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Comune di ASTI
Il Parco Paleontologico Astigiano ha una superficie di oltre 3850 ettari, distribuita su tre aree protette: il Parco Naturale di Rocchetta Tanaro, la Riserva Naturale della Valle Andona, Valle Botto e Val Grande e la Riserva Naturale della Val Sarmassa e tre Siti di Importanza Comunitaria (SIC): Valmanera, Stagni di Belangero e Verneto di Rocchetta. La sede del parco è ospitata nel “Palazzo del Michelerio”, in origine un monastero risalente alla metà del secolo XVI, dove si trova anche il Museo Paleontologico Territoriale dell’Astigiano, che espone 14.000 campioni fossili, alcuni resti scheletrici di mammiferi marini e la collezione completa dei cetacei fossili dell’astigiano ritrovati negli ultimi 55 anni in Piemonte, una delle più importanti d’Italia.
Il Parco Naturale di Rocchetta Tanaro è una macchia boschiva di 120 ettari che conserva intatta le suggestioni del Monferrato di un tempo – i luminosi querceti di rovere dei dossi e il bosco planiziale di fondovalle che esplodono in un’infinità di tonalità di verde. Le specie dominanti sono il rovere, la farnia e il cerro. La presenza di quattro specie di Quercus favorisce la formazione di numerosi ibridi e di forme intermedie di difficile assegnazione sistematica.
La flora che caratterizza il Parco è molto particolare poiché racchiude in spazi ristretti elementi tipicamente mediterranei accanto a specie montane – il tappeto erbaceo del bosco che con le estese fioriture primaverili costituisce uno degli aspetti esteticamente più spettacolari riscontrabili nel parco, completamente visitabile grazie a una fitta rete di sentieri.
I rilievi del parco sono generosi, non a caso regalano frutti straordinari come il tartufo ed il vino. Nel cuore del bosco c’è la “casa del parco” centro didattico, ostello, luogo ideale per la sosta ed il soggiorno, base di partenza per le escursioni nel territorio
Nella Riserva naturale speciale della Val Sarmassa tra scorci paesaggistici di grande suggestione, colline coperte prevalentemente da boschi si susseguono lasciando di tanto in tanto spazio a prati, campi e vigneti. Un ambiente incontaminato dove è possibile scoprire un ricco patrimonio di specie floro-faunistiche. Dal punto di vista geologico l’area si inserisce nel Bacino Terziario Ligure Piemontese. Numerosi sono gli affioramenti di sabbie gialle e argille ricche di ritrovamenti paleontologici: conchiglie, molluschi, resti di mammiferi marini. Questi reperti ben visibili in consistenti stratificazioni negli affioramenti attrezzati della Valle Crosio, risultano un riferimento fondamentale non solo per l’appassionato di paleontologia, ma anche per il visitatore che ha modo di scoprire il fascino della paleontologia e le origini marine di un territorio, caratterizzato, oggi, da ondulati rilievi e rinomate terre del vino.
Agli aspetti naturalistici si affiancano le testimonianze storiche e culturali di un territorio che ha origini molto lontane nel tempo (già abitata dall’uomo preistorico, popolata dalla tribù dei Sarmati da cui deriva il nome della valle, in epoca medioevale feudo degli Scarampi, degli Incisa e dei Crova). Nella riserva accanto al bosco i vigneti storici si “aggrappano” a balze sabbiose neanche protetti da terrazzamenti. E’ l’immagine di una tradizione secolare, di una viticoltura eroica che esclude quasi del tutto la meccanizzazione ed esprime con schiettezza l’anima ed il carattere di un territorio. Lungo i sentieri della riserva si intravvede il volto della macchia monferrina la quale presenta reperti di archeologia rurale come le siepi di biancospino, prugnolo e rosmarino: bordure che difendevano, un tempo, la vigna. Piante infestanti ricoprono barili di cemento, ruderi di casotti e di cisterne, mentre sul ciliegio selvatico s’arrampica ancora la vite, che non vuole morire, per ricordare secoli di lavoro contadino.
La Val Sarmassa è stata fonte di ispirazione di un grande giornalista e scrittore del dopoguerra, Davide Lajolo, nativo di Vinchio, che ha cantato queste terre in tanti suoi saggi e romanzi.
Un angolo di Monferrato recentemente iscritto dall’Unesco nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità
La Riserva naturale speciale di Valle Andona, Valle Botto e Valle Grande, costituita da due distinte valli in remotissime epoche geologiche sommerse dal mare, è oggi costituita da un territorio collinare in cui si inseguono, con ritmo discontinuo, vallate boschive e selvagge. L’istituzione della Riserva ha come scopo principale la salvaguardia del patrimonio paleontologico rappresentato dai reperti fossili (conchiglie e resti di animali marini e terrestri) presenti in alcuni strati sedimentari affioranti lungo le pareti delle vallate. Essi risalgono al periodo pliocenico (5-1,8 milioni di anni fa) quando il mare occupava tutta la Pianura Padana fino all’arco alpino. Oggi questi fossili costituiscono un giacimento tra i più importanti d’Europa. L’area è una delle località conosciute storicamente ed internazionalmente fin dalla metà dell’ottocento dal punto di vista geologico. Infatti proprio le pareti sabbiose che costeggiano il Rio Valle Andona, nei pressi dell’omonima frazione, sono state per decenni il sito di riferimento europeo per l’epoca pliocenica, ultima ripartizione dell’Era Cenozoica o Terziaria.
La Riserva della Valle Andona e Valle Botto, ora ampliata alla Valle Grande, offre anche spunto per interessanti osservazioni naturalistiche. I pendii delle colline un tempo coltivati prevalentemente a vigneto sono ora coperti di boschi di robinie, carpini, farnie. Nel sottobosco le specie dominanti sono il nocciolo, la fusaggine, i caprifogli e la vitalba.
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