sorgono proprio nel cratere del vulcano Vulture e sono ubicati nel comune di Monticchio in provincia di Potenza, da cui prendono il nome.
Noti anche come Lago Piccolo e Lago Grande di Monticchio, questi specchi d’acqua differiscono tra loro in quanto a dimensioni e colore – il primo è verdastro, mentre quello più grande è di una tinta che si avvicina molto al verde oliva. Sono un sito di interesse naturalistico e archeologico di inestimabile valore e offrono un panorama mozzafiato proprio perché situati in cima alla bocca di un vulcano spento. Percorrendo il sentiero adiacente al Lago Piccolo, si possono ammirare diverse specie di piante (faggi, aceri, carpini e frassini) e di animali selvatici (rettili, anfibi, pesci ed uccelli come i corvi reali, i nibbi e gli sparvieri).
Nella riserva naturale che si sviluppa intorno al Lago Grande, poi, se sarete fortunati potrete ammirare una varietà molto rara di farfalla notturna: la Bramea di Harting. Si possono percorrere itinerari in mountain bike, a piedi, a cavallo.
Un’altra attività piacevole da svolgere è quella di osservare gli scenari naturali della zona direttamente dal lago, noleggiando un pedalò dalle rive del Lago Grande.
Un’occasione unica per ammirare la meravigliosa Ninfea Alba, i cui fiori galleggiano solo in queste acque.

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  • Naturalistico - Altro

Valle del Mercure

Viggianello, Basilicata

La Valle del Mercure (l’origine del nome potrebbe essere riferita al dio Mercurio a seguito del monachesimo greco-orientale nella Lucania), si estende nella Basilicata sudoccidentale ai confini con la Calabria. Comprende in tutto sei comuni, di cui quattro in Lucania in provincia di Potenza (Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Rotonda e Viggianello) e due in Calabria in provincia di Cosenza (Laino Borgo e Laino Castello).

La Valle del Mercure è un ampio bacino fluviale, e come confermano gli studiosi, era interamente occupata da un lago Pliocenico che, a seguito delle evoluzioni geologiche della Terra, è interamente scomparso, per via di fratture che hanno favorito il deflusso verso il Mar Tirreno. Ne sono la prova i reperti paleontologici: oltre a ippopotami (Hippotamus), il rinoceronte, la iena, l’orso, rettili oceanici, lucertole gigantesche, la tigre, è stato rinvenuto interamente un Mammut o elefante primigenio (Elephas) di 400.000 – 700.000 anni fa, ora conservato presso il Museo di Naturalistico e Paleontologico di Rotonda.

La Valle, oltre ad essere la più importante stazione di ritrovamenti archeologici del Pollino, è attraversata da numerosi e importanti corsi d’acqua dal carattere torrentizio, dal fiume Mercure che, nasce a Viggianello (da Serra del Prete 2180 m) e diventa Lao in Calabria, al torrente Peschiera. Il Fiume Mercure è il più esteso con i suoi 64 Km, dando vita alla Valle del Fiume Lao, che è Riserva Naturale Statale; il Peschiera, lungo 17 km, nasce a Castelluccio Superiore (dal M. Zaccàna 1580 m), ospita la Lontra, ormai rarissima in Italia, segno inequivocabile della purezza e limpidità dell’acqua. Nella Valle del Mercure, intorno all’anno 1000, si insediarono comunità di monaci, diversamente organizzati in vita monastica o eremitica nelle numerose grotte, che diedero vita ad una delle più importanti comunità religiose del tempo denominata Mercurion, dalla quale derivano per l’appunto i nomi della valle e del fiume. Tra i membri più importanti si cita San Nilo da Rossano, fondatore dell’Abbazia di Grottaferrata vicino Roma.

L’abate Nilo, nato nella Calabria bizantina e quindi greco di origine e di rito, fondatore di vari monasteri, decise di fondare un monastero sui colli di Tuscolo, sui ruderi di una grande villa romana, dove sembra gli sia apparsa la Madonna. Anche se l’abbazia non venne vista compiuta da Nilo, poiché questi morì l’anno successivo al suo arrivo nell’attuale zona di Grottaferrata. I lavori vennero terminati sotto il controllo di san Bartolomeo, co-fondatore dell’abbazia. Le reliquie di Bartolomeo si dovrebbero ancora trovare nell’abbazia, anche se non sono state ritrovate assieme a quelle di Nilo. All’interno dell’abbazia si trova una delle biblioteche più fornite di testi in greco antico e latino al mondo, con migliaia di volumi di valore inestimabile. Il monastero comprende anche la chiesa di Santa Maria, dove viene seguito il rito ortodosso in greco antico.

Ritornando al Mercure, lungo il fiume Lao si incontrano Papasidero, Orsomarso e verso la foce Scalea e Santa Maria del Cedro. La vegetazione è tipicamente mediterranea con presenza di faggio e castagno alle quote più elevate. La specie animale più importante è rappresentata da un rarissimo nucleo di lontre. Sul fiume Lao è possibile praticare il rafting.

Mercurion

Il Mercurion identifica un territorio all’interno del Pollino in cui fiorì per molti secoli il monachesimo greco-orientale. L’origine del nome potrebbe essere riferita al dio Mercurio o in alternativa a San Mercurio di Cesarea. Il territorio su cui si estendeva il Mercurion si trovava al confine calabro-lucano e corrisponde ai territori attualmente compresi nei comuni di Aieta, Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Episcopia, Laino, Latronico, Mormanno,

Noepoli, Orsomarso, Rotonda, Tortora, Scalea e Viggianello. Comprende il bacino del Mercure e la valle del fiume Lao. I suoi confini sono dati a sud dalle pendici occidentali ed orientali del massiccio del Pollino, mentre a nord è delimitata dalla valle del Sarmento e ad ovest dal monte Sirino. Ecclesiasticamente era organizzato come un’eparchia monastica, politicamente si trovava al confine tra l’Impero Bizantino e le terre longobarde. La nascita del Mercurion nel VI secolo e la sua successiva evoluzione possono essere legate a vari motivi:

– la crisi iconoclasta, che spinse molti monaci basiliani a cercare rifugio in zone dell’Impero bizantino scarsamente popolate e lontane dalle coste (cosa che garantiva un più facile difendibilità dalle scorrerie saracene);

– la conquista araba della Siria e dell’Egitto nel VI secolo, e della Sicilia nel IX secolo;

– la politica dell’Impero stesso, che incentivava la diffusione del cristianesimo ortodosso nelle zone da esso controllate.

Il periodo di massimo splendore della zona fu raggiunto nei secoli X-XI, in cui il Mercurion fu definito nuova Tebaide.
e divenne uno dei maggiori centri del misticismo dell’Italia meridionale e della Sicilia, in tale periodo infatti vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa.
Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine e quindi alla liquidazione dell’eparchia.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio

Acerenza, Basilicata

Considerata uno dei monumenti più importanti della Basilicata, la Cattedrale venne eretta sulla base dei resti di una chiesa paleocristiana, a sua volta sorta sul sito di un antico tempio pagano dedicato all’Ercole “Acheruntino”. La sua costruzione impegnò numerose maestranze locali, ma anche architetti francesi: ciò è testimoniato dallo stile romanico-clunyacense, ispirato alle indicazioni dell’abate di Cluny, Arnoldo, che peraltro la consacrò a San Canio e a Santa Maria Assunta nel 1080.

Suoi elementi caratteristici sono l’immensa abside e le tre navale che ospitano sulle pareti tavole risalenti al Cinquecento; negli interni spicca anche il polittico di Antonio Stabile (de 1583), la cripta adornata con splendidi affreschi (costruita nel 1524), la sacrestia con il busto dell’imperatore Giuliano l’Apostata e la cupola sulla crociera, più tarda poiché ultimata nel XIX secolo.

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  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

Chiesa Diruta

Grottole, Basilicata

Una delle cose più belle da vedere una volta arrivato a Grottole è la Chiesa Diruta. Puoi trovarla sulla via principale del centro storico, via della Resistenza. E’ imponente, enorme e di grande effetto. Ogni volta che ci vado, scatto tante foto, è veramente bella. La Diruta risale al XV secolo. Chiamata diruta, o caduta era la Chiesa dei patroni della città: San Luca e San Giuliano. Restarono i 2 patroni di Grottole sino al 1815. L’impianto è a croce latina, con arcate maestose che dovevano reggere una cupola ad ellisse, che non fu mai costruita. Guardando la Chiesa dal retro puoi riconoscere la navata centrale, ed il transetto che si insinua in un grandissimo arco trionfale. Ma la cosa che sbalordisce della struttura sono le dimensioni. La Diruta, infatti, è alta 30 metri, larga circa 20. Sono visibili ancora le mura intorno, le fogge per la sepoltura e alcuni ambienti mai terminati. Giulio Carrara della Padula intervenne in ulteriori lavori nel 1595. In seguito subì altri interventi nel 1600. Purtroppo nel 1694 la Chiesa ebbe grossi danni a causa di un forte terremoto, e si aggiunsero altri danni nel terremoto del 1980. Oggi, comunque, è possibile visitare la Chiesa Diruta sia esternamente che internamente. Conserva un fascino ancora unico.

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  • Sito Archeologico

Museo Archeologico Nazionale “Mario Torelli”, Parco Archeologico e Catacombe di Venosa

Venosa, Basilicata

L’area archeologica racchiude i resti monumentali della colonia latina di Venusia (fondata nel 291 a. C.) dal periodo repubblicano all’età medievale.

Sono presenti grandi complessi pubblici, quale l’impianto termale realizzato nel I sec. d.C. e ristrutturato fino al III sec. d.C., i quartieri abitativi, tra cui una domus con mosaici, un isolato delimitato da due assi viari basolati.

Fondale maestoso del percorso è l’Abbazia della Santissima Trinità, integralmente restaurata rendendo leggibili le diverse fasi costruttive: dalla domus romana imperiale al complesso episcopale paleocristiano, all’impianto abbaziale benedettino risalente all’epoca normanna.
Tra gli interventi successivi si segnala la nuova sistemazione, nel XVI secolo, del sepolcro di Roberto il Guiscardo e dei suoi fratelli. Sia dal parco che dall’abside della chiesa si accede all’Incompiuta, un impianto ecclesiale realizzato in epoca normanna e mai portato a compimento.

L’ampliamento del parco prevede l’integrazione con le aree archeologiche adiacenti ove sono visibili l’anfiteatro e le catacombe cristiane ed ebraiche.
Nel 1851 e nel 1930 il castello subì due violenti terremoti ma, a differenza di altri monumenti di Melfi che furono gravemente danneggiati, ne uscì quasi indenne.

In seguito al violento terremoto del 1930 il castello fu oggetto di imponenti lavori di recupero e dopo circa 50 anni, ancora a seguito di un terremoto, quello del 1980, furono promossi nuovi lavori di consolidamento. Ancora oggi la struttura vive la lunga fase di cantierizzazione volta al consolidamento e alla valorizzazione del monumento.

Attualmente ospita il Museo Archeologico Nazionale, inaugurato nel 1976.

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  • Naturalistico - Altro

Le Cascate di San Fele

San Fele, Basilicata

È dall’Appennino Lucano che nasce il torrente Bradano, le cui acque prendono vita presso San Fele (località Matise) per poi confluire nella fiumara di Atella, conosciuta nel suo tratto più ampio come fiume Ofanto-Mare Adriatico: è proprio qui, nella natura più incontaminata, che sono nate le cascate di San Fele.
Tra ponti antichi e caratteristici mulini, potrete godere di un paesaggio unico al mondo, dove la natura incontaminata saprà accogliere e suggestionare tutti coloro che hanno deciso di avventurarsi al suo interno.
Per visitare le cascate di San Fele è importante premunirsi di un abbigliamento consono all’occasione: l’ideale è portare con sé un impermeabile e scarpe da trekking utili ad affrontare il lungo percorso che costeggia le acque del torrente Bradano.
I percorsi consigliati per ammirare le bellissime Cascate sono diversi.
Per tutti coloro che vogliono compiere interamente il percorso della Cascate di San Fele è possibile camminare per un totale di 8 chilometri.
I percorsi sono personalizzati, si sceglie di seguire quello più attinente alle proprie esigenze. Qui riportiamo i sentieri più battuti, dal più breve al più lungo:
– IL PARADISO
Un sentiero molto breve (circa 300 metri) che permette di arrivare in soli dieci minuti alle Cascate di San Fele. Viene soprannominato “Il Paradiso” per la pace percepita durante la camminata. Le acque della cascata scorrono lente e, nel periodo più caldo si assiste al prosciugamento del torrente che si trasforma in un pozzo di circa sei metri.

– LE GEMELLE
Non si cammina molto, si tratta infatti di un percorso brevissimo di circa 300 metri da fare in meno di un quarto d’ora. Il paesaggio alla fine del sentiero è davvero molto suggestivo. Si può infatti ammirare le cascate “gemelle”, ovvero due ruscelli che si incontrano proprio in questo punto grazie al torrente Bradano e al torrente Acquafredda.

– FOSSO D’ANNA
Se si sceglie il Fosso d’Anna si dovrà percorrere un sentiero di circa un chilometro impiegando all’incirca un’ora a piedi. In questo punto particolare del sentiero le Cascate di San Fele vengono soprannominate “U Uattënnierë”, ovvero dal dialetto della zona: “gualchiera”, la macchina che permette di produrre energia per mezzo della forza motrice del torrente. Serviva per lavare e trattare i tessuti, in particolar modo la lana grezza.

– IL PONTE
Il più lungo di tutti i sentieri (4,5 km da percorrere in circa 4 ore) che portano alle Cascate di San Fele. Il cosiddetto “Il Ponte” dà la possibilità ai turisti di godere di un lungo percorso naturalistico e di passare al di sopra di un ponte molto vecchio e caratteristico, edificato prima della Seconda Guerra Mondiale. Per imboccare il sentiero è possibile entrare direttamente nel paese di San Fele attraversando la Piazza Nocicchio.

Durante il tragitto per arrivare alle Cascate di San Fele è possibile vedere anche la famosa macchina costruita dagli opifici degli anni Venti per la provincia di Potenza. Parliamo della famosa Gualchiera di San Fele, un macchinario all’epoca molto popolare e eco-sostenibile utilizzato per lavare e trattare al torrente la lana grezza.
L’area circostante è un ottimo anti-stress per tutti coloro che vogliono godere di un panorama tranquillo e rilassante.

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Riserva Regionale

Rionero In Vulture, Basilicata

I Laghi di Monticchio si trovano nella Riserva del Vulture in Basilicata, precisamente al posto del cratere del Monte Vulture, antico vulcano ormai spento.
Questi due laghi vulcanici, uno più grande e l’altro più piccolo, rappresentano uno scenario imperdibile e suggestivo: i due verdeggianti bacini d’acqua naturale sorgono proprio nel cratere del vulcano Vulture e sono ubicati nel comune di Monticchio in provincia di Potenza, da cui prendono il nome.
Noti anche come Lago Piccolo e Lago Grande di Monticchio, questi specchi d’acqua differiscono tra loro in quanto a dimensioni e colore – il primo è verdastro, mentre quello più grande è di una tinta che si avvicina molto al verde oliva. Sono un sito di interesse naturalistico e archeologico di inestimabile valore e offrono un panorama mozzafiato proprio perché situati in cima alla bocca di un vulcano spento. Percorrendo il sentiero adiacente al Lago Piccolo, si possono ammirare diverse specie di piante (faggi, aceri, carpini e frassini) e di animali selvatici (rettili, anfibi, pesci ed uccelli come i corvi reali, i nibbi e gli sparvieri).
Nella riserva naturale che si sviluppa intorno al Lago Grande, poi, se sarete fortunati potrete ammirare una varietà molto rara di farfalla notturna: la Bramea di Harting. Si possono percorrere itinerari in mountain bike, a piedi, a cavallo.
Un’altra attività piacevole da svolgere è quella di osservare gli scenari naturali della zona direttamente dal lago, noleggiando un pedalò dalle rive del Lago Grande.
Un’occasione unica per ammirare la meravigliosa Ninfea Alba, i cui fiori galleggiano solo in queste acque.

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Valle del Mercure

Viggianello, Basilicata

La Valle del Mercure (l’origine del nome potrebbe essere riferita al dio Mercurio a seguito del monachesimo greco-orientale nella Lucania), si estende nella Basilicata sudoccidentale ai confini con la Calabria. Comprende in tutto sei comuni, di cui quattro in Lucania in provincia di Potenza (Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Rotonda e Viggianello) e due in Calabria in provincia di Cosenza (Laino Borgo e Laino Castello).

La Valle del Mercure è un ampio bacino fluviale, e come confermano gli studiosi, era interamente occupata da un lago Pliocenico che, a seguito delle evoluzioni geologiche della Terra, è interamente scomparso, per via di fratture che hanno favorito il deflusso verso il Mar Tirreno. Ne sono la prova i reperti paleontologici: oltre a ippopotami (Hippotamus), il rinoceronte, la iena, l’orso, rettili oceanici, lucertole gigantesche, la tigre, è stato rinvenuto interamente un Mammut o elefante primigenio (Elephas) di 400.000 – 700.000 anni fa, ora conservato presso il Museo di Naturalistico e Paleontologico di Rotonda.

La Valle, oltre ad essere la più importante stazione di ritrovamenti archeologici del Pollino, è attraversata da numerosi e importanti corsi d’acqua dal carattere torrentizio, dal fiume Mercure che, nasce a Viggianello (da Serra del Prete 2180 m) e diventa Lao in Calabria, al torrente Peschiera. Il Fiume Mercure è il più esteso con i suoi 64 Km, dando vita alla Valle del Fiume Lao, che è Riserva Naturale Statale; il Peschiera, lungo 17 km, nasce a Castelluccio Superiore (dal M. Zaccàna 1580 m), ospita la Lontra, ormai rarissima in Italia, segno inequivocabile della purezza e limpidità dell’acqua. Nella Valle del Mercure, intorno all’anno 1000, si insediarono comunità di monaci, diversamente organizzati in vita monastica o eremitica nelle numerose grotte, che diedero vita ad una delle più importanti comunità religiose del tempo denominata Mercurion, dalla quale derivano per l’appunto i nomi della valle e del fiume. Tra i membri più importanti si cita San Nilo da Rossano, fondatore dell’Abbazia di Grottaferrata vicino Roma.

L’abate Nilo, nato nella Calabria bizantina e quindi greco di origine e di rito, fondatore di vari monasteri, decise di fondare un monastero sui colli di Tuscolo, sui ruderi di una grande villa romana, dove sembra gli sia apparsa la Madonna. Anche se l’abbazia non venne vista compiuta da Nilo, poiché questi morì l’anno successivo al suo arrivo nell’attuale zona di Grottaferrata. I lavori vennero terminati sotto il controllo di san Bartolomeo, co-fondatore dell’abbazia. Le reliquie di Bartolomeo si dovrebbero ancora trovare nell’abbazia, anche se non sono state ritrovate assieme a quelle di Nilo. All’interno dell’abbazia si trova una delle biblioteche più fornite di testi in greco antico e latino al mondo, con migliaia di volumi di valore inestimabile. Il monastero comprende anche la chiesa di Santa Maria, dove viene seguito il rito ortodosso in greco antico.

Ritornando al Mercure, lungo il fiume Lao si incontrano Papasidero, Orsomarso e verso la foce Scalea e Santa Maria del Cedro. La vegetazione è tipicamente mediterranea con presenza di faggio e castagno alle quote più elevate. La specie animale più importante è rappresentata da un rarissimo nucleo di lontre. Sul fiume Lao è possibile praticare il rafting.

Mercurion

Il Mercurion identifica un territorio all’interno del Pollino in cui fiorì per molti secoli il monachesimo greco-orientale. L’origine del nome potrebbe essere riferita al dio Mercurio o in alternativa a San Mercurio di Cesarea. Il territorio su cui si estendeva il Mercurion si trovava al confine calabro-lucano e corrisponde ai territori attualmente compresi nei comuni di Aieta, Castelluccio Inferiore, Castelluccio Superiore, Episcopia, Laino, Latronico, Mormanno,

Noepoli, Orsomarso, Rotonda, Tortora, Scalea e Viggianello. Comprende il bacino del Mercure e la valle del fiume Lao. I suoi confini sono dati a sud dalle pendici occidentali ed orientali del massiccio del Pollino, mentre a nord è delimitata dalla valle del Sarmento e ad ovest dal monte Sirino. Ecclesiasticamente era organizzato come un’eparchia monastica, politicamente si trovava al confine tra l’Impero Bizantino e le terre longobarde. La nascita del Mercurion nel VI secolo e la sua successiva evoluzione possono essere legate a vari motivi:

– la crisi iconoclasta, che spinse molti monaci basiliani a cercare rifugio in zone dell’Impero bizantino scarsamente popolate e lontane dalle coste (cosa che garantiva un più facile difendibilità dalle scorrerie saracene);

– la conquista araba della Siria e dell’Egitto nel VI secolo, e della Sicilia nel IX secolo;

– la politica dell’Impero stesso, che incentivava la diffusione del cristianesimo ortodosso nelle zone da esso controllate.

Il periodo di massimo splendore della zona fu raggiunto nei secoli X-XI, in cui il Mercurion fu definito nuova Tebaide.
e divenne uno dei maggiori centri del misticismo dell’Italia meridionale e della Sicilia, in tale periodo infatti vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa.
Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine e quindi alla liquidazione dell’eparchia.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio

Acerenza, Basilicata

Considerata uno dei monumenti più importanti della Basilicata, la Cattedrale venne eretta sulla base dei resti di una chiesa paleocristiana, a sua volta sorta sul sito di un antico tempio pagano dedicato all’Ercole “Acheruntino”. La sua costruzione impegnò numerose maestranze locali, ma anche architetti francesi: ciò è testimoniato dallo stile romanico-clunyacense, ispirato alle indicazioni dell’abate di Cluny, Arnoldo, che peraltro la consacrò a San Canio e a Santa Maria Assunta nel 1080.

Suoi elementi caratteristici sono l’immensa abside e le tre navale che ospitano sulle pareti tavole risalenti al Cinquecento; negli interni spicca anche il polittico di Antonio Stabile (de 1583), la cripta adornata con splendidi affreschi (costruita nel 1524), la sacrestia con il busto dell’imperatore Giuliano l’Apostata e la cupola sulla crociera, più tarda poiché ultimata nel XIX secolo.

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  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

Chiesa Diruta

Grottole, Basilicata

Una delle cose più belle da vedere una volta arrivato a Grottole è la Chiesa Diruta. Puoi trovarla sulla via principale del centro storico, via della Resistenza. E’ imponente, enorme e di grande effetto. Ogni volta che ci vado, scatto tante foto, è veramente bella. La Diruta risale al XV secolo. Chiamata diruta, o caduta era la Chiesa dei patroni della città: San Luca e San Giuliano. Restarono i 2 patroni di Grottole sino al 1815. L’impianto è a croce latina, con arcate maestose che dovevano reggere una cupola ad ellisse, che non fu mai costruita. Guardando la Chiesa dal retro puoi riconoscere la navata centrale, ed il transetto che si insinua in un grandissimo arco trionfale. Ma la cosa che sbalordisce della struttura sono le dimensioni. La Diruta, infatti, è alta 30 metri, larga circa 20. Sono visibili ancora le mura intorno, le fogge per la sepoltura e alcuni ambienti mai terminati. Giulio Carrara della Padula intervenne in ulteriori lavori nel 1595. In seguito subì altri interventi nel 1600. Purtroppo nel 1694 la Chiesa ebbe grossi danni a causa di un forte terremoto, e si aggiunsero altri danni nel terremoto del 1980. Oggi, comunque, è possibile visitare la Chiesa Diruta sia esternamente che internamente. Conserva un fascino ancora unico.

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  • Sito Archeologico

Museo Archeologico Nazionale “Mario Torelli”, Parco Archeologico e Catacombe di Venosa

Venosa, Basilicata

L’area archeologica racchiude i resti monumentali della colonia latina di Venusia (fondata nel 291 a. C.) dal periodo repubblicano all’età medievale.

Sono presenti grandi complessi pubblici, quale l’impianto termale realizzato nel I sec. d.C. e ristrutturato fino al III sec. d.C., i quartieri abitativi, tra cui una domus con mosaici, un isolato delimitato da due assi viari basolati.

Fondale maestoso del percorso è l’Abbazia della Santissima Trinità, integralmente restaurata rendendo leggibili le diverse fasi costruttive: dalla domus romana imperiale al complesso episcopale paleocristiano, all’impianto abbaziale benedettino risalente all’epoca normanna.
Tra gli interventi successivi si segnala la nuova sistemazione, nel XVI secolo, del sepolcro di Roberto il Guiscardo e dei suoi fratelli. Sia dal parco che dall’abside della chiesa si accede all’Incompiuta, un impianto ecclesiale realizzato in epoca normanna e mai portato a compimento.

L’ampliamento del parco prevede l’integrazione con le aree archeologiche adiacenti ove sono visibili l’anfiteatro e le catacombe cristiane ed ebraiche.
Nel 1851 e nel 1930 il castello subì due violenti terremoti ma, a differenza di altri monumenti di Melfi che furono gravemente danneggiati, ne uscì quasi indenne.

In seguito al violento terremoto del 1930 il castello fu oggetto di imponenti lavori di recupero e dopo circa 50 anni, ancora a seguito di un terremoto, quello del 1980, furono promossi nuovi lavori di consolidamento. Ancora oggi la struttura vive la lunga fase di cantierizzazione volta al consolidamento e alla valorizzazione del monumento.

Attualmente ospita il Museo Archeologico Nazionale, inaugurato nel 1976.

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Eventi

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