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Padova

A dispetto del ragguardevole numero di monumenti di assoluta bellezza che vanta Padova, potrebbe essere definita la città delle piazze e dei portici. Iniziando da questi ultimi, i padovani fanno un vanto dei loro portici, che si presentano in svariati stili, dal gotico al romanico, dal rinascimentale al neoclassico fino al moderno, offrendo 25 km di spazi all’aperto da vivere anche nei freddi mesi invernali. Poi, le piazze, grandi e grandiose, verrebbe da dire, guardando la prima di esse, forse la più originale nel suo impianto. Prato della Valle è la più ampia in città e fra le maggiori in Europa, e si presenta con una sorta di isola centrale, detta Memmia, di forma ellittica, attorno alla quale si distende un canale su doppio anello, su cui sono posizionate 78 statue. Sono 78 illustri personaggi fra cui Tito Livio, Torquato Tasso, Papa Eugenio IV, Ludovico Ariosto, Francesco Petrarca e Galileo Galilei, che per la cronaca, insegnò all’Università di Padova fra il 1592 e il 1610.
Uno schema non proprio semplice, quello di Prato della Valle, su cui fra l’altro affaccia il più antico luogo di culto della città, la Basilica di Santa Giustina, notevole per le sue proporzioni – 120 metri di lunghezza e 80 di altezza – e per l’elaborata architettura rinascimentale.

Un altro segno di una chiara passione dei padovani per il “gigantismo” è quello che si trova dentro il duecentesco Palazzo della Ragione: con gli 82 metri di lunghezza e 27 di larghezza, l’antica sede dei tribunali cittadini è una delle più ampie aule sospese d’Italia, e tra i più celebri monumenti civili europei dell’epoca dei Comuni. Sono invece del Cinquecento Palazzo del Podestà e dell’800 Palazzo delle Debite qui accanto, e tutti e tre affacciano su Piazza delle Erbe, anticamente detta “Della Biada” e successivamente “Del Vino”. Pochi passi e si sbuca nell’altro “salotto” di Padova, Piazza dei Signori o Piazza della Signoria, per secoli teatro di celebrazioni civiche e tornei, facilmente riconoscibile per la celebre Torre dell’Orologio che si innalza tra il Palazzo dei Camerlenghi e il Palazzo del Capitanio.

Piazza del Duomo fa da sfondo alla Cattedrale di Santa Maria Assunta con accanto il complesso del Vescovado. Iniziata nel IV secolo, la Cattedrale fu consacrata solo 1300 anni più tardi, nel 1754, e ciononostante risulta incompiuta. Vale però la pena visitare l’edificio attuale, risalente al XVI secolo, che mostra interventi di Michelangelo Buonarroti e ha accanto un Battistero decorato da uno splendido ciclo d’affreschi del Trecento, capolavoro del pittore d’origini fiorentine Giusto de Menabuoi.

Fra la miriade di hot spot da segnalare ancora, due sono davvero imperdibili: la Cappella degli Scrovegni, affrescata niente meno che da Giotto, e la Pontificia Basilica di Sant’Antonio, eretta tra il 1232 e la metà del Trecento, che al suo interno custodisce le reliquie del Santo e la sua tomba.

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Orto Botanico Universitario di Padova

Padova, Veneto

4 elementi Cosa fare e vedere

  • Patrimonio culturale Religioso

Sant’Antonio di Padova

Padova, Veneto

La Pontificia Basilica Minore di Sant’Antonio di Padova è uno dei principali luoghi di culto cattolici della città di Padova, in Veneto.

Conosciuta dai padovani semplicemente come il Santo, è una delle più grandi chiese del mondo ed è visitata annualmente da oltre 6,5 milioni di pellegrini, che ne fanno uno dei santuari più venerati del mondo cristiano. Non è comunque la cattedrale della città, titolo che spetta al duomo. In essa sono custodite le reliquie di sant’Antonio di Padova e la sua tomba.

La piazza del Santo, antistante, ospita il monumento equestre al Gattamelata di Donatello. Donatello realizzò anche le sculture bronzee (Crocifisso della basilica del Santo, statue e formelle di varie dimensioni) che Camillo Boito ha collocato sull’altare maggiore da lui progettato.

Ha la dignità di basilica pontificia. Con i Patti lateranensi, la proprietà e l’amministrazione del complesso antoniano furono cedute alla Santa Sede,[1] pur rimanendo territorialmente parte dello Stato italiano. L’attuale delegato pontificio è l’arcivescovo Fabio Dal Cin, prelato di Loreto e delegato pontificio del santuario della Santa Casa. Il governo pastorale e la gestione amministrativa della basilica di Sant’Antonio sono regolati dalla costituzione apostolica Memorias Sanctorum di papa Giovanni Paolo II del 12 giugno 1993,[2] la quale definisce i compiti e le relazioni tra la delegazione pontificia, i frati francescani e la Veneranda Arca di Sant’Antonio, che dal 1396 funge ininterrottamente da fabbriceria del complesso antoniano (le misure della basilica sono disponibili nella pagina “misure dell’interno). La basilica è retta dai francescani dell’Ordine dei frati minori conventuali.

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  • Culturale Materiale - Altro

Casa del Petrarca

Padova, Veneto

La Casa del Petrarca rappresenta una delle tappe obbligate per chi vuole visitare i Colli Euganei. Nel 1369 Francesco Petrarca decise di trasferirsi nel paese di Arquà, forse perché il luogo gli ricordava il paesaggio toscano a lui caro e qui trascorse i suoi ultimi anni di vita in totale pace e tranquillità.L’edificio originario pare che sia stato donato al poeta dall’amico Francesco I da Carrara, signore di Padova. Il Petrarca decise di occuparsi personalmente della ristrutturazione dell’abitazione; la parte inferiore (dominicale) fu pensata per sé e i suoi familiari, mentre quella superiore (rustico) venne destinata alla servitù. Il poeta si dedicò all’abbellimento del suo studio, alla cura del giardino e del brolo; in questo orticello il Petrarca amava trascorrere parte delle sue giornate.

Dopo la morte, avvenuta nel 1374, l’edificio e la sua biblioteca vennero ereditati dall’amato genero Francescuolo da Brossura. Successivamente la proprietà passò alla famiglia Giustinian ed altre famiglie veneziane, per essere infine donata dal Cardinale Silvestri al Comune di Padova nel 1875 , con la clausola di non concedere a nessuno di abitarvi.

Le modifiche più rilevanti all’immobile furono apportate alla metà del Cinquecento dall’allora proprietario Paolo Valdezocco, che voleva fare di esso un museo di reliquie e testimonianze petrarchesche. Furono aggiunte una loggetta e la scala esterna per accedere al primo piano – nella falsa convinzione che fosse quella la residenza più consona al grande poeta e ai suoi famigliari -, apportando variazioni anche alla distribuzione degli spazi interni.Lo stesso Valdezocco commissionò degli affreschi celebrativi raffiguranti la vita e il contenuto di alcune opere del poeta. La decorazione del salone centrale rappresenta scene ispirate a composizioni del Canzoniere, mentre la stanza dell’Africa rievoca le imprese di Scipione l’Africano contenute nel poema epico in latino intitolato appunto “L’Africa”; la stanza da letto denominata “di Venere” prende invece il nome dalla dea qui raffigurata accanto al dio Vulcano che forgia le frecce di Cupido.

Tra il 1906 e il 1985 sono stati attuati numerosi restauri conservativi ad opera del Comune di Padova, che hanno contribuito a rendere accessibile il luogo a un numero crescente di visitatori

Già in epoca tardo medievale la casa fu meta di pellegrinaggi di poeti ed ammiratori, motivati dalla cosidetta moda petrarchesca. Il fenomeno del petrarchismo si diffuse all’inizio del Cinquecento grazie all’opera del cardinale ed insigne letterato Pietro Bembo, il quale indicò quali modelli di perfezione della letteratura italiana il Petrarca per la poesia ed il Boccaccio per la prosa.L’attuale allestimento museale prevede al primo piano le seguenti sezioni: “La Casa di Francesco Petrarca”, “Iconografia del Petrarca e di Laura”, “Arquà e il territorio circostante”, “La tomba del Petrarca”, “Il mito della Casa: i registri dei visitatori”, “Il mito della Casa: le reliquie e le medaglie commemorative”.

Al piano terra, invece, è esposta una mostra fotografica che illustra le tappe principali della vita del Petrarca, gli itinerari e i soggiorni trascorsi nel Veneto.

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  • Naturalistico - Altro

Orto Botanico Universitario di Padova

Padova, Veneto

L’orto botanico di Padova fu fondato nel 1545 ed è il più antico orto botanico al mondo ancora nella sua collocazione originaria[1]. Situato in un’area di circa 2,2 ettari, dal 1997 è Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Nell’ottobre 2014 è stata inaugurata la nuova ala dell’orto botanico, denominata “Giardino della Biodiversità”. L’orto botanico di Padova, istituito nel 1545, nasce per la coltivazione delle piante medicinali che costituivano la maggioranza dei “semplici”, medicamenti provenienti dalla natura. Per tale ragione la denominazione primitiva dell’orto era “Giardino dei Semplici” (“Horti Simplicium”).

L’ateneo padovano (fondato nel 1222) era già largamente famoso per lo studio delle piante, in particolare modo per l’applicazione di queste alle scienze mediche e farmacologiche. Quando l’orto fu fondato regnava una grande incertezza circa l’identificazione delle piante usate dai celebri medici dell’antichità: erano frequenti errori e frodi, con gravissimi danni per la salute dei pazienti. L’istituzione di un horto medicinale fu sollecitata su richiesta di Francesco Bonafede, che allora ricopriva la cattedra di Lettura dei Semplici presso l’Università di Padova, per facilitare l’apprendimento ed il riconoscimento delle piante medicinali autentiche rispetto alle sofisticazioni. Nel 1545 un decreto del senato della Repubblica di Venezia ne approva la costituzione: i lavori sono immediatamente avviati.

L’orto botanico (o “Giardino dei Semplici”) di Padova in una litografia; sullo sfondo, la basilica di Sant’Antonio.
Il primo custode dell’orto è, nel 1547, Luigi Squalermo detto Anguillara, che fa introdurre 1800 medicinali. Nel 1551 all’Anguillara viene affiancato Pier Antonio Michiel, già creatore di un mirabile giardino privato, conoscitore e amatore delle specie vegetali ed autore di un eccellente erbario illustrato.

L’Orto per la rarità dei vegetali contenuti e per il prezzo elevato dei medicamenti che da essi venivano ricavati era oggetto di frequenti furti notturni, nonostante le severe pene comminate dalla legge. Per tale ragione fu edificato un muro di recinzione circolare, tutt’oggi visibile e caratterizzante da qui il nome di “Hortus Cintus”.

Nel corso dei secoli, l’Orto botanico di Padova è situato al centro di una fittissima rete di relazioni internazionali, esercitando un ruolo preponderante nell’ambiente della ricerca nello scambio di idee, di coscienze e di piante. Per tali motivazioni nel 1997 è stato inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO (World Heritage List), come bene culturale, costituendo una testimonianza eccezionale di una tradizione culturale inveterata da secoli (criterio iii) ed inoltre testimonia uno scambio di influenze cruciali nell’area culturale delle scienze botaniche (criterio ii); a tal proposito vedere le Linee guida operative della Convenzione del patrimonio mondiale. La motivazione in base alla quale l’orto botanico fu inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità è la seguente:

“L’orto botanico di Padova è all’origine di tutti gli orti botanici del mondo e rappresenta la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia”.

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  • Monumento

Cappella degli Scrovegni

Padova, Veneto

La Cappella intitolata a Santa Maria della Carità, affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto su incarico di Enrico degli Scrovegni costituisce uno dei massimi capolavori dell’arte occidentale. La narrazione ricopre interamente le pareti con le storie della Vergine e di Cristo, mentre nella controfacciata è dipinto il grandioso Giudizio Universale, con il quale si conclude la vicenda della salvazione umana.
L’edificio era originariamente collegato al palazzo di famiglia, fatto erigere dopo il 1300, seguendo il tracciato ellittico dei resti dell’arena romana.
Da quando, nel 1880, la Cappella è stata acquisita dalla città di Padova, gli affreschi sono stati continuamente oggetto di particolari attenzioni e, nell’Ottocento e nel Novecento, sono stati compiuti svariati interventi conservativi. Dagli anni settanta fino ai giorni nostri, grazie alla stretta collaborazione tra Amministrazione locale, Soprintendenze e Istituto Centrale per il Restauro, sono stati compiuti accurati studi e monitoraggi sullo stato dell’edificio, sulla qualità dell’aria, sui fattori inquinanti, sullo stato di conservazione delle pitture. La costruzione del nuovo corpo di accesso, unitamente all’installazione di un impianto di trattamento dell’aria, permette di gestire il forte flusso dei visitatori in modo tale da non pregiudicare la conservazione degli affreschi.
Gli ultimi controlli, evidenziando una stabilizzazione della situazione, hanno permesso di eseguire il restauro, svolto dall’Istituto Centrale per il Restauro grazie al protocollo di intesa siglato tra il Comune e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Sant’Antonio di Padova

Padova, Veneto

La Pontificia Basilica Minore di Sant’Antonio di Padova è uno dei principali luoghi di culto cattolici della città di Padova, in Veneto.

Conosciuta dai padovani semplicemente come il Santo, è una delle più grandi chiese del mondo ed è visitata annualmente da oltre 6,5 milioni di pellegrini, che ne fanno uno dei santuari più venerati del mondo cristiano. Non è comunque la cattedrale della città, titolo che spetta al duomo. In essa sono custodite le reliquie di sant’Antonio di Padova e la sua tomba.

La piazza del Santo, antistante, ospita il monumento equestre al Gattamelata di Donatello. Donatello realizzò anche le sculture bronzee (Crocifisso della basilica del Santo, statue e formelle di varie dimensioni) che Camillo Boito ha collocato sull’altare maggiore da lui progettato.

Ha la dignità di basilica pontificia. Con i Patti lateranensi, la proprietà e l’amministrazione del complesso antoniano furono cedute alla Santa Sede,[1] pur rimanendo territorialmente parte dello Stato italiano. L’attuale delegato pontificio è l’arcivescovo Fabio Dal Cin, prelato di Loreto e delegato pontificio del santuario della Santa Casa. Il governo pastorale e la gestione amministrativa della basilica di Sant’Antonio sono regolati dalla costituzione apostolica Memorias Sanctorum di papa Giovanni Paolo II del 12 giugno 1993,[2] la quale definisce i compiti e le relazioni tra la delegazione pontificia, i frati francescani e la Veneranda Arca di Sant’Antonio, che dal 1396 funge ininterrottamente da fabbriceria del complesso antoniano (le misure della basilica sono disponibili nella pagina “misure dell’interno). La basilica è retta dai francescani dell’Ordine dei frati minori conventuali.

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  • Culturale Materiale - Altro

Casa del Petrarca

Padova, Veneto

La Casa del Petrarca rappresenta una delle tappe obbligate per chi vuole visitare i Colli Euganei. Nel 1369 Francesco Petrarca decise di trasferirsi nel paese di Arquà, forse perché il luogo gli ricordava il paesaggio toscano a lui caro e qui trascorse i suoi ultimi anni di vita in totale pace e tranquillità.L’edificio originario pare che sia stato donato al poeta dall’amico Francesco I da Carrara, signore di Padova. Il Petrarca decise di occuparsi personalmente della ristrutturazione dell’abitazione; la parte inferiore (dominicale) fu pensata per sé e i suoi familiari, mentre quella superiore (rustico) venne destinata alla servitù. Il poeta si dedicò all’abbellimento del suo studio, alla cura del giardino e del brolo; in questo orticello il Petrarca amava trascorrere parte delle sue giornate.

Dopo la morte, avvenuta nel 1374, l’edificio e la sua biblioteca vennero ereditati dall’amato genero Francescuolo da Brossura. Successivamente la proprietà passò alla famiglia Giustinian ed altre famiglie veneziane, per essere infine donata dal Cardinale Silvestri al Comune di Padova nel 1875 , con la clausola di non concedere a nessuno di abitarvi.

Le modifiche più rilevanti all’immobile furono apportate alla metà del Cinquecento dall’allora proprietario Paolo Valdezocco, che voleva fare di esso un museo di reliquie e testimonianze petrarchesche. Furono aggiunte una loggetta e la scala esterna per accedere al primo piano – nella falsa convinzione che fosse quella la residenza più consona al grande poeta e ai suoi famigliari -, apportando variazioni anche alla distribuzione degli spazi interni.Lo stesso Valdezocco commissionò degli affreschi celebrativi raffiguranti la vita e il contenuto di alcune opere del poeta. La decorazione del salone centrale rappresenta scene ispirate a composizioni del Canzoniere, mentre la stanza dell’Africa rievoca le imprese di Scipione l’Africano contenute nel poema epico in latino intitolato appunto “L’Africa”; la stanza da letto denominata “di Venere” prende invece il nome dalla dea qui raffigurata accanto al dio Vulcano che forgia le frecce di Cupido.

Tra il 1906 e il 1985 sono stati attuati numerosi restauri conservativi ad opera del Comune di Padova, che hanno contribuito a rendere accessibile il luogo a un numero crescente di visitatori

Già in epoca tardo medievale la casa fu meta di pellegrinaggi di poeti ed ammiratori, motivati dalla cosidetta moda petrarchesca. Il fenomeno del petrarchismo si diffuse all’inizio del Cinquecento grazie all’opera del cardinale ed insigne letterato Pietro Bembo, il quale indicò quali modelli di perfezione della letteratura italiana il Petrarca per la poesia ed il Boccaccio per la prosa.L’attuale allestimento museale prevede al primo piano le seguenti sezioni: “La Casa di Francesco Petrarca”, “Iconografia del Petrarca e di Laura”, “Arquà e il territorio circostante”, “La tomba del Petrarca”, “Il mito della Casa: i registri dei visitatori”, “Il mito della Casa: le reliquie e le medaglie commemorative”.

Al piano terra, invece, è esposta una mostra fotografica che illustra le tappe principali della vita del Petrarca, gli itinerari e i soggiorni trascorsi nel Veneto.

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Orto Botanico Universitario di Padova

Padova, Veneto

L’orto botanico di Padova fu fondato nel 1545 ed è il più antico orto botanico al mondo ancora nella sua collocazione originaria[1]. Situato in un’area di circa 2,2 ettari, dal 1997 è Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Nell’ottobre 2014 è stata inaugurata la nuova ala dell’orto botanico, denominata “Giardino della Biodiversità”. L’orto botanico di Padova, istituito nel 1545, nasce per la coltivazione delle piante medicinali che costituivano la maggioranza dei “semplici”, medicamenti provenienti dalla natura. Per tale ragione la denominazione primitiva dell’orto era “Giardino dei Semplici” (“Horti Simplicium”).

L’ateneo padovano (fondato nel 1222) era già largamente famoso per lo studio delle piante, in particolare modo per l’applicazione di queste alle scienze mediche e farmacologiche. Quando l’orto fu fondato regnava una grande incertezza circa l’identificazione delle piante usate dai celebri medici dell’antichità: erano frequenti errori e frodi, con gravissimi danni per la salute dei pazienti. L’istituzione di un horto medicinale fu sollecitata su richiesta di Francesco Bonafede, che allora ricopriva la cattedra di Lettura dei Semplici presso l’Università di Padova, per facilitare l’apprendimento ed il riconoscimento delle piante medicinali autentiche rispetto alle sofisticazioni. Nel 1545 un decreto del senato della Repubblica di Venezia ne approva la costituzione: i lavori sono immediatamente avviati.

L’orto botanico (o “Giardino dei Semplici”) di Padova in una litografia; sullo sfondo, la basilica di Sant’Antonio.
Il primo custode dell’orto è, nel 1547, Luigi Squalermo detto Anguillara, che fa introdurre 1800 medicinali. Nel 1551 all’Anguillara viene affiancato Pier Antonio Michiel, già creatore di un mirabile giardino privato, conoscitore e amatore delle specie vegetali ed autore di un eccellente erbario illustrato.

L’Orto per la rarità dei vegetali contenuti e per il prezzo elevato dei medicamenti che da essi venivano ricavati era oggetto di frequenti furti notturni, nonostante le severe pene comminate dalla legge. Per tale ragione fu edificato un muro di recinzione circolare, tutt’oggi visibile e caratterizzante da qui il nome di “Hortus Cintus”.

Nel corso dei secoli, l’Orto botanico di Padova è situato al centro di una fittissima rete di relazioni internazionali, esercitando un ruolo preponderante nell’ambiente della ricerca nello scambio di idee, di coscienze e di piante. Per tali motivazioni nel 1997 è stato inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO (World Heritage List), come bene culturale, costituendo una testimonianza eccezionale di una tradizione culturale inveterata da secoli (criterio iii) ed inoltre testimonia uno scambio di influenze cruciali nell’area culturale delle scienze botaniche (criterio ii); a tal proposito vedere le Linee guida operative della Convenzione del patrimonio mondiale. La motivazione in base alla quale l’orto botanico fu inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità è la seguente:

“L’orto botanico di Padova è all’origine di tutti gli orti botanici del mondo e rappresenta la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia”.

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  • Monumento

Cappella degli Scrovegni

Padova, Veneto

La Cappella intitolata a Santa Maria della Carità, affrescata tra il 1303 e il 1305 da Giotto su incarico di Enrico degli Scrovegni costituisce uno dei massimi capolavori dell’arte occidentale. La narrazione ricopre interamente le pareti con le storie della Vergine e di Cristo, mentre nella controfacciata è dipinto il grandioso Giudizio Universale, con il quale si conclude la vicenda della salvazione umana.
L’edificio era originariamente collegato al palazzo di famiglia, fatto erigere dopo il 1300, seguendo il tracciato ellittico dei resti dell’arena romana.
Da quando, nel 1880, la Cappella è stata acquisita dalla città di Padova, gli affreschi sono stati continuamente oggetto di particolari attenzioni e, nell’Ottocento e nel Novecento, sono stati compiuti svariati interventi conservativi. Dagli anni settanta fino ai giorni nostri, grazie alla stretta collaborazione tra Amministrazione locale, Soprintendenze e Istituto Centrale per il Restauro, sono stati compiuti accurati studi e monitoraggi sullo stato dell’edificio, sulla qualità dell’aria, sui fattori inquinanti, sullo stato di conservazione delle pitture. La costruzione del nuovo corpo di accesso, unitamente all’installazione di un impianto di trattamento dell’aria, permette di gestire il forte flusso dei visitatori in modo tale da non pregiudicare la conservazione degli affreschi.
Gli ultimi controlli, evidenziando una stabilizzazione della situazione, hanno permesso di eseguire il restauro, svolto dall’Istituto Centrale per il Restauro grazie al protocollo di intesa siglato tra il Comune e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

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