Museo Archeologico di Adria

Comune di ADRIA

  • Museo

Il Museo Archeologico Nazionale di Adria è un museo con sede ad Adria, in via Giacomo Badini, sede museale inaugurata nel 1961.

Conserva reperti provenienti dalla collezione della famiglia Bocchi e dalle aree archeologiche di epoca preromana (soprattutto testimonianze del primo emporio greco e della conseguente città etrusca) e romana scoperte nei dintorni della città.
Storia
Origini
Nei primi anni del Novecento, l’amministrazione del comune di Adria[2] decise di acquistare dalla famiglia Bocchi i documenti, manoscritti, reperti archeologici e tutto ciò che altro riuscirono a raccogliere per i loro studi incentrati sulla storia della città raccolti tra il XVIII e il XIX secolo ad opera di Ottavio (1697-1749), Francesco Girolamo (1748-1810) e Francesco Antonio (1828-1888).[3]L’idea di allestire un museo domestico da rendere visitabile agli appassionati di antichità fu di Francesco Girolamo Bocchi, che dal 1787 iniziò a registrare i nomi dei visitatori. Tra gli ospiti spiccano gli arciduchi d’Austria, Francesco Carlo con la moglie Sofia di Baviera, e Theodor Mommsen, celebre epigrafista tedesco. Francesco Antonio Bocchi, in seguito alla nomina come Ispettore agli Scavi e Rinvenimenti del Polesine, intraprese gli scavi dove oggi sorge il museo, recuperando reperti etruschi e romani.[4]

Sezione del Museo Archeologico Nazionale di Adria dedicata alla collezione Bocchi.
Acquisito il materiale, il comune predispose l’istituzione, nel 1903 di una nuova struttura museale, il nuovo Museo Civico, aperto al pubblico nel 1904. La sede, situata nelle scuole elementari di via Felice Cavallotti[5], si rivela ben presto inadeguata e nel 1927, allo scopo di collocare più degnamente il Museo Civico, l’avvocato Giuseppe Cordella dona al comune di Adria il piano terreno e il piano nobile del palazzo di famiglia affacciato sul corso Vittorio Emanuele (attualmente sede degli uffici dell’amministrazione comunale) e nel 1934 si realizza il trasloco del materiale dalle scuole elementari a palazzo Cordella[3]. Con l’acquisizione del copioso materiale che negli anni tra il 1938 e il 1940 viene raccolto nella grande necropoli preromana e romana individuata durante i lavori di nuova inalveazione del Canalbianco, il soprintendente alle Antichità del Veneto, professor Brusin, comincia a pensare alla necessità di una nuova sede. Nel frattempo, il museo attraversa prima la fase critica del secondo conflitto mondiale, quando i reperti vengono imballati e spediti a Venezia, luogo ritenuto più sicuro, rientrando al termine della guerra senza aver subito danni; poi il momento dell’alluvione del novembre del 1951, che causa l’allagamento del lapidario al pian terreno, prontamente sgomberato dall’acqua già la mattina seguente la notte dell’onda di piena. Tra il 1956 e il 1957, si afferma definitivamente l’idea di una nuova sede, costituita da un nuovo edificio appositamente progettato dall’architetto Giambattista Scarpari e ubicata nel giardino pubblico antistante l’ingresso dell’Ospedale Civile, in un terreno che per l’occasione il Consiglio comunale delibera di donare allo Stato.

Sede
Nella primavera del 1958 viene posto il cantiere che dà inizio ai lavori e che ricorre all’utilizzo di operai disoccupati del posto. Dopo oltre tre anni e molte difficoltà, nel luglio del 1961 si effettua il trasferimento dei reperti nella nuova struttura e l’approntamento dell’apparato espositivo, che porta, il 17 settembre dello stesso anno e in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia, all’inaugurazione del nuovo Museo Civico. Una ulteriore deliberazione del Consiglio comunale del marzo 1962, conferma la donazione allo Stato del terreno su cui sorge il Museo, e nel gennaio 1969 l’Ufficio Tecnico Erariale sancisce la formale presa in carico da parte dell’Amministrazione Statale del terreno e dell’edificio. Il 1º febbraio 1972 il Ministro della Pubblica Istruzione, come ultimo atto formale, decreta l’istituzione del Museo Archeologico Nazionale di Adria

Entrata del Museo Archeologico Nazionale di Adria.
A partire dal 2002 si è dato corso a un radicale lavoro di riallestimento che si è integrato all’aggiunta di una nuova ala del museo. L’intervento, compiutamente realizzatosi nel luglio del 2009, offre un percorso di visita che, a partire dal primo piano, in cui sono esposti i contesti abitativi e di necropoli dal VI agli inizi del II secolo a.C., prosegue scendendo al piano rialzato, occupato dalle testimonianze d’epoca romana e alto medievale. Questi interventi sono stati realizzati anche grazie ai fondi del Gioco del Lotto, in base a quanto regolato dalla legge 662/96.

A partire dal 2001 la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto ha avviato un rinnovamento della struttura, con l’obbiettivo di ultimare il progetto entro il 2007. I lavori di ampliamento, iniziati nell’aprile del 2003, hanno richiesto una laboriosa fase di progettazione: è stato necessario imballare ed accatastare gli oltre 60000 reperti presenti all’interno del museo e predisporre un programma di ristrutturazione che garantisse le condizioni di sicurezza del materiale archeologico. I lavori edilizi, sospesi in estate a causa del rilevamento di stratigrafie antiche più consistenti del previsto, si sono conclusi con la cerimonia di inaugurazione del 25 settembre 2004. Per l’occasione, il museo è stato parzialmente riaperto al pubblico con una mostra temporanea intitolata “Cibi e bevande nel Veneto antico” e con l’esposizione della Tomba della Biga, completamente restaurata.[8] La ristrutturazione ha trasformato l’edificio: articolato su tre piani, in origine era costituito da tre corpi di fabbrica disposti ortogonalmente tra loro sui lati ovest, nord ed est, così da dar luogo ad un chiostro quadrato interno dotato di un piccolo giardino. Il fronte sud era costituito da un corpo di fabbrica più piccolo, adibito all’esposizione della Tomba della Biga, e da un muro che chiudeva il quarto lato del portico. I lavori di ampliamento hanno realizzato, lungo il lato sud, un nuovo corpo di fabbrica a tre piani che permette il collegamento ad anello dei lati ovest ed est. Il nuovo volume meridionale, a sviluppo curvilineo, si stacca dalla geometria del fabbricato originario andando a definire due fronti sfalsati simili a vele tese. La continuità con l’edificio preesistente è stata affidata ai materiali, in particolar modo alla scelta di mattoni con zoccolo di rivestimento in pietra usati nel parametro murario del prospetto sud. La parte superiore del prospetto, in mattoni faccia a vista, risulta caratterizzato da un leggero motivo decorativo ottenuto con l’inserimento ritmato di un elemento di laterizio tagliato di un quarto. L’utilizzo di mattoni comuni, prodotti da una fornace tradizionale, deriva dalla necessità di accordarsi con il faccia a vista preesistente. Gli attacchi del nuovo corpo di fabbrica all’edificio originale, sono realizzati con dei segmenti di “facciata-giunto” posti ortogonalmente o inclinati, arretrati rispetto alla struttura e con prevalenza di aperture. Nell’angolo sud-est lo sviluppo della curva si chiude con una “facciata-giunto” di raccordo con il lato est. Il suo prospetto riprende il motivo architettonico preesistente del fronte principale del museo sul lato ovest, riproponendone il doppio ordine di finestre. Il nuovo fronte sud si presenta compatto e con poche aperture, a causa della necessità di ricevere un modesto apporto di luce naturale negli spazi interni. Il museo risulta rinnovato anche negli aspetti funzionali e distributivi: sono state rafforzate le condizioni di sicurezza dei locali adibiti a deposito ed i magazzini al piano seminterrato, precedentemente di 545 m², sono stati ampliati ad 800 m².

Esterno del Museo Archeologico Nazionale di Adria.
Con l’accorpamento, sul lato ovest, di uffici e servizi si è realizzata la distinzione tra spazi funzionali e zona espositiva riservata al pubblico. Nel lato sud è stato collocato il laboratorio di restauro, mentre la restante superficie del medesimo lato ed i lati nord ed est sono stati interamente dedicati alla sezione romana, con una superficie complessiva di 632 m². Il primo piano, in precedenza di 322 m², ora raggiunge 551 m² riservati alle esposizioni preromane. Sul lato ovest è rimasta inalterata la sala per le mostre temporanee, mentre nell’angolo sud-ovest sono stati creati nuovi servizi igienici per il pubblico e l’aula didattica. Nell’angolo sud-ovest, una nuova scala realizza il collegamento tra il piano rialzato ed il primo e sottolinea la transizione tra la fase etrusca e la fase romana del territorio.

L’edificio contenente la Tomba della Biga ha subito un importante intervento di ristrutturazione: l’angolo del fabbricato è stato arrotondato verso il chiostro, mentre il tetto, prima a tre falde, è stato trasformato in solaio piano a terrazza. Per renderlo più fruibile, anche il ballatoio del piano è stato oggetto di modifiche.

Gli spazi interni dell’edificio hanno ricevuto molta attenzione, in particolare i controsoffitti in gesso armato a sezione composta diversa in base al succedersi delle sale. Un sistema misto di volte ribassate, piani inclinati e retti, ha permesso di accogliere sia la rete di distribuzione degli impianti elettrici e speciali, sia i canali del condizionamento, limitando la riduzione dell’altezza utile degli ambienti. Con il rinnovamento sono stati curati anche gli aspetti tecnologici: il museo è dotato di un sistema di controllo globale (BUS) di tutti gli impianti, gestito da un software con videografica, che permette la gestione integrata dell’impianto di illuminazione, dell’impianto di climatizzazione, dell’impianto antintrusione e degli impianti antincendio e rivelazione fumi. Il sistema permette l’autodiagnosi dello stato di efficienza e funzionamento delle apparecchiature, nonché l’immediata segnalazione di ogni emergenza con l’individuazione del punto di allarme sulle planimetrie del museo.

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  • Cammino-Religioso

Il Cammino di Sant’Antonio

Camposampiero, Veneto

Cammino che ripercorre la vita del Santo: dal nascondimento nell’eremo di Montepaolo, dimora iniziale di frate Antonio in Italia, prima di venire scoperto come predicatore preparato ed infuocato a Forlì, definitivamente inviato sulle strade dell’Italia settentrionale e del sud della Francia come evangelizzatore, maestro di sacra Scrittura e persino superiore provinciale (per tre anni) sino ai giorni di Padova e Camposampiero. Il viandante che decide di intraprendere questa faticosa marcia sa di dover portare con sé uno zaino carico di fede, entusiasmo e coraggio, e la consapevolezza di essere un semplice pellegrino che accetta con umiltà tutte le faticose incognite che ogni giornata di cammino può riservare.
Il Cammino di Sant’Antonio attende di essere percorso da chi lo desidera, e non ha senso e non può esistere senza il sudore ed il dolore ai piedi dell’esercito dei suoi variegati camminatori.
In un contesto di suggestivi paesaggi, di grandiose città, di solitari sentieri immersi nella lussureggiante natura, tra il sorgere di incantevoli albe e tramonti pieni di poesia, la meta s’intravede laddove lo sguardo del pellegrino si posa a rimirar quella luce e quell’Amor che move il Sole e l’altre Stelle.

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  • Museo

Museo di Giovanni Battista Cima di Conegliano

Conegliano, Veneto

La Casa museo di Giovanni Battista Cima, situata nel centro storico della città, alle spalle del Duomo di Santa Maria Assunta e San Leonardo, è il luogo dove nel Rinascimento visse il pittore coneglianese Giovanni Battista Cima.
A partire dal restauro Casa Cima è diventata un piccolo museo archeologico, contenente reperti trovati nel territorio di Conegliano e perlopiù risalenti a un’epoca compresa tra neolitico ed età romana, nonché un’esposizione di riproduzioni fotografiche delle opere del Cima.

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  • Museo

Museo Albino Luciani di Canale d’Agordo

Agordo, Veneto

Il Museo Albino Luciani vi farà conoscere la vita e l’insegnamento di Papa Giovanni Paolo I, ma non solo. Scoprirete anche il contesto storico-ambientale dove è cresciuto e le vicende di altre personalità che si sono distinte in campo artistico, culturale e religioso.
È situato in un palazzo quattrocentesco affacciato sulla piazza principale del paese e si sviluppa su 4 piani accuratamente allestiti per creare un percorso sensoriale innovativo.

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  • Culturale Materiale - Altro

Andrea Brustolon, Scultore del Legno

Belluno, Veneto

“Le sculture lignee barocche si distinguono per una straordinaria fecondità di fantasia, per l’accuratezza dell’esecuzione, per i contrasti cromatici fra i vari tipi di legno”.
Il tema di questo articolo riguarda uno dei più straordinari scultori bellunesi del Seicento ma allo stesso tempo artista poco conosciuto: Andrea Brustolon.
Grande considerazione ebbe di lui lo scrittore francese Honorè de Balzac tanto da definirlo il “Michelangelo del legno” e non solo, anche successivamente lo storico dell’arte Leopoldo Cicognara ebbe parole positive nei suoi confronti attribuendogli “eleganza e dolcezza” e definendo gli altri artisti contemporanei ad Andrea Brustolon come “una folla di cattivi manieristi”.
Andrea Brustolon nacque a Belluno nel 1662 e la sua formazione avvenne principalmente a Venezia (1677) dove subì l’influsso dello scultore genovese Filippo Parodi e dello scultore belga Josse Le Court considerato il Bernini veneziano. Parodi gli infuse eleganza e vivacità compositiva. Si presume poi, un suo viaggio a Roma dove avrebbe subito l’influsso del Bernini. Ritornato a Belluno, scolpì una delle opere più sorprendenti per la sua composizione, per la sua carica espressiva, per il suo trasmettere il sentimento del dolore, per il suo estremo realismo: l’Altare delle Anime di San Floriano a Pieve di Zoldo. Non mancano comunque le commissioni di patrizi veneziani quali i Correr, i Pisani e i Venier ma la sua committenza fu prevalentemente ecclesiastica. La sua arte non riguardò solo la statuaria ma anche apparati decorativi come mobili, cornici e arredi. Andrea Brustolon fu uno scultore che seppe creare un suo personale stile e eccezionale fu il suo estrarre dalla materia prima del legno l’anima della composizione. Morì a Belluno nel 1732.
Le sue opere sono presenti in quasi tutto il territorio provinciale: a Belluno presso il Museo Civico e la chiesa di San Pietro; a Feltre nel Museo Diocesano d’Arte Sacra; in Val di Zoldo nella Chiesa di San Floriano e Valentino e in Comelico presso la chiesa dei Santi Rocco e Osvaldo e a Farra d’Alpago.

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  • Culturale Materiale - Altro

Teatro de La Sena

Feltre, Veneto

Il Teatro de la Sena, ovvero “della scena”, è ospitato al primo piano del Palazzo della Ragione, edificio cinquecentesco costruito a partire dal 1510 dopo l’incendio della città durante la guerra cambraica e caratterizzato dal loggiato palladiano del 1558. Il salone, inizialmente adibito alle riunioni del Maggior Consiglio, fu destinato a pubblico teatro nel 1684 con la costituzione di un Teatro Sociale a due ordini di palchetti di proprietà privata, appartenenti alle famiglie più abbienti, a cui nel 1741 ne seguì un terzo. Già dal 1621 vi si teneva “…una Sena (scena) per recitar commedie in Carnevale”. Nel XVIII secolo l’attività fu intensa. Nel 1729-’30 Carlo Goldoni, durante il suo soggiorno feltrino come impiegato di cancelleria, compose due intermezzi a tre voci intitolati “Il Buon Vecchio” e “La Cantatrice” con i quali debuttò nel mondo dell’arte. Il 26 luglio 1769 un fulmine colpì il teatro durante uno spettacolo, causando morti e feriti e danni ingenti, cosicché la sala fu utilizzata sporadicamente. Nel 1802 l’architetto veneziano Gianantonio Selva, già vincitore del concorso per la progettazione della Fenice di Venezia, fu incaricato della radicale ristrutturazione dell’ambiente. Le decorazioni pittoriche, tra le quali spiccano il sipario e il soffitto a velario, furono eseguite invece nel 1843 da Tranquillo Orsi, autore nel 1837 delle decorazioni neoclassiche della Fenice. In epoca moderna a causa di crisi economiche, delle guerre mondiali e dei problemi strutturali, il teatro fu più volte chiuso. Recenti lavori di restauro hanno consentito di restituire al pubblico questo gioiello architettonico, offrendo al visitatore l’opportunità di entrare nella perduta Fenice e di godere ancora degli spettacoli ivi rappresentati.

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  • Museo

Memoriale Veneto della Grande Guerra (MEVE)

Montebelluna, Veneto

Localizzato nel complesso monumentale di Villa Correr Pisani di Montebelluna, il Memoriale Veneto della Grande Guerra (MEVE) è uno spazio interattivo e multimediale dedicato ai conflitti e agli eventi che hanno segnato l’ultimo secolo della nostra storia a partire dal primo conflitto mondiale. Un approccio contemporaneo, esperienziale ed emozionale caratterizza Il percorso espositivo. Gli oggetti, pochi e “totemici”, sono parte di uno storytelling allestitivo dove la componente digitale, la realtà virtuale, le installazioni immersive, l’importante documentazione filmografica e il sound-design consentono di vivere un’esperienza unica, toccante e sempre diversa. Il primo conflitto mondiale è occasione per ripercorrere 100 anni di storia.

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  • Culturale Materiale - Altro

Accademia dei Concordi

Rovigo, Veneto

Fin dalla sua istituzione nel 1580 – per iniziativa del conte Gaspare Campo – l’Accademia dei Concordi rappresenta un punto di riferimento costante per il territorio della provincia di Rovigo, e non solo, con le sue innumerevoli attività di promozione della cultura e delle arti. Da oltre 400 anni, l’Accademia svolge un ruolo sociale essenziale per la comunità locale e per tutti gli studiosi e letterati che traggono fonte di ricerca e ispirazione dal suo patrimonio storico e culturale.
Oggi l’Accademia mette a disposizione del pubblico una Biblioteca ricca di oltre 300.000 documenti, una Pinacoteca che conta più di 400 opere (alcune molto note come Il Cristo portacroce e Madonna con Bambino di Giovanni Bellini) e una preziosa sezione archeologica costituita da materiali di diversa natura e provenienza tra cui, in particolare, la Collezione di Camillo Silvestri e la Collezione Egizia di Giuseppe Valsè Pantellini.
L’Accademia dei Concordi, inoltre, arricchisce l’offerta culturale del territorio attraverso la promozione di convegni, mostre, conversazioni letterarie, rassegne sui maestri dell’arte contemporanea, corsi di formazione, iniziative scientifiche, con l’obiettivo di raccordare il patrimonio di arte e cultura – che l’Istituto conserva – ai grandi temi del dibattito culturale contemporaneo.
L’attività dell’Accademia cresce e si sviluppa anche attraverso l’importante collaborazione da parte di enti, istituzioni ed associazioni culturali, nonché attraverso le generose donazioni di numerosi mecenati tra i quali si ricordano Maria Nagliati, Maria Felicita Mattarello Oliva, Bona Campo, Giovanni Federspil e Gian Antonio Cibotto: persone illuminate che – riconoscendosi nelle parole di Girolamo Silvestri – hanno devoluto all’Accademia buona parte dei loro preziosi patrimoni spinte da “l’amor del pubblico bene”.

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  • Festival

Tocatì – Festival Internazionale dei Giochi In Strada

Verona, Veneto

Dal 12 al 15 settembre 2019 si terrà a Verona la XVII edizione di Tocatì, Festival Internazionale dei Giochi in Strada, organizzato da Associazione Giochi Antichi con il patrocinio di Comune di Verona, Regione del Veneto e della Provincia di Verona. Riconfermata per questa diciassettesima edizione la collaborazione con AEJeST e rafforzata ulteriormente quella con MIBAC e ICDE – Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia. Tocatì è al terzo anno del percorso di candidatura del Programma di attività del festival al Registro delle Buone Pratiche di Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale UNESCO, i simboli che racconteranno i valori legati al gioco in questo Tocatì 2019 saranno: Salvaguardia, Impegno e Evoluzione (dopo Patrimonio, Confronto e Territorio del 2018 e Appartenenza, Incontro e Comunità del 2017.)

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  • Monumento

Basilica Palladiana

Vicenza, Veneto

La Basilica palladiana è l’edificio simbolo di Vicenza. Rinomata per il loggiato a serliane, progettato dal grande architetto Andrea Palladio, che circonda il medievale Palazzo della Ragione, è stata inserita dall’Unesco nella lista dei beni patrimonio dell’umanità nel 1994.
Tra il 2007 al 2012 la Basilica è stata oggetto di un complesso ed articolato intervento di restauro architettonico, funzionale ed impiantistico grazie al fondamentale contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona. È stata riaperta il 5 ottobre 2012 in concomitanza con l’inaugurazione della grande mostra “Raffaello verso Picasso. Storie di sguardi, volti e figure”.
Il 9 maggio 2014 la Basilica Palladiana è diventata Monumento Nazionale grazie al disegno di legge approvato in sede deliberante dalla commissione cultura del Senato il 27 marzo 2014. Il 5 maggio 2014 al restauro della Basilica palladiana è stato assegnato a Vienna il “Premio dell’Unione Europea per il Patrimonio culturale – Concorso Europa Nostra 2014” per la conservazione del patrimonio culturale.

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  • Naturalistico - Altro

Orto Botanico Universitario di Padova

Padova, Veneto

L’orto botanico di Padova fu fondato nel 1545 ed è il più antico orto botanico al mondo ancora nella sua collocazione originaria[1]. Situato in un’area di circa 2,2 ettari, dal 1997 è Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Nell’ottobre 2014 è stata inaugurata la nuova ala dell’orto botanico, denominata “Giardino della Biodiversità”. L’orto botanico di Padova, istituito nel 1545, nasce per la coltivazione delle piante medicinali che costituivano la maggioranza dei “semplici”, medicamenti provenienti dalla natura. Per tale ragione la denominazione primitiva dell’orto era “Giardino dei Semplici” (“Horti Simplicium”).

L’ateneo padovano (fondato nel 1222) era già largamente famoso per lo studio delle piante, in particolare modo per l’applicazione di queste alle scienze mediche e farmacologiche. Quando l’orto fu fondato regnava una grande incertezza circa l’identificazione delle piante usate dai celebri medici dell’antichità: erano frequenti errori e frodi, con gravissimi danni per la salute dei pazienti. L’istituzione di un horto medicinale fu sollecitata su richiesta di Francesco Bonafede, che allora ricopriva la cattedra di Lettura dei Semplici presso l’Università di Padova, per facilitare l’apprendimento ed il riconoscimento delle piante medicinali autentiche rispetto alle sofisticazioni. Nel 1545 un decreto del senato della Repubblica di Venezia ne approva la costituzione: i lavori sono immediatamente avviati.

L’orto botanico (o “Giardino dei Semplici”) di Padova in una litografia; sullo sfondo, la basilica di Sant’Antonio.
Il primo custode dell’orto è, nel 1547, Luigi Squalermo detto Anguillara, che fa introdurre 1800 medicinali. Nel 1551 all’Anguillara viene affiancato Pier Antonio Michiel, già creatore di un mirabile giardino privato, conoscitore e amatore delle specie vegetali ed autore di un eccellente erbario illustrato.

L’Orto per la rarità dei vegetali contenuti e per il prezzo elevato dei medicamenti che da essi venivano ricavati era oggetto di frequenti furti notturni, nonostante le severe pene comminate dalla legge. Per tale ragione fu edificato un muro di recinzione circolare, tutt’oggi visibile e caratterizzante da qui il nome di “Hortus Cintus”.

Nel corso dei secoli, l’Orto botanico di Padova è situato al centro di una fittissima rete di relazioni internazionali, esercitando un ruolo preponderante nell’ambiente della ricerca nello scambio di idee, di coscienze e di piante. Per tali motivazioni nel 1997 è stato inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO (World Heritage List), come bene culturale, costituendo una testimonianza eccezionale di una tradizione culturale inveterata da secoli (criterio iii) ed inoltre testimonia uno scambio di influenze cruciali nell’area culturale delle scienze botaniche (criterio ii); a tal proposito vedere le Linee guida operative della Convenzione del patrimonio mondiale. La motivazione in base alla quale l’orto botanico fu inserito nella lista dei patrimoni dell’umanità è la seguente:

“L’orto botanico di Padova è all’origine di tutti gli orti botanici del mondo e rappresenta la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia”.

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  • Patrimonio culturale Religioso

Sant’Antonio di Padova

Padova, Veneto

La Pontificia Basilica Minore di Sant’Antonio di Padova è uno dei principali luoghi di culto cattolici della città di Padova, in Veneto.

Conosciuta dai padovani semplicemente come il Santo, è una delle più grandi chiese del mondo ed è visitata annualmente da oltre 6,5 milioni di pellegrini, che ne fanno uno dei santuari più venerati del mondo cristiano. Non è comunque la cattedrale della città, titolo che spetta al duomo. In essa sono custodite le reliquie di sant’Antonio di Padova e la sua tomba.

La piazza del Santo, antistante, ospita il monumento equestre al Gattamelata di Donatello. Donatello realizzò anche le sculture bronzee (Crocifisso della basilica del Santo, statue e formelle di varie dimensioni) che Camillo Boito ha collocato sull’altare maggiore da lui progettato.

Ha la dignità di basilica pontificia. Con i Patti lateranensi, la proprietà e l’amministrazione del complesso antoniano furono cedute alla Santa Sede,[1] pur rimanendo territorialmente parte dello Stato italiano. L’attuale delegato pontificio è l’arcivescovo Fabio Dal Cin, prelato di Loreto e delegato pontificio del santuario della Santa Casa. Il governo pastorale e la gestione amministrativa della basilica di Sant’Antonio sono regolati dalla costituzione apostolica Memorias Sanctorum di papa Giovanni Paolo II del 12 giugno 1993,[2] la quale definisce i compiti e le relazioni tra la delegazione pontificia, i frati francescani e la Veneranda Arca di Sant’Antonio, che dal 1396 funge ininterrottamente da fabbriceria del complesso antoniano (le misure della basilica sono disponibili nella pagina “misure dell’interno). La basilica è retta dai francescani dell’Ordine dei frati minori conventuali.

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  • Culturale Materiale - Altro

Casa del Petrarca

Padova, Veneto

La Casa del Petrarca rappresenta una delle tappe obbligate per chi vuole visitare i Colli Euganei. Nel 1369 Francesco Petrarca decise di trasferirsi nel paese di Arquà, forse perché il luogo gli ricordava il paesaggio toscano a lui caro e qui trascorse i suoi ultimi anni di vita in totale pace e tranquillità.L’edificio originario pare che sia stato donato al poeta dall’amico Francesco I da Carrara, signore di Padova. Il Petrarca decise di occuparsi personalmente della ristrutturazione dell’abitazione; la parte inferiore (dominicale) fu pensata per sé e i suoi familiari, mentre quella superiore (rustico) venne destinata alla servitù. Il poeta si dedicò all’abbellimento del suo studio, alla cura del giardino e del brolo; in questo orticello il Petrarca amava trascorrere parte delle sue giornate.

Dopo la morte, avvenuta nel 1374, l’edificio e la sua biblioteca vennero ereditati dall’amato genero Francescuolo da Brossura. Successivamente la proprietà passò alla famiglia Giustinian ed altre famiglie veneziane, per essere infine donata dal Cardinale Silvestri al Comune di Padova nel 1875 , con la clausola di non concedere a nessuno di abitarvi.

Le modifiche più rilevanti all’immobile furono apportate alla metà del Cinquecento dall’allora proprietario Paolo Valdezocco, che voleva fare di esso un museo di reliquie e testimonianze petrarchesche. Furono aggiunte una loggetta e la scala esterna per accedere al primo piano – nella falsa convinzione che fosse quella la residenza più consona al grande poeta e ai suoi famigliari -, apportando variazioni anche alla distribuzione degli spazi interni.Lo stesso Valdezocco commissionò degli affreschi celebrativi raffiguranti la vita e il contenuto di alcune opere del poeta. La decorazione del salone centrale rappresenta scene ispirate a composizioni del Canzoniere, mentre la stanza dell’Africa rievoca le imprese di Scipione l’Africano contenute nel poema epico in latino intitolato appunto “L’Africa”; la stanza da letto denominata “di Venere” prende invece il nome dalla dea qui raffigurata accanto al dio Vulcano che forgia le frecce di Cupido.

Tra il 1906 e il 1985 sono stati attuati numerosi restauri conservativi ad opera del Comune di Padova, che hanno contribuito a rendere accessibile il luogo a un numero crescente di visitatori

Già in epoca tardo medievale la casa fu meta di pellegrinaggi di poeti ed ammiratori, motivati dalla cosidetta moda petrarchesca. Il fenomeno del petrarchismo si diffuse all’inizio del Cinquecento grazie all’opera del cardinale ed insigne letterato Pietro Bembo, il quale indicò quali modelli di perfezione della letteratura italiana il Petrarca per la poesia ed il Boccaccio per la prosa.L’attuale allestimento museale prevede al primo piano le seguenti sezioni: “La Casa di Francesco Petrarca”, “Iconografia del Petrarca e di Laura”, “Arquà e il territorio circostante”, “La tomba del Petrarca”, “Il mito della Casa: i registri dei visitatori”, “Il mito della Casa: le reliquie e le medaglie commemorative”.

Al piano terra, invece, è esposta una mostra fotografica che illustra le tappe principali della vita del Petrarca, gli itinerari e i soggiorni trascorsi nel Veneto.

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Eventi

Boschi a Natale

Altro

Comune: Caorle

Mese di inizio: Dicembre

Durata: 1 Giorni

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Apertura di Villa Giusti Suman di Zugliano

Culturale

Comune: Schio

Mese di inizio: Dicembre

Durata: 30 Giorni

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