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Comune di ALBOSAGGIA
Risalendo la pianura padana verso nord s’incontra la catena alpina delle Orobie che si estende tra le province di Bergamo, Brescia, Lecco e Sondrio. Al versante meridionale, che si presenta dolce con valli caratterizzate dall’articolata morfologia, si contrappone quello settentrionale, che scende ripido verso il fiume Adda segnato da profonde incisioni vallive perlopiù parallele. Su questo versante, che si specchia nella catena delle Alpi Retiche a nord, si estende il Parco delle Orobie Valtellinesi. Il suo confine superiore coincide con quello della provincia di Sondrio lungo lo spartiacque tra il monte Legnone, a ovest, fino al passo dell’Aprica, a est. Il confine inferiore si attesta mediamente intorno ai 1000 metri di altitudine. Un territorio straordinario per la diversità e la varietà dei suoi ecosistemi: rupi, ghiaioni e vallette nivali sulle cime, praterie alpine a scendere fino ai boschi di conifere e di latifoglie, ruscelli, laghetti e torbiere.
La formazione delle Alpi Orobie risale a circa venti milioni di anni fa, nel Miocene, durante l’Orogenesi Alpina. La maggior parte della catena è formata da rocce di origine metamorfica, come gneiss, micascisti e filladi, mentre solo lungo lo spartiacque affiorano rocce di tipo sedimentario. L’attuale morfologia delle valli orobiche è il risultato dell’azione congiunta di fenomeni diversi, a cominciare dall’azione dei ghiacciai e delle acque, che hanno determinato l’erosione dei versanti. I torrenti hanno lasciato segni evidenti nelle profonde forre modellate nel tratto conclusivo, prima di sfociare nell’Adda. Ai ghiacciai si devono i caratteristici profili a ‘u’ dei tratti più in quota delle valli, le rocce montante e i numerosi laghetti. La diversa composizione del substrato, la morfologia variegata e l’elevata escursione altimetrica delle Orobie sono all’origine dei diversi ambienti che le distinguono da altre zone montante, ciascuno caratterizzato da una particolare componente vegetale e animale.
Le Orobie valtellinesi conservano i segni del glorioso passato che le ha caratterizzate quale via privilegiata per i traffici commerciali tra i due versanti e per le attività agricole e pastorali. Storia e tradizioni rivivono lungo l’antica Via Priula, transitabile dal 1593, quando la Valtellina era dominata dai Grigioni e la valle Brembana dalla Repubblica veneta. Gli scambi commerciali erano vitali per un’economia povera, fondata sull’agricoltura, che non garantiva il necessario sostentamento alle popolazioni delle valli orobiche. Durante la Prima guerra mondiale, su queste montagne venne realizzato un imponente apparato difensivo, noto con il nome di Linea Cadorna, che attraversava trecento comuni dal lago Maggiore al pizzo del Diavolo. I resti delle trincee sono visibili in val Gerola e al passo del Verrobbio. Della storia locale fa parte anche l’Homo Selvadego, il protagonista di leggende popolari raccontate davanti al fuoco nelle gelide serate invernali. La sua immagine si ritrova dipinta sui muri all’interno di un edificio a Sacco, in val Gerola, oggi diventato un museo.
Il prodotto tipico che più di ogni altro rappresenta le Orobie valtellinesi e, in particolare, le valli di Albaredo e di Gerola, è il formaggio Bitto, la cui lavorazione risale ai Celti, oggi riconosciuto con la Dop, la Denominazione di origine protetta. Prodotto soltanto nel periodo estivo sugli alpeggi con il latte delle mucche di razza bruna alpina, si gusta quale prelibato formaggio da tavola o come prezioso ingrediente dei rinomati piatti della cucina valtellinese. Gli allevatori delle Orobie hanno sviluppato nei secoli la loro abilità nell’arte della caseificazione. Oltre al formaggio Bitto sono rinomati una variante della ricotta, qui nota come maschèrpa, e il matusc. Rinomato è anche il miele d’alta montagna, prodotto sopra i mille metri di quota, e il monoflorale al rododendro, la cui disponibilità risente dell’andamento climatico. Tra i dolci è diffusa la tradizionale bisciola, una pasta lievitata con frutta secca.
Nelle Orobie valtellinesi crescono rigogliosi boschi di latifoglie alle quote inferiori e di conifere più in alto, favoriti dall’esposizione settentrionale del versante e dalle abbondanti precipitazioni. L’abete rosso è l’albero più diffuso del Parco, l’abete bianco e il faggio prevalgono nel settore occidentale, il larice e il pino cembro alle quote più elevate. Rododendri, ontani e ginepri segnano il passaggio dalla foresta alla prateria alpina che, durante la stagione estiva, si colora delle loro vistose fioriture. Vere e proprie perle botaniche sono la Sanguisorba dodecandra, lungo i corsi d’acqua a est, e la Viola Comollia, una rarità nei ghiaioni d’alta quota, e la Androsace Brevis, che cresce nelle pietraie colorandole con i suoi petali dal rosa al viola. Gli ambienti rupestri e quelli periglaciali ospitano specie che si adattano a condizioni estreme come le sassifraghe, Corydalis lutea e Ranunculus glacialis.
La fauna del Parco ha il suo emblema nel gallo cedrone, che qui trova luoghi ancora adatti alla riproduzione; l’uccello schivo e prudente è il simbolo del Parco. Passeggiando sulle Orobie è possibile incontrare caprioli, camosci e stambecchi, animali tipici delle Alpi che qui trovano il loro habitat. I boschi di conifere così ben conservati sono scelti da animali molto esigenti come il picchio nero, le due specie di civette, nana e capogrosso, la martora che difficilmente si adattano. Alcune pareti rocciose ospitano il nido dell’aquila reale, mentre una delle prede favorite dal rapace, la marmotta, abita le praterie d’alta quota. . A tutti gli animali le Orobie garantiscono le condizioni ideali per vivere e riprodursi.
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