Teatro Luigi Mercantini

Comune di RIPATRANSONE

  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

Il Teatro Mercantini venne realizzato a seguito di incarico che venne conferito dal Comune all’architetto ticinese Pietro Maggi nel 1790 per lo studio di un progetto, che prevedesse la realizzazione di nuovi spazi all’interno dell’involucro rappresentato dal trecentesco Palazzo del Podestà. Progettista nativo della Val di Muggio, nei pressi di Mendrisio, si stabilì nelle Marche, al seguito del padre Carlo Maggi: fu molto attivo nella progettazione di architetture civili, in particolare a destinazione teatrale, quali il Teatro Serpente Aureo di Offida ed il Teatro dell’Arancio di Grottammare. Si procedette alla apertura del teatro nel 1824, seppure incompleto dell’ultimo ordine dei palchetti, oltre che del suo sistema di copertura definitivo. In una seconda fase, venne assegnato nel 1837 l’incarico all’architetto Francesco Bassotti, che ne seguì i lavori di completamento fino alla sua apertura definitiva, avvenuta nel 1843: è con la Lucia di Lammermoor del compositore lombardo Gaetano Donizetti che si celebrò una delle più importanti pagine della storia ripana. E’ poi nel 1894 che il teatro venne intitolato al poeta risorgimentale Luigi Mercantini. Gli spazi teatrali sono accessibili dal portico del Palazzo del Podestà, spesso noto come degli Anziani, caratterizzato da una sequenza di archi a tutto sesto su pilastri

in pietra, la cui simmetria è definita da un arco a sesto acuto. La facciata principale del palazzo venne integrata sul finire del XIX secolo da due quinte laterali confermando tendenze neomedievali, con una funzione di profonda caratterizzazione della simmetria ottenuta. Il foyer e la sala, oltre agli ambienti complementari, sono ricavati al livello superiore del palazzo. La sala presenta la tipica pianta a ferro di cavallo, che ricalca l’impostazione planimetrica del Teatro Serpente Aureo di Offida, terminato alcuni anni prima. Forte caratterizzazione della sala è data dal plafone, decorato con motivi floreali e con una serie di medaglioni, alcuni dei quali raffiguranti i volti di Gioacchino Rossini, di Giuseppe Verdi, di Vittorio Alfieri, di Vincenzo Bellini, di Calco Goldoni, ed infine di Pietro Metastasio. Indotto a chiusura nel 2008, è stato recentemente sottoposto a lavori di restauro e adeguamenti impiantistici, i quali hanno permesso di ottenere anche la completa accessibilità ai fruitori diversamente abili. Viene riaperto il 14 aprile 2012 sulle note del Canto degli Italiani, di Goffredo Mameli.

Gli del luogo

Teatro Luigi Mercantini

Turista

culturale

  • Turista

    culturale

NAVIGA PER PUNTI DI INTERESSE

Esplora il territorio

Scopri le attrazioni più interessanti

  • Patrimonio culturale Religioso

Santa Maria della Rocca

Offida, Marche

Inizialmente al suo posto si trovava un castello di età longobarda con annessa una chiesa di piccole dimensioni, appartenente a Longino D’Azzone, signore offidano di origine franco-tedesca. Nel 1039 il castello e la piccola chiesa vennero donati all’abbazia di Farfa e quindi entrarono in possesso dei monaci benedettini.
Come testimoniato da un’epigrafe, nel 1330 vennero effettuati dei lavori che prevedevano la demolizione del castello e la costruzione di una chiesa più grande. La chiesetta più antica venne inglobata all’interno di quella nuova, creando così dei corridoi laterali attualmente visibili nella cripta, uno dei quali fu utilizzato come zona di sepoltura a partire dal XVI secolo.
All’interno della cripta, che si estende per tutta l’area del piano superiore, ci sono numerose colonne in laterizio con capitelli smussati agli angoli che sorreggono arcate a sesto acuto e a tutto sesto.
Ancora è conservata una parte degli affreschi, attribuiti al Maestro di Offida, raffiguranti i cicli di S. Caterina di Alessandria, S. Lucia e diversi altri Santi e Vergini in trono.
La chiesa superiore, ad una sola navata, presenta tracce di affreschi che un tempo rivestivano completamente le pareti. Ben conservati sono quelli del catino absidale raffiguranti profeti, angeli musici e Sante Vergini, opera del maestro milanese Ugolino di Vanne. Sul lato opposto una deposizione, una crocifissione ed una Madonna con Bambino e Santo, unico affresco di età rinascimentale, attribuito a Vincenzo Pagani.

Per maggiori informazioni:
http://www.turismoffida.com/santa-maria-della-rocca.html

Scopri di più arrow-right
  • Museo

Il Merletto di Offida e Museo del merletto

Offida, Marche

L’arte del merletto a tombolo costituisce in Offida una tradizione tipicamente femminile che si fa risalire al XV secolo, allorché iniziò a diffondersi presso i ceti popolari, per poi passare alle comunità religiose e alle famiglie aristocratiche intorno al XVII secolo. In particolare fu ad opera delle suore Benedettine, giunte ad Offida nel 1655, che la pratica del merletto acquistò il carattere di massa. I merletti più antichi di Offida che si conoscono sono quelli risalenti al XV secolo che ornano i camici di S. Giacomo della Marca e di S. Giovanni da Capistrano conservati dai monaci di Monteprandone (AP). Diversi sono i documenti che testimoniano una considerevole produzione artigianale di merletti offidani attraverso i secoli. E ancora oggi, specie durante la stagione estiva, è uno spettacolo osservare le donne offidane, sedute presso l’uscio di casa, intente al lavoro del merletto a tombolo.

Le lavorazioni più in uso sono: il punto Rinascimento, il punto Venezia e il punto antico.

Dall’estate 1983 il visitatore che giunge ad Offida può ammirare, all’inizio del centro storico, il monumento alle merlettaie, opera dello scultore Aldo Sergiacomi, costituito da un gruppo bronzeo raffigurante una bambina, un’adulta e un’anziana intente a lavorare il merletto.

Esiste inoltre un Museo del merletto che raccoglie i pezzi più pregiati del merletto a tombolo offidano e che ospita ogni anno l’esposizione dei lavori che partecipano al concorso “Il Fusello d’Oro”.
Il Museo del merletto di Offida, nato nel 1995-96 e gestito dalla Cooperativa Oikos in collaborazione con la Pro Loco ed il Comune di Offida, è allestito nell’antico Palazzo Castellotti, in pieno centro, che ospita anche altre raccolte museali. Nelle sette sale, oltre a corredi del Settecento e dell’Ottocento di famiglie nobili e dell’alta borghesia locale, sono esposti alcuni abiti da sera; di particolare interesse un abito di alta moda, disegnato da B. Borzacchini e indossato da Naomi Campbell in una sfilata a Londra nel 1997, realizzato tra l’altro con frange costituite da fuselli in avorio. Di rilievo il fatto che alcuni dei corredi esposti sono stati donati, altri sono solo in prestito da parte di famiglie offidane.
Presso il museo sono stati istituiti e si svolgono corsi di merletto (un corso regionale due anni fa, l’anno scorso un corso della provincia di Ascoli Piceno, entrambi con rilascio di attestati). Tutte le mattine poi sono attivi laboratori didattici per le allieve delle scuole elementari, medie e superiori. E’ allo studio un progetto per la realizzazione di corsi regionali di perfezionamento su tema (pizzo antico, animali fantastici, fiori con petali in rilievo).

Scopri di più arrow-right
  • Patrimonio culturale Religioso

Palazzo della Signora – Museo Diocesano

Montalto Delle Marche, Marche

Sul lato nord della piazza centrale della Città dedicata a Sisto V, si trova il palazzo della Signora eccellentissima donna Camilla sorella del Papa Sisto V, sulle cui fondamenta verrà in seguito eretto il Seminario. Sulla torretta con l’orologio, a sinistra, possiamo leggere la dicitura ‘Il tempo è moneta’, aforisma dello scrittore tedesco e premio Nobel Thomas Mann; a destra: ‘Prega e lavora’, l’ora et labora di San Benedetto da Norcia e A.M. D.G., Ad maiorem Dei gloriam, frase che si trova per la prima volta nei Dialoghi di San Gregorio Magno e che S. Ignazio di Loyola volle per la Compagnia di Gesù.
Oggi l’ex Seminario è sede del Museo Sistino vescovile di arte sacra, dove sono custoditi preziosi paramenti sacri, artistici oggetti liturgici, reliquiari, dipinti, ritratti dei Vescovi della Diocesi di Montalto; vi sono esposte anche alcune antiche pergamene.

Scopri di più arrow-right
  • Monumento

Monumento a Sisto V

Montalto Delle Marche, Marche

All’ingresso del Paese da sud-est, svetta l’opera scultorea in bronzo realizzata da Pericle Fazzini e dedicata al più illustre cittadino Montaltese: Felice Peretti Papa Sisto V.
Pericle Fazzini nasce il 4 maggio del 1913 nella vicina Grottammare dove, già da piccolo, assisteva il padre intagliatore nella sua attività, rivelando un precoce talento. Il suo nome viene associato alla famosissima “Resurrezione“, la scultura che troneggia nella “Sala Nervi” in Vaticano. L’opera montaltese, inaugurata il 23 novembre 1986, è stata l’ultima realizzata dall’artista, solo pochi mesi prima dalla sua scomparsa nel 1987.
Il Monumento a Sisto V si caratterizza, oltre che per l’elevata rilevanza artistica, anche per la modernità e l’avanguardia: si tratta infatti di una struttura che ruota su se stessa proiettando il profilo sistino a 360° su panorami sempre diversi durante le ore del giorno.

Scopri di più arrow-right
  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Palazzo Paradisi – Chiesa di San Pietro e Belvedere

Montalto Delle Marche, Marche

La maestosa struttura che si erge sopra la piazza centrale è l’antico Castello della Rocca, costituito dalla storica Porta Marina, dall’edificio principale e dalla chiesa di S. Pietro. Il libro Il Libro d’Oro della Città di Montalto identifica Gianfrancesco Paradisi come capostipite della famiglia, nell’ambito dell’aristocrazia di Montalto ed è elencato negli Statuti Comunali del 1586. In realtà, la famiglia Paradisi vive a Montalto da tempo immemorabile. Nel 1461 Menicuccio (Domenico) Paradisi è citato nei conti comunali. L’attigua chiesa di S. Pietro, in origine cappella del palazzo, restaurata nel 1606 per ospitare le spoglie del primo vescovo di Montalto, monsignor Paolo Emilio Giovannini, si affaccia su una delle terrazze panoramiche di Montalto: il Belvedere. Il complesso comprendeva l’antico teatro della Rocca o Teatro de’ Nobili, purtroppo demolito negli anni ’60. Fu centro di attività culturali, ricreative e teatrali, patrocinato soprattutto in tempi più recenti dalla contessa Fanny che molti ancora ricordano. Fanny è stato l’ultimo della linea di famiglia e l’intero edificio, totalmente abbandonato, è stato acquistato dal Comune nel 1990 e in gran parte restaurato con successivi finanziamenti. Attualmente è adibito a manifestazioni e mostre

Scopri di più arrow-right
  • Parco

Giardini di Villa Seghetti Panichi

Colli Del Tronto, Marche

Il complesso, conosciuto anche con la denominazione di “Villa Odoardi Seghetti”, sorge in prossimità di Castel di Lama sul crinale collinare che, nella bassa vallata del Tronto, guarda la sponda sinistra del fiume e il tracciato storico della via Salaria.
Nel XVIII secolo, inglobando i resti della fortificazione precedente, Odoardo Odoardi fece realizzare la villa, che però all’epoca ancora non possedeva un giardino. Verso la fine del secolo successivo, Vincenzo Carfratelli Seghetti acquistòla villa e fece realizzare il giardino, tra il 1875 e i 1890, affidandolo a un personaggio di spicco nell’ambito europeo: il grande paesaggista tedesco Ludwig Winter.
Il parco è testimonianza del suo grande amore per i palmizi. Si può ammirare un raro esemplare di Jubaea spectabilis, numerose Phoenix canariensis e Ph. dactilifera, Heritea armata dal color blu argento, monumentali Washingtonia filifera, Chamaerops humilis e gruppi di Yucca gloriosa e Cordyline australis.
Il parco si segnala come il primo giardino storico italiano
con rilevamenti di vaste aree bioenergetiche. I rilevamenti di elettromagnetismo sono durati due anni. Camminando in una piacevole cornice naturale e sostando in luoghi calmi e rasserenanti, si può usufruire di un percorso che suggerisce al visitatore una verifica concreta dei particolari effetti benefici generati dalle varie specie di piante. Alcune sono tipiche del paesaggio marchigiano, per esempio faggi rossi e querce. Altre, soprattutto attorno al morbido laghetto, sono orientali: dorati Ginkgo biloba, Prunus rosa del Giappone che, primi a fiorire, sono messaggeri della primavera, un leggero Taxodium disticum ed una Sophora japonica ‘Pendula’. Nello specchio d’acqua inoltre vivono ninfee e fiori di loto bianchi.
Sul retro, in mezzo ad un laghetto, si erge una delicata statua di travertino settecentesca raffigurante Venere e Amore che si cingono la mano.
Come in ogni giardino di Winter, infine, anche qui esiste un piccolo angolo dedicato alla meditazione: il “romitorio”, luogo che offre pace e interiorizzazione a ciascun visitatore.

Scopri di più arrow-right
  • Museo

Il Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera

Ripatransone, Marche

Il Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera ospita diverse collezioni. Il percorso della pinacoteca si snoda a partire dal piano terra con la Sala degli Affreschi per proseguire con la Galleria dei Ritratti nel vano dello scalone che collega al piano nobile. La Sala Crivelli è dedicata al grande pittore veneto marchigiano Vittore Crivelli cui si devono alcuni dipinti quali La Madonna col Bambino in trono. Nella Sala Coghetti sono esposti i bozzetti di Francesco Coghetti. La raccolta illustra la produzione dell’artista che elaborò un linguaggio pittorico eclettico.
Nel Salone delle Feste, il cuore architettonico del palazzo, è esposta la collezione di ceramiche che offre agli occhi dei visitatori un’interessante raccolta delle ceramiche Castelli.
La Galleria d’Arte Contemporanea si compone di opere di autori contemporanei quali Pericle Fazzini, Remo Brindisi, Mino Maccari, Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Antonio Corpora, Umberto Mastroianni, Emilio Greco.

La concretizzazione del nuovo Museo del Risorgimento “Luigi Mercantini” ha preso avvio intorno alla donazione fatta alla
comunità di Ripatransone dall’onorevole Alceo Speranza che dedicò quarant’anni della propria vita alla valorizzazione del poeta. Gli oggetti sono stati esposti secondo un percorso cronologico. Con il progetto “Il museo di tutti e per tutti” è stato ripristinato il funzionamento dei cassetti tattili e sono state realizzate schede di sala in braille; inoltre, è in attivazione il servizio di visita guidata con interprete LIS (a pagamento).

La Raccolta storico-etnografica è esposta in buona parte nelle teche originarie. La collezione è costituita da circa settecento pezzi, prevede un percorso che illustra le testimonianze dei cinque continenti permettendoci di compiere un viaggio alla scoperta non solo del fascino dell’esotico, ma anche delle tradizioni europee.
La Gipsoteca Gera è dedicata a Uno Gera, donatore del palazzo e di numerosi pezzi dell’attuale pinacoteca. Nella sala sono esposte le opere da lui realizzate. La collezione espone interessanti bozzetti di studio, tra i quali si notano la serie del fanciullo, piacevoli oggetti in bronzo e statue diverse.

Scopri di più arrow-right
  • Tradizione

Il carnevale di Offida “Lu bov fint” e “Li Vlurd”

Offida, Marche

La concezione del Carnevale è profondamente radicata nella popolazione offidana, tanto che le feste carnevalesche tendono ad avere un carattere di ritualità, che permea l’intera città.
Il Carnevale offidano si svolge ogni anno secondo un rituale fissato dalla tradizione: inizia ufficialmente il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, e termina il giorno delle Ceneri.

Il giorno della “Domenica degli Amici”, che precede di due settimane il carnevale, la fanfara della “Congrega del Ciorpento” esce rumorosa dal portone del cinquecentesco palazzo Mercolini per annunciare che si è entrati in pieno clima carnevalesco.
Le Congreghe, che hanno lo scopo di aggregare, tra loro, in genere parenti e amici, desiderose di partecipare alla baldoria carnevalesca, iniziano il giro del paese a ritmo di musica sempre più incalzante in prossimità del clou della festa.
Esse hanno un ruolo fondamentale nello svolgimento dell’evento, la mattina del Giovedì Grasso ricevono in consegna, dal Sindaco, le chiavi della città e, da quel momento, il paese è simbolicamente nelle loro mani, così che tra allegria ed euforia le congreghe si impossessano della città.

Seguono i “veglionissimi” del sabato, domenica e lunedì presso Il Teatro Serpente Aureo, la mascherata dei bambini del giovedì grasso, la caccia a “Lu Bov Fint” (il bove finto) del venerdì, la festa in piazza che dura tutto il pomeriggio del martedì grasso che si conclude con la fantasmagorica sfilata dei “Vlurd”.

Persone dei paesi vicini e turisti, per l’occasione, giungono ad Offida, non per assistere da spettatori a sfilate di grandiosi carri allegorici, ma per essere coinvolti in un’autentica festa di popolo dove, quasi attori di rappresentazioni il cui valore simbolico cede più a quello reale delle forze vitali e istintive.

L’ultimo giorno (martedì grasso) di Carnevale tutti in Offida si mascherano, alcuni sbucando da ogni parte con indosso il tipico “guazzarò” (saio di tela bianca con fazzoletto rosso al collo), altri mascherati con costumi più diffusi ma col viso tinto di vari colori, per inondare la piazza e scorrazzare per le strade tra urla, danze, scherzi di ogni sorta e lanci di coriandoli.
Centinaia di uomini e donne mascherati, con lunghi fasci di canne accesi sulle spalle, in fila indiana, tra urla e danze selvagge, percorrono il Corso che sembra uno strisciante serpente fiammeggiante, quindi inondano la piazza principale al cui centro dispongono i “bagordi” ancora in fiamme; le maschere come impazzite corrono a cerchio intorno al falò mentre urla e canti si fondono tra vortici di fumo e miriadi di scintille di fuoco brillanti nell’aria. Quando il fuoco pagano che incendia la piazza con il rito bacchico dei “Vlurd” si spegne, torna sovrano il silenzio, foriero di pace quaresimale.

Il bove finto
Il venerdì grasso, a partire dal primissimo pomeriggio, un rudimentale bove costituito da un’intelaiatura di legno e ferro, coperta da un panno bianco e portato a spalle da un paio di uomini, comincia a girovagare per le vie centrali del paese fino ad arrivare in piazza dove la folla, vestita con il guazzarò, una semplicissima veste bianca e larga una volta usata per i lavori di campagna, istiga il bove con urla e schiamazzi dando origine a movimenti che ricordano molto una corrida. Il caos originato dai cambi di direzione improvvisi, rincorse e urla della folla generano anche momenti di tensione e di panico in genere risolti con ilarità anche grazie all’altro ingrediente fondamentale della festa che è il vino rosso, copiosamente consumato da tutti i partecipanti. Con il buio la stanchezza e l’annebbiamento dettato dalle ripetute bevute, la festa ha termine con la simbolica uccisione del bove al quale vengono fatte toccare le corna su una colonna del palazzo municipale. L’atto finale è una processione del bove morto per le vie del paese cantando l’inno del carnevale offidano.

I Vlurd
Col termine vlurd si indicano dei fasci di canne imbottiti di paglia, di lunghezza variabile, che vengono accesi e portati a spalla da centinaia di uomini e donne mascherati con i guazzarò, lungo le vie del paese la sera del martedì grasso. Il crepuscolo e l’atmosfera ancora medievale del centro abitato, danno a questa processione di fasci incendiati portati da persone mascherate una suggestione particolarissima. La processione disordinata finisce nella piazza centrale dove viene appiccato un grande falò. Fino allo spegnimento dello stesso si dà inizio a balli sfrenati con i quali si determina la fine del carnevale. Vlurd ha un’etimologia comune al termine bagordo, col quale si indicava allo stesso tempo la giostra notturna (quindi legata alla festa, alla gozzoviglia, al bagordo) ed il fascio di canne che tipicamente serviva ad illuminarla.

Scopri di più arrow-right
  • Museo

Museo Civico Archeologico C. Cellini

Ripatransone, Marche

Il Museo Civico Archeologico “Cesare Cellini” di Ripatransone ha sede al pianterreno del Palazzo Comunale, a fianco della biblioteca. Il museo risale all’anno 1877 quando il reverendo Cesare Cellini (1832-1903) donò al Comune la sua vasta collezione di reperti archeologici. Si aggiunsero, poi, altre donazioni di famiglie locali, aumentando notevolmente la raccolta.
Il museo, riallestito circa un decennio fa, può contare su circa cinquemila reperti (compresi i pezzi conservati nel Deposito e quelli di provenienza esterna conservati nella Biblioteca), dei quali soltanto un 10% è stato esposto nelle tre sezioni
(preistorica, protostorica, e romana) che occupano le sette sale dell’attuale spazio espositivo.

Due terzi circa dell’intero materiale risulta appartenere alla pre-protostoria. Molto significativi, in quest’ultimo contesto, appaiono i manufatti metallici e ceramici della civiltà Picena. Il materiale archeologico d’età romana (monete, terracotte, lucerne, sculture, epigrafi) rappresenta quasi un terzo della raccolta museale, nella quale spiccano urne cinerarie cilindriche e sculture provenienti dall’antica Cupra Marittima. La quasi totalità dei materiali archeologici sembra provenire dal territorio ripano che, in età romana, faceva parte del più vasto ager di Cupra Maritima (odierna Cupra Marittima).

Scopri di più arrow-right
  • Patrimonio culturale Religioso

Chiesa di San Filippo Neri

Ripatransone, Marche

La Chiesa di S. Filippo e dell’Immacolata Concezione, ubicata tra via Consorti e via Margherita, fu edificata tra il 1680 e il 1722 su progetto dell’architetto romano Francesco Massari, allievo e collaboratore del Borromini, e portata a termine dall’architetto-pittore Lucio Bonomi che si occupò di curare la sobria immagine finale del tempio.
L’interno presenta una ricca decorazione architettonica in ori e stucchi, opera del milanese Mastro Tobia e del perugino Lorenzo Vibi. La chiesa fu realizzata a croce latina e ad unica navata con paraste corinzie che scandiscono le cappelle laterali centinate con volte a botte e un transetto particolarmente sporgente rispetto alla maggior parte delle chiese oratoriane marchigiane. L’altare maggiore risale al 1843 ad opera di Gaetano Ferri e presenta una statua dell’Immacolata mentre in precedenza ospitava il prezioso dipinto, probabilmente realizzato da Lazzaro Baldi, su disegno di Pietro da Cortona, oggi collocato sul transetto. Nella parte del transetto è possibile ammirare alcune tele di Ubaldo Ricci da Fermo (prima metà ‘700): la cappella dedicata a San Gaetano da Thiene, il San Francesco di Paola e la Madonna col Bambino e San Filippo, pala del monumentale altare in legno dorato della cappella sinistra del transetto.
Nella terza cappella a sinistra si trova l’unico altare marmoreo della chiesa che racchiude alcune reliquie di S. Filippo contenute in urne e in due busti del Santo; nella seconda cappella, eretta nel 1725 dalla famiglia Recco, è rappresentato il Transito di San Giuseppe. La cripta ospita dal 1996 il Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana del medio Piceno.

Scopri di più arrow-right
  • Patrimonio culturale Religioso

Cattedrale di Santa Maria Assunta

Montalto Delle Marche, Marche

Felice Peretti di Montalto, divenuto Papa nell’aprile 1585 col nome di Sisto V, nel novembre 1586 eleva a Diocesi la Città di Montalto e dichiara Cattedrale la Collegiata di S. Maria intus Civitatem.
Per costruire la nuova Cattedrale Sisto V fece addirittura spianare un colle e, per riempirne le fondamenta, si servirà delle pietre vive cavate dal monte.
Il 29 maggio 1589 viene piantata una croce sul luogo in cui sorgerà l’Altare Maggiore. La Cattedrale sorgerà proprio nel punto ideale di saldatura tra il vecchio borgo e la nuova Città progettata dall’architetto Girolamo Rainaldi coadiuvato dal maceratese Pompeo Floriani, quale massima espressione del centro pastorale della Diocesi, monumento e simbolo per un vasto territorio che dai Monti Sibillini va verso la costa adriatica. La posa della prima pietra è del 30 maggio 1589, festa di S. Felice e giorno onomastico di Sisto V, e alla morte del Papa, la sera del 27 agosto 1590, la costruzione aveva già raggiunto il livello della piazza con il completamento delle volte.
Poi i lavori procederanno a stento e sarà determinante il contributo del modenese Girolamo Codebò quinto Vescovo di Montalto. Notevoli apporti alla prosecuzione dei lavori verranno dagli altri Prelati della Diocesi, fino a quando Eleonoro Aronne, Vescovo dal 1847 al 1887, affida il progetto della cupola, torre e portico all’architetto Luigi Poletti di Modena, noto per aver curato la riedificazione della Basilica di S. Paolo fuori le mura a Roma.
Con una superficie di quasi 1800 mq, la Cattedrale si apre sulle quattro vie che oggi vi concorrono. Il portico, progettato dall’architetto Luigi Poletti di Modena e completato sul finire del XIX sec., spezzerà in parte l’originaria prospettiva scenica. Dovendo edificare il tempio partendo da un sito a ripido pendio, viene progettata la chiesa inferiore a croce greca, sostegno di quella superiore a croce latina. La torre ospita un concerto di sei campane: la più antica, del 1263, proveniente dal Convento di San Francesco delle fratte, la più grande, il cosiddetto ‘campanone’, del peso di circa 10 quintali, proviene dalla antica cattedrale S. Maria ad collem.
La decorazione interna è opera di Luigi Fontana di Montesampietrangeli, pittore, scultore, architetto, accademico di S. Luca e acuto osservatore dei grandi maestri del ‘500 italiano. A buona parte della spesa provvide il Card. Carlo Sacconi. Questi, già Nunzio Apostolico a Parigi dal 1853, arricchì la Cattedrale di alcuni pregevoli vasi sacri in argento dorato, dono di Napoleone III. Dedicata all’Assunta, tutto il contenuto pittorico mira alla celebrazione della Vergine; l’intero Cantico del Magnificat è riportato lungo la base delle volte. Nel tamburo della cupola quattro scene bibliche tratte dall’Antico Testamento e nei pennacchi i quattro Profeti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele. Nella volta della navata centrale, tra gli stemmi del Card. Carlo Sacconi, del Vescovo Aronne e il leone dello stemma sistino a ricordo del Fondatore, sono rappresentate le scene dell’Annunciazione, l’Immacolata Concezione e la Visita a S. Elisabetta. Nelle lunette ai lati dell’Altare Maggiore, a sinistra S. Luca evangelista con il bue, l’animale dei sacrifici che allude alla Passione di Cristo e, secondo la tradizione, l’immagine da lui dipinta della Vergine Maria col Bambino; a destra S. Giovanni che uscì incolume dal calderone di olio bollente durante la persecuzione di Domiziano, con l’aquila che vola più in alto rispetto agli altri uccelli, così come l’Evangelista si distingue teologicamente e misticamente, a simboleggiare l’Ascensione del Signore. Situati tra i due pilastri antistanti l’attuale Cappella della Sacra Famiglia, erano gli stalli dei magistrati, riservati ai componenti della Civica Magistratura quando, in forma ufficiale e solenne, assistevano alla sacra liturgia. Alla Magistratura spettavano onori e distinzioni particolari, regolate da apposito cerimoniale. Nel braccio sinistro del transetto la Cappella di S. Vito martire, Protettore di Montalto dal 26 agosto 1646; in quello destro la cappella del SS.mo Sacramento con un pregevole dipinto raffigurante l’Ultima Cena. Nella chiesa inferiore, è poi possibile ammirare un artistico Presepe permanente, la riproduzione della Grotta di Lourdes e il plastico gruppo in gesso della Deposizione di Cristo dell’artista ascolano Giorgio Paci, nel luogo che Sisto aveva individuato per trasferirvi il Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Scopri di più arrow-right
  • Culturale Materiale - Altro

Teatro Serpente Aureo

Offida, Marche

In origine il teatro si trovava all’interno della Sala Consiliare del Palazzo Comunale e, ancora oggi, non ha una facciata propria, ma si accede ad esso dall’ingresso posto sotto il porticato del Municipio stesso. Fu realizzato nel 1820 su progetto dell’architetto Pietro Maggi e poi rimodernata nel 1862. Presenta una pianta a ferro di cavallo in pieno stile barocco, con 50 palchi distribuiti su tre ordini con loggione e platea. I decori con stucchi ed intagli dorati su fondo verde sono opera di G. Battista Bernardi, offidano (sec. XVIII-XIX), mentre la volta, raffigurante Apollo e le Muse, venne
dipinta da Alcide Allevi (1831-1893). Attorno, otto medaglioni raffigurano i più illustri autori della lirica e della prosa: Pergolesi, Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini, Alfieri, Goldoni, Metastasio. Il tutto è dominato da un artistico lampadario con globi di cristallo. Sul palcoscenico si conserva ancora il vecchio sipario con dipinta la leggenda del mitico Serpente d’Oro. Varie le modifiche strutturali succedutesi nel 1900.

Scopri di più arrow-right
Skip to content