Quartiere Castello

Comune di CAGLIARI

  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

Castello (Castello di sopra, Casteddu de Susu nella lingua locale) è al centro dei quartieri storici di Stampace, Villanova e Marina e domina la città di Cagliari per la sua posizione sull’omonimo colle calcareo, elevandosi di un centinaio di metri sul mare.
Dopo alterne vicende, il colle venne ceduto nel 1215, dietro minaccia militare, da Benedetta, giudicessa di Càlari, ai Pisani di Ubaldo e Lamberto Visconti.
Approfittando della favorevole pozione geografica, i Pisani lo circondarono di possenti torri e mura bastionate facendone il ‘Castellum Castri de Kaliari’, sede del potere civile, militare e religioso dopo la vittoria nel 1258 sul Giudicato di Càlari e la distruzione e l’abbandono della sua capitale, Santa Igia, posta ai margini dello stagno di Santa Gilla.
Il quartiere di Castello, da quel momento, diventa il centro del potere e dell’aristocrazia, e tale rimase fin quasi ai giorni nostri, vedendo alternarsi prima i Pisani, poi gli Aragonesi che li assediano con l’Infante Alfonso nel 1324 e li espellono nel 1326, e, con l’unificazione della Corona nel 1469, gli Spagnoli: dal 1718. Infine, dopo varie vicissitudini, i Piemontesi, che incorporeranno l’Isola nel sabaudo Regno di Sardegna, e continuando a ospitare fino ai giorni nostri, nel Palazzo Regio di Piazza Palazzo, la Prefettura, il Consiglio della Città Metropolitana e, adiacente, la Cattedrale e l’Arcidiocesi di Cagliari.
Il quartiere, seguendo la conformazione morfologica del colle, si sviluppa su un impianto fusiforme, orientato da sud a nord, alle cui estremità convergono le tre arterie principali di via dei Genovesi, via Lamarmora e via Canelles; nella parte centrale si apre la Piazza Palazzo mentre la Piazza Indipendenza conclude a nord il quartiere.
L’accesso a Castello avviene tutt’ora a Sud attraverso la Porta del Leone e dell’Elefante, nelle omonime torri. A Nord, attraverso le Porte dell’Avanzada, abbattuta nel XX secolo, e di Altamira, le Porta Cristina e di San Pancrazio, nell’omonima torre.
Il quartiere di Castello merita la visita, tanto per la posizione geografica e la magnifica vista che offre verso il Golfo di Cagliari e la piana del Campidano, quanto per la struttura urbanistica, con le strette strade che ospitano piccoli negozi e botteghe artigianali, per gli edifici ordinari che vi si affacciano e per gli importanti esempi di architettura civile, militare e religiosa.
Il ruolo militare del colle di Castello, a partire dall’epoca pisana, è ben sottolineato da importantissime architetture:
Le imponenti mura, di impianto pisano, probabilmente su preesistenze puniche e romane, in bianco calcare, rafforzate dagli Aragonesi e dagli Spagnoli,
Le possenti Torri dell’Elefante, di San Pancrazio e del Leone, quest’ultima incorporata successivamente nel Palazzo Boyl.
Il Regio Arsenale, realizzato dai Piemontesi sulla tenaglia bastionata spagnola progettata da Rocco Capellino, e trasformato negli anni Settanta del XX secolo nella Cittadella dei Musei,
la ex Caserma San Carlo, impropriamente chiamata ‘Ghetto degli ebrei’, realizzata nel 1738 e intitolata al reggente Carlo Emanuele III di Savoia, per il reparto di cavalleria dei Dragoni, ora occupato da abitazioni.
Moltissime le architetture civili, pubbliche e private, tra le quali:
il Bastione di Saint Remy con la Terrazza Umberto I e la Passeggiata coperta, inaugurato nel 1901, vera e propria porta moderna del quartiere che, tramite la sua scalinata monumentale affacciata sulla Piazza Costituzione, collega direttamente Castello al quartiere di Villanova e incorpora gli antichi bastioni della zecca e di Santa Caterina;
il Palazzo Regio, o Viceregio, nella Piazza Palazzo, di primo impianto aragonese e trasformato nel tempo fino all’attuale configurazione di epoca sabauda, attualmente sede della Prefettura e del Consiglio della Città Metropolitana;
il Palazzo di Città, sede del Municipio fino ai primi del Novecento, di impianto aragonese e trasformato nelle forme attuali in epoca sabauda, ora sede di attività museali dopo aver ospitato il Conservatorio di musica;
l’ex-Museo Archeologico, nella Piazza Indipendenza, realizzato trasformando nel 1904 l’edificio della zecca, che, insieme all’adiacente Palazzo delle Seziate, ospita oggi, la Soprintendenza Archeologica;
la Cittadella dei Musei, realizzata negli anni Settanta del XX secolo, in trasformazione del Regio Arsenale, di cui mantiene la Porta, opera di Carlo Pilo Boyl, e ospita l’importantissimo Museo Archeologico Nazionale, il Museo delle cere anatomiche del Susini, il Museo Siamese Stefano Cardu e il Museo Etnografico;
la Porta Cristina, opera neoclassica ottocentesca di Carlo Pilo Boyl, che collega la passeggiata di Buon Cammini con la Piazzetta Arsenale;
il Rettorato dell’Università degli Studi di Cagliari, nell’omonima via Università, realizzato nel 1770’ per volere di Carlo Emanuele III di Savoia dall’ingegnere Saverio Belgrano di Famolasco, e l’annessa Biblioteca Settecentesca;
il Teatro Civico, ubicato affianco del Palazzo Boyl, iniziato da Giuseppe Cominotti e ultimato nel 1836 da Gaetano Cima, semidistrutto durante i bombardamenti del 1943 e ristrutturato recentemente come teatro all’aperto;
l’ex-Collegio gesuitico di Santa Croce, in via Corte d’Appello, trasformato nel XVIII secolo dall’ingegnere piemontese Felice de Vincenti, e adibito prima a Regio Archivio e poi a Corte d’Appello, fino a ospitare oggi il Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari;
la Scuola elementare di Santa Caterina, prospiciente la Terrazza Umberto I, costruita nel 1907 sull’area del Convento omonimo, parzialmente crollato nel 1747;
il Palazzo Boyl, che prospetta sul quartiere di Marina, opera neoclassica e residenza di Carlo Pilo Boyl, marchese di Putifigari, ultimata nel 1840, incorpora la torre del Leone, erroneamente chiamata dell’Aquila; decorata con le statue delle stagioni, si affaccia, con una magnifica vista sul porto e sul Golfo di Cagliari;
infine una lunga serie di palazzi nobiliari: Brondo Zapata, Cugia, Aymerich, Asquer Zapata, de Magistris, Pes, Delitala, Lostia, Barrago, Sanjust, Pilo Manca, Vulpez.
Numerosi anche gli elementi che compongono l’architettura religiosa:
la Cattedrale di Santa Maria Assunta e Santa Cecilia, nella Piazza Palazzo, con il coro poggiato sullo strapiombo verso il quartiere di Villanova. Impostata verso il 1217, in epoca pisana, di cui si conserva l’imponente campanile, e trasformata nel XIV secolo nell’impianto a croce latina che oggi conosciamo fu completata in stile gotico aragonese, ben rappresentato nella cappella della Sacra Spina, nel transetto destro. Successivamente, fino ai primi anni del XVIII secolo, furono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione, con la cupola, le cappelle e la facciata barocca ad opera di Pietro Fossati, in sostituzione di quella romanica originaria. Dopo la Prima guerra mondiale, a seguito di lavori di ricerca di quella originaria, la facciata barocca andò perduta e sostituita, nel 1933 dalla attuale, in stile neoromanico, opera di Francesco Giarrizzo. Sotto il presbiterio, la cripta voltata seicentesca, con il santuario dei martiri e il sepolcro di Maria Giuseppina di Savoia. La chiesa ospita il magnifico Pergamo di Guglielmo, proveniente dal Duomo di Pisa.
La sede arcivescovile, compresa tra il Palazzo Regio e la Cattedrale, qui ubicato già in epoca pisana ed edificato assieme alla Cattedrale, più volte rimaneggiato, fino agli anni Trenta del secolo scorso;
la chiesa della Purissima, del 1554, in stile gotico aragonese, incorporata nella palazzata di via Lamarmora;
la chiesa di Santa Lucia e relativo convento, del XV secolo, oggi adibito ad asilo e scuola, nella via Martini;
la chiesa della Madonna della Speranza, cappella gentilizia dei marchesi Aymerich di Laconi, realizzata tra il XV e il XVI secolo, in prossimità della cattedrale;
La chiesa di san Giuseppe Calasanzio, costruita in stile barocco, tra il 1663 e il 1735, e l’annesso convento degli Scolopi;
La basilica di Santa Croce, che sorge nel sito della sinagoga, nella Judaria, area del quartiere che ospitò per lunghissimo tempo, e fino al decreto di espulsione di Filippo e Isabella, la comunità ebraica cagliaritana. La chiesa originaria, probabilmente riconvertita dalla preesistente sinagoga, fu rinnovata e ampliata nel 1551.
Oggi, si accede al quartiere, oltre che attraverso le porte antiche, anche attraverso un sistema di ascensori che lo collegano ai quartieri sottostanti.

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Area Archeologica di Sant’Anastasia

Sardara, Sardegna

L’area archeologica di Sant’Anastasia situata nella parte alta di Sardara. Il santuario nuragico ha come fulcro il tempio a pozzo e risulta inserito in un articolato insediamento a carattere civile e religioso ancora in fase di scavo. Esso comprende, a circa m 10 a S dal primo pozzo, un secondo pozzo sacro e parte di un grande recinto ad andamento curvilineo, al cui interno si individuano i resti di diverse capanne. Dentro la chiesa dedicata a S. Anastasia invece presente un pozzo nuragico d’uso, inserito originariamente in una capanna del villaggio. Luogo certificato Herity

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Parco Archeologico Naturalistico di Sa Fogaia

Siddi, Sardegna

Situato nel territorio di Siddi, a circa 330 metri s.l.m., in località Sa Fogaia, sul versante Est di un altopiano basaltico denominato Pranu de Siddi.
Il parco denominato di “Sa Fogaia” è un’area di rilevanza naturalistica e archeologica situata all’interno del territorio comunale di Siddi, sul versante est di un altipiano basaltico dell’agro, denominato Pranu de Siddi, a circa 330 metri sul livello del mare.
L’area è caratterizzata da un alto valore naturalistico per la presenza di numerose specie vegetali, anche endemiche e rare, una variegata fauna selvatica; al suo interno è presente un importante sito archeologico e servizi a supporto della fruizione.
Il sito archeologico è ubicato all’estremità del settore meridionale dell’altipiano della Giara di Siddi, su una prominenza la cui vista abbraccia tutta la vallata, in posizione dominate e di controllo.
È costituito da un monumento principale e dalle tracce di un villaggio.
Il monumento principale, realizzato in roccia vulcanica, è formato da tre corpi affiancati, che formano un unico complesso assieme a varie strutture minori, con una fronte di oltre 22 metri di ampiezza ed un’altezza residua di almeno 6 metri.
L’edificio più antico è un protonuraghe a corridoio che presenta una planimetria a tre lobi, quasi a “Y”, con ingresso rialzato di circa cinque metri, raggiungibile mediante una scala ricavata nelle murature stesse. Il vano interno è costituito da un corridoio attualmente a cielo aperto: alcuni gradini residui testimoniano l’originaria presenza di un livello superiore (o un terrazzo) oramai scomparso. Gli altri due corpi aggiunti si addossano al protonuraghe centrale nei versanti orientale ed occidentale, modificandone completamente la fisionomia. L’edificio orientale è percorso da un corridoio a copertura mista (tabulare ed ogivale), marginato da ambienti minori; il corpo occidentale ospita una tholos circolare, con ripida scala che saliva ai livelli superiori, ed un ulteriore vano di raccordo di pianta quadrangolare e copertura ogivale, a sua volta articolato in una piccola celletta laterale. È presente un cortile interno sul quale si affacciavano diversi ambienti minori; da esso parte anche la lunga scala dell’edificio più antico.

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  • Sito Archeologico

Parco Archeologico Monte Sirai

Carbonia, Sardegna

L’insediamento sorge a pochi chilometri dalla costa, su un pianoro a 191 m s.l.m. È in posizione strategica, di controllo del bacino minerario dell’Iglesiente e della valle del Cixerri, raccordo tra il Sulcis e le fertili pianure del Campidano.

Le prime tracce di vita si estendono dal Neolitico all’età nuragica.
Come centro urbano, forse fondato dai Fenici di Sulky o di Portoscuso, Monte Sirai risulta stabilmente abitato già attorno al 730 a.C. L’insediamento subcostiero si trova in una regione ricca di risorse minerarie e a diretto contatto con numerosi insediamenti nuragici.
Il periodo propriamente fenicio (VIII-VI secolo a.C.) risulta documentato in ambito sia abitativo sia funerario.
Sull’acropoli sono state indagate alcune abitazioni, tra cui la “casa del lucernario di Talco”, che restituiscono l’immagine di un florido centro che si consolida tra VII e VI secolo a.C., quando il tessuto urbano raggiunge dimensioni considerevoli.
Le abitazioni, edificate su quattro isolati disposti in senso longitudinale, erano costituite da vani articolati attorno ad una corte centrale, vero fulcro di tutte le attività domestiche. La presenza di piani sopraelevati, di muri intonacati e di canalizzazioni per il deflusso delle acque evidenziano la perizia delle tecniche costruttive.
Un santuario con cella bipartita dedicato alla dea Astarte (la cui statua di culto si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) venne edificato riutilizzando in parte alcune precedenti strutture di un nuraghe monotorre.
Nell’area della necropoli alcune tra le numerose sepolture ad incinerazione e alcune inumazioni si riferiscono ad individui infantili e di sesso femminile. Questo fatto, come pure la totale assenza delle armi tra gli elementi di corredo delle sepolture maschili, sembrano indicare come l’insediamento sia stato concepito principalmente per un uso civile.
Questo contrariamente alla funzione militare e di centro fortificato, proposta in passato per Monte Sirai, che è stata ormai definitivamente ricondotta ad una breve parentesi nell’intera storia dell’insediamento. Infatti le mura di Monte Sirai furono erette attorno ai primi anni del IV secolo a.C. (375 a.C.) e durarono in opera fino allo smantellamento seguito alla conquista romana del 238 a.C. Gli eventi storici che segnarono la fase di passaggio alla dominazione punica hanno lasciato tangibili tracce in termini di stratificazione archeologica. Infatti, alla fine del VI secolo a.C. le tipologie tombali mutarono radicalmente con l’introduzione dell’inumazione in sepolcri ipogei con corto “dromos” d’accesso.
Nel settore abitativo si sono riscontrate cospicue tracce di distruzione nei livelli di vita della seconda metà del VI secolo a.C., attribuibili all’offensiva cartaginese. Durante i primi anni del V secolo a.C. si assiste, pertanto, ad una fase di recessione economica che si traduce in un forte ridimensionamento del tessuto abitativo che comporta il totale abbandono di aree in precedenza utilizzate anche per scopi abitativi.
In seguito, nel corso del IV secolo a.C. si registra una sostanziale ripresa con l’apprestamento delle fortificazioni e l’installazione del “tofet”, mentre nel corso della prima metà del III secolo a.C. il notevole sviluppo urbanistico comportò una rivitalizzazione di aree in precedenza defunzionalizzate.
Il definitivo abbandono del pianoro avvenne verso la fine del II secolo a.C. (110 a.C.), probabilmente a causa della repressione dell’attività di brigantaggio ad opera degli eserciti romani. Questo sembrerebbe suggerito dalla totale assenza di piccoli oggetti negli ultimi livelli di vita dell’abitato in cui sussistono unicamente i manufatti di grandi dimensioni, chiaro sintomo di un abbandono repentino. Le ultime tracce di una sporadica frequentazione del pianoro sono costituite da una moneta del IV secolo d.C. rinvenuta nell’area del tofet e da un reperto ceramico del VII secolo d.C. dalla cisterna del tempio sull’acropoli.

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Parco Archeologico di Montessu

Villaperuccio, Sardegna

Il Parco archeologico include i complessi megalitici prenuragici, l’allée couverte, e i nuraghi de s’Angioni e Corona Sa Figu. Necropoli a grotticelle artificiali o domus de janas, di tipologia varia, distribuite in quattro raggruppamenti: orientale, settentrionale (Tuttoneddus), occidentale (Sa Cresiedda) e nord occidentale (Cungiau Pittanu). Le tombe, una quarantina, sono prevalentemente del tipo a proiezione orizzontale e si diversificano per planimetria e grandezza. Il villaggio di riferimento della necropoli è stato individuato nella piana sottostante.

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Parco Archeologico di Pranu Mutteddu

Goni, Sardegna

Il parco di Pranu Muttedu, rappresenta uno dei pi suggestivi siti archeologici della Sardegna interna. L’area del parco si divide in due parti, per un estensione totale di circa 200 mila mq, interessata da uno dei pi importanti compendi monumentali della preistoria sarda. Gli scavi svolti all’inizio degli anni ’80, hanno portato alla luce numerosissimi manufatti di diversa tipologia e fattura, riferibili a comunit stanziali di cultura “”Ozieri”” risalenti al Neolitico recente (3200 2800 a.C). La presenza di numerose tombe e menhir fa pensare ad un utilizzo del sito in funzione di riti sepolcrali e religiosi, collegati al culto degli antenati. Il complesso archeologico Presenta la pi alta concentrazione di Menhir che si conosca in Sardegna (circa sessanta, variamente distribuiti in coppie, allineamenti o gruppi).L’intero complesso monumentale sorge su un aria fittamente ricoperta da querce secolari e da altre essenze tipiche della macchia mediterranea.

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Complesso Nuragico di Genna Maria

Villanovaforru, Sardegna

Il Complesso Nuragico di “Genna Maria” è all’interno di un parco alberato, ubicato sulla sommità di una collina a 408 m. s. l. m. a circa un km dal paese di Villanovaforru. In posizione eccezionalmente dominante, con un campo visivo che consente di spaziare senza soluzione di continuità dal Golfo di Cagliari a quello di Oristano, si può facilmente raggiungere a piedi tramite sentieri sterrati e in parte lastricati. L’Unità Introduttiva agli scavi è fornita di pannelli che illustrano le caratteristiche del complesso nuragico messo in luce dagli scavi sulla sommità della collina.
Il complesso nuragico è costituito da un nuraghe complesso trilobato circondato da un antemurale turrito costruiti e utilizzati in funzione di controllo del territorio fra il Bronzo Medio ed il Bronzo Finale (XV-XI sec. a.C.). Un episodio di distruzione avvenuto intorno al X sec. a. C. riduce il bastione trilobato alle dimensioni attuali che superano di circa 7 metri di elevato. Lo stesso antemurale viene scapitozzato e ridotto ad un alzato di pochi filari. Nel IX sec. a.C. la collina viene rioccupata da un insediamento di capanne che vengono costruite al di sopra dei livelli delle antiche rovine. Gli scavi di queste capanne hanno documentato un violento incendio e la loro conseguente distruzione avvenuta intorno alla fine del IX sec. a.C.. Tale evento ha causato la completa sepoltura e sigillatura dei reperti di cultura materiale delleabitazioni, reperti che, grazie allo scavo scientifico sono giunti fino a noi raccontandoci la storia della vita quotidiana di una popolazione nuragica dell’Età del Ferro.

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Complesso Nuragico Su Mulinu

Villanovafranca, Sardegna

Rivestì una funzione templare confermata dal ritrovamento, dentro il suo vano centrale, di un altare decorato a forma di nuraghe, la cui riproduzione si trova in museo archeologico dedicato al sito. Il complesso nuragico su Mulinu sorge su un piccolo rilievo che domina la valle del rio Mannu, a meno di un chilometro da Villanovafranca, centro della Marmilla orientale. Il nuraghe complesso è sovrapposizione di varie tipologie costruttive, da quella ‘a corridoio’ alla copertura a tholos (falsa cupola). Il primo impianto, costituito da blocchi di marna, risale al XVI-XV secolo a.C. (Bronzo medio I), contestualmente attorno nacque un villaggio. In questa fase fu costruito un bastione con antemurale, dove noterai corridoi e celle. Nel XIV sec. a.C. furono sovrapposti una fortificazione trilobata e un antemurale composto da quattro torri unite da cortine murarie. Nel piano inferiore sorsero cellette e anditi, in quello superiore alcuni vani (oggetto di scavi). Nella terza fase l’antemurale fu rafforzato con una quinta torre. Un suo vano con volta a tholos ha restituito, nella strato superiore, reperti tardo-punici, romano-repubblicani e del Bronzo finale-prima età del Ferro, in quello inferiore reperti del Bronzo recente. Un altro vano simile ha restituito materiali altomedievali. Al di sotto dei livelli ‘storici’, è stato rinvenuto un pavimento in lastre che presenta un focolare: qui sono venuti alla luce frammenti compresi tra Bronzo finale ed età del Ferro.
Su Mulinu fu luogo di culto dal XIV secolo a.C., come testimoniano due focolari rituali nel vano centrale della fortezza. I riti, forse sospesi per qualche secolo, ripresero tra fine XI e IX a.C., periodo a cui risalgono bancone-sedile e scoperta più straordinaria del complesso: un altare-nuraghe in arenaria della prima età del Ferro (VIII secolo a.C.): sulla sommità ha una conca per la raccolta dei liquidi, collegata da un canale a una vasca, dove li riversava. Il monumento, usato per sacrifici e offerte votive, era decorato da quattro else di spade (tre integre) che sostenevano lame in bronzo. Altri oggetti bronzei con figure antropomorfe e animalesche lo decoravano superiormente, forse erano legati al mito della luna crescente alla base del misterioso culto nuragico, che riprese in età romana, specie tra 50 a.C. e 150 d.C. I materiali rinvenuti negli scavi (tuttora in corso) sono esposti nel civico museo archeologico su Mulinu, allestito nell’ottocentesco ex monte granatico di Villanovafranca, insieme a reperti ceramici, metallici, vitrei e litici del territorio circostante, che vanno dal IV millennio a.C. al III sec. d.C. L’esposizione mostra lo sviluppo della complessa architettura nuragica nell’arco di un millennio (XVI-VI secolo a.C.) e una ricostruzione scenografica dell’altare nuragico.

Servizi offerti: gestione biglietteria, informazioni, accoglienza e vigilanza; accompagnamento e guida degli utenti presso il sito; organizzazione e gestione mostre, convegni ed eventi in generale, attività didattiche; promozione.

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Nuraghe Piscu

Suelli, Sardegna

Il nome deriverebbe da su piscu, ossia il vescovo della diocesi di Barbaria, al quale i giudici di Cagliari fecero numerose donazioni, compreso il terreno dove sorge il parcoarcheologico. Il nuraghe Piscu si erge imponente su una collina, lungo la statale 128 per Senorbì e Mandas, a pochi passi da Suelli, nel Medioevo sede vescovile e da sempre centro di venerazione di san Giorgio vescovo.
Citato in vari documenti medioevali e noto localmente come sa domu de s’orcu, il Piscu è il più monumentale e meglio conservato dei 200 nuraghi censiti in Trexenta, ‘indagato’ archeologicamente e restaurato negli anni Ottanta del XX secolo. La maestosa architettura complessa sorse tra Bronzo Medio e recente (XV-XI secolo a.C.), costruita con blocchi di marna calcarea, lavorati e disposti su filari regolari, e formata da una torre principale, la più antica della struttura, e quattro torri angolari, unite da spesse mura, costruite in una fase successiva. All’interno del bastione, quasi un quadrato con lati di circa trenta metri, è delimitato un cortile. Attorno, un basso antemurale di grossi massi ‘abbraccia’ cinque torri sporgenti e include all’interno un villaggio di numerose capanne circolari e quadrangolari.
Alla torre principale, alta nove metri e di undici di diametro, accederai da un ingresso architravato con sovrastante finestrino di scarico. Il corridoio presenta due nicchie contrapposte e introduce nell’ampia camera a thòlos, costruita con blocchi sbozzati di calcare. La tecnica è ‘ad aggetto’: gli anelli diminuiscono di diametro man mano che si sale. In origine doveva essere costituita da due piani raggiungibili da una scala o attraverso spalti esterni. Il corridoio sfocia poi nel cortile, sul quale si aprono gli ingressi alle quattro torri secondarie di dimensioni differenti fra loro. Due di esse sono contigue, per cui l’insolita planimetria sembra quella di un trilobato più che di un quadrilobato. Le quattro torri presentano nicchie e feritoie, la maggiore è simile per dimensioni al mastio, dotata di camera circolare e un vano con pianta a T.
All’interno del muraglione è stato riportato alla luce un pozzo con funzione di cisterna per raccogliere acqua piovana. Nel fondo emersero vari tipi di vasi, alcuni piccoli con manico e cavità superiore tagliata diagonalmente (forse bicchieri). I primi scavi risalgono al 1860: nel mastio furono rinvenuti un grande giara infissa in terra e coperta da una lapide, gusci di ostriche, zanne di cinghiale e ossa di animali; in una camera e nell’andito, uno scodellino di bronzo, cocci, pezzi di macine di pietra, un pezzo di marmo, forse usato per conciare pelli e grano carbonizzato.
Il Piscu è l’edificio più rappresentativo di un’area ad alta densità preistorica, posto a controllo delle fertili vallate circostanti. Dalla piccola collina in cui sorge, dominerai con lo sguardo altri nuraghi, 15 circa, tra cui il Planu Senis, nonchè siti prenuragici, come le necropoli di Pranu Siara e di Santu Perdu.

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Protonuraghe Bruncu Madugui

Gesturi, Sardegna

Sa Jara manna, la Giara di Gesturi, è un luogo speciale sotto vari aspetti, ambientale e naturalistico in primis, ma anche archeologico. L’enorme tavolato, per millenni inespugnabile fortezza naturale, oggi custodisce tracce di un passato remotissimo: sulle sue pendici e in cima risiedono eredità di varie epoche. Uno dei monumenti più caratterizzanti risale agli esordi della civiltà nuragica, durante l’età del Bronzo medio (XVI-XIV secolo a.C.): è il ‘padre di tutti i nuraghi’, il protonuraghe Madugui (nome locale) o Maduli (denominazione archeologica), che svetta sul ciglio sud-orientale, particolarmente sporgente, dell’altopiano. Oggi le sue mura sono alte quattro metri e mezzo, un tempo di più. È uno degli esempi più significativi della tipologia architettonica protonuragica (o pseudonuragica), prototipo dei ‘nuraghi a corridoio’, in seguito evolutisi in torri o agglomerati di torri chiuse a falsa cupola (tholos).
La poderosa struttura in opera ciclopica, è costruita con enormi blocchi irregolari di basalto, con planimetria particolare, quasi ‘reniforme’. La sua ‘lettura’ non è facile: per lungo tempo il Madugui è stata datato tra Calcolitico e Bronzo antico, poi la data è stata ‘abbassata’. La peculiarità è un corridoio che ne percorre l’interno in tutta la sua lunghezza, con varie nicchie intramurarie. L’angusto ingresso del corridoio, sul lato meridionale dell’edificio, immette in una scala, coperta con filari in aggetto, che prosegue in un andito ascendente che porta a due camere superiori di pianta circolare, una a sinistra, l’altra sul fondo, interpretate originariamente – dal ‘padre’ dell’archeologia sarda Giovanni Lilliu – come capanne coperte da strame di paglia. Un’ipotesi più recente e verosimile interpreta i due ambienti come camere interne con volte a filari a sezione tronco-ogivale. Dalla camera sul fondo si diparte un ulteriore tratto di corridoio, discendente, che conduceva al secondo (presunto) ingresso. Nell’andito, inoltre, si apre un varco con un vano che forse era la scala d’accesso al terrazzo. Corridoio e camere sono cinte da un bastione dall’andamento concavo-convesso.
A circa cento metri dal nuraghe vedrai i resti di un villaggio di capanne, raccolte in una decina di isolati, ossia raccordate tra loro e disposte intorno a cortili comuni centrali. I vani hanno forma circolare e pavimenti lastricati e acciottolati; con focolari, nicchie, sedili e ripiani alle pareti. I materiali rinvenuti permettono di distinguere funzioni differenti delle varie capanne: preparazione e cottura dei cibi, lavorazione di materiali vari, depositi o discariche. Dai reperti si evince anche che il villaggio è successivo al protonuraghe, risalente al Bronzo finale (XIV-X a.C.). Demolizioni e ristrutturazioni delle murature, inoltre, testimoniano la vivacità demografica e sociale dell’abitato.
La Giara, celebre soprattutto per i cavallini, dista poco più di quattro chilometri di salita da Gesturi, il centro più a nord della Marmilla, meta di devoti in pellegrinaggio verso la modesta dimora del beato Nicola, Comune che amministra circa metà del territorio del parco. La stessa distanza c’è tra parcheggio sulla sommità dell’altopiano e il complesso di Bruncu Madugui, forse centro del potere civile e religioso, di certo punto di riferimento ben visibile da lontano, così come gli altri nuraghi che presidiavano is scalas, ossia gli accessi all’altopiano. Sulla sommità se ne contano 24, per lo più monotorre; il doppio, a due o più torri, si ergevano ai piedi e sulle pendici. Alcuni complessi furono frequentati sino all’alto Medioevo: Bruncu Suergiu, Pranu Omus e Santa Luisa. Le tracce preistoriche sulla Jara sono precedenti all’età nuragica, come testimoniano menhir e domus de Janas di sa Ucca ‘e su paui, e successive, come mostrano villaggi punico-romani di Tana e Tupp’e Turri.

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Complesso Nuragico di Seruci

Gonnesa, Sardegna

Un vasto monumento che documenta perfettamente capacità architettonica e vita sociale e spirituale della civiltà nuragica. Il complesso di Seruci si estende per ben sei ettari nel territorio di Gonnesa, ed è costituito da nuraghe complesso, antemurale, esteso villaggio di capanne e una tomba di Giganti. Lo raggiungerai dall’accogliente centro dell’Iglesiente, da cui dista circa sei chilometri, percorrendo la provinciale 82 verso Portoscuso. Era di certo un nuraghe complesso, penta o esalobato, la cui costruzione iniziò presumibilmente a fine XIV secolo a.C., nel Bronzo recente, e la cui vita si protrasse sino al X a.C., nel Bronzo finale. La torre centrale (mastio) a cupola aggettante era composta in origine da tre celle sovrapposte. Il mastio, con un diametro alla base di circa 60 metri (!), si eleva per circa 15 metri svettando su un rilievo, ed è tuttora circondata da un antemurale a cinque (o sei) torri, alcune in buono stato di conservazione. Le loro sommità dovevano essere coronate da merli in pietra, recuperati alla base delle strutture durante gli scavi, iniziati con la scoperta del 1897 e portati avanti da Antonio Taramelli (1917), poi ripresi a fine XX e proseguiti a inizio XXI secolo, sino a un recentissimo restauro. All’interno della torre visiterai numerose cellette, i cui pavimenti erano forse foderati con sughero per ‘isolare’ le camere. In una cella al primo piano, chiusa a cupola, potrai notare e toccare la pietra totemica di fondazione: una testa d’ascia levigata inserita tra le pietre del murale. Ogni interstizio tra un concio e l’altro nasconde segreti. All’uscita nord del tempio vedrai una grande vasca per le abluzioni, che riceve l’acqua da un pozzo rivestito in pietra, profondo una decina di metri. Davanti uno spettacolare teatro gradonato dove gli abitanti del villaggio assistevano e partecipavano ai rituali dell’acqua e ai culti della dea Madre. Era forse la ‘capanna delle riunioni’, la maggiore, con probabile funzione di ritrovo della comunità, per discutere su decisioni da prendere per il villaggio, che si estende sulle pendici su cui svetta il nuraghe. Risalente al Bronzo finale, è uno dei più grandi ‘quartieri’ nuragici dell’intera Sardegna con oltre cento capanne circolari suddivise in sei isolati. Gli ‘agglomerati’ abitativi sono di dimensioni simili e con lo stesso impianto ‘ad anello’, distinti ma interrelati da vie, disposti a gruppi. In alcune di esse si nota l’uso di soluzioni architettoniche rare: presentano resti di piccole pareti divisorie interne e ambienti aggiuntivi di varia forma, collegati a quelli abitativi consueti. È stato scavato e indagato un isolato costituto da 14 ambienti disposti attorno ad un cortile centrale: si tratta della tipica struttura abitativa dell’ultima fase nuragica. Al centro del villaggio, osserverai la piazza, luogo di scambio commerciale. E poi, oltre alla capanna delle riunioni, c’è il tempio, dove sono stati rinvenuti resti di sacrifici rituali, il focolare sacro e la ‘capanna delle terme’ con il bacile centrale pieno d’acqua, nel quale venivano immerse le pietre roventi per sprigionare il vapore. Dai sedili circolari attorno forse veniva praticato il ‘rito del sudore’.
Arrampicata sulla collina prospiciente il complesso, troverai una tomba di Giganti, luogo di sepoltura al servizio del villaggio. Dalla posizione rilevata del nuraghe osserverai l’intero territorio attorno, compresi altri due insediamenti coevi, i nuraghi sa Turrita e Gennerei, coi quali il Seruci doveva essere in collegamento.

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Complesso Nuragico di Riu Mulinu o Cabu Abbas

Olbia, Sardegna

Il nuraghe Riu Mulinu è una delle fortificazioni nuragiche più conosciute del nord Sardegna, situato a pochi chilometri da Olbia.
Il sito, databile intorno al 1300-1200 a.C., è situato a quasi 250 metri d’altezza, in cima al picco di Cabu Abbas; il nuraghe sorvegliava il golfo di Olbia, presidiando l’arrivo di imbarcazioni nemiche. La torre centrale circondata da una possente muraglia che percorre il colle per 220 metri di lunghezza, con altezza e larghezza che raggiungevano fino a 5 metri. Peculiare la cinta muraria, inglobata negli spuntoni rocciosi che si trovano lungo il suo perimetro.
Si accede alla fortificazione attraverso due ingressi, disposti ad a sud e nord.
Il monotorre ha forma circolare (circa otto metri di diametro) e si sviluppa attraverso una sovrapposizione di blocchi di granito. È presente un corridoio con una piccola nicchia e una scala che portava al piano superiore, non più visitabile. Sotto la scala, un vano conduce a una fossa sacrificale, nella quale sono stati ritrovati frammenti di ossa bruciate e reperti ceramici. La campagna di scavo, risalente al 1936, ha riportato alla luce un bronzetto che raffigura una donna con un’anfora sulla testa. Questa scoperta ha permesso di datare la costruzione e individuare Riu Mulinu come luogo destinato al culto dell’acqua e ai riti sacri.

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Complesso Nuragico Lu Brandali

Santa Teresa Gallura, Sardegna

L’area archeologica di Lu Brandali è databile tra XIV sec. e X secolo a.C. (bronzo medio, bronzo medio finale). Il sito, scoperto negli anni ‘60 è stato oggetto di diverse campagne di scavo, che hanno portato alla luce una Tomba dei Giganti con circa 50 inumazioni, un villaggio nuragico e un nuraghe a due torri non visitabile, poiché ancora da scavare. La posizione strategica, un promontorio granitico a due passi dal mare, è forse il motivo per cui le popolazioni antiche scelsero di installare il loro insediamento abitativo in quella zona. La località è stata crocevia di scambi e contatti, non solo nel periodo nuragico ma anche in epoca romana.
Il nuraghe si erge sulla cima, sviluppandosi su livelli sfalsati che seguono la conformazione rocciosa. Si caratterizza per la presenza di un mastio circondato da un antemurale con due torri, una usata nei secoli successivi come fornace. Presenti elementi costruttivi misti ‘ a tholos’ e ‘a corridoio’.
Il villaggio è ubicato a ridosso dell’area fortificata lungo il pendio nella piana a sud-est del nuraghe. Presenti i resti delle capanne a pianta curvilinea, costruite con blocchi disposti a filari regolari legati con malta di fango e pavimento un terra battuta. Oltre a questa tipologia abitativa, verso est è possibile apprezzare la presenza di tafoni, le affascinanti cavità di granito prodotte dall’erosione naturale, usate dagli abitanti del villaggio come rifugi e sepolture.
La tomba dei Giganti, luogo deputato alla celebrazione di arcaici rituali, è situata a poche decine di metri dal sito, nella zona a valle del complesso. Peculiare la maestosità dalle dimensioni, con un corridoio tombale lungo oltre sei metri e terminazione a forma absidale. La pavimentazione è in lastre piatte davanti all’ingresso dell’esedra e in ciottolato nello spazio restante. L’ingresso era originariamente sormontato da un’ imponente architrave.

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Eventi

Capodanno di Alghero / Cap d’Any de l’Alguer

Culturale

Comune: Alghero

Mese di inizio: Dicembre

Durata: 30 Giorni

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