Marina di Petrolo
Hotel
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Castellammare del Golfo, Sicilia
1 corone +
agrigento, castellammare del golfo, lampedusa, ragusa, san vito lo capo, santa croce camerina, scicli
Scopri tutti i comuni del territorioIl 6 maggio 1999 andava in onda su Rai 2 la prima puntata de “Il Commissario Montalbano”, la prima di 37 episodi suddivisi in 15 stagioni distribuiti in oltre 20 Paesi. Ispirati ai romanzi di Andrea Camilleri, più che di semplici episodi si tratta di film TV a se stanti, che per trama, forza dei personaggi e soprattutto fascino delle ambientazioni hanno saputo creare un importante fenomeno turistico nelle destinazioni interessate come set.
Già le immagini che accompagnano la sigla iniziale offrono vedute dall’alto di tre delle location più sfruttate, Vigata, Montelusa e Marinella, nomi di fantasia che nella realtà identificano Ragusa Ibla, Scicli e Punta Secca, il piccolo borgo marinaro frazione di Santa Croce Camerina dove la fiction situa la casa del protagonista. Non solo il ragusano; a volte il commissario Montalbano lascia i comuni iblei per estendere le sue indagini in giro per la sua amata Sicilia. Questi siti sono diventati oggi mete di tendenza per un pubblico internazionale che vuole letteralmente rivivere con i propri occhi i luoghi e le atmosfere descritte nelle pagine di Camilleri.
Negli ultimi anni sono stati strutturati veri e propri tour organizzati che fanno tappa a “Marinella” e dintorni, regalando suggestioni cinematografiche, fra fiction e realtà. Per esempio, a Scicli, all’interno del Palazzo del Comune si trovano gli ambienti del Commissariato di Vigata e l’ufficio del Questore di Montelusa, mentre poco più in là ci si cala nelle atmosfere settecentesche dello splendido Palazzo Spadaro, usato in un paio di episodi.
Dati ottenuti tramite l’analisi delle recensioni sul web
Le attività del turista culturale
Come parte del sito Unesco denominato “Città tardo-barocche della Val di Noto”, Ragusa è una meta imprescindibile in un viaggio alla scoperta dell’affascinante Sicilia. Per prima cosa, Ragusa ha due anime, la cosiddetta “Città Alta”, e “Ragusa Ibla”, che insieme ripercorrono quasi quattromila anni di storia. Evento cardine della sua esistenza fu, come per gran parte dei centri abitati della Sicilia Orientale, il terremoto del 1693, catastrofe che uccise quasi 5.000 persone e rase al suolo molti edifici. Nacque così “Ragusa Superiore”, o Alta, mentre l’aristocrazia si impegnò alla ricostruzione della parte antica, vale a dire “Ragusa Ibla”. L’elemento architettonico barocco che è oggi la “fotografia” principale della destinazione si ritrova soprattutto nella “Città Alta”, attorno alla Cattedrale di San Giovanni Battista, dei primi del XVIII secolo, straordinaria quinta teatrale diventata famosa nel mondo grazie a serie televisive come “Il commissario Montalbano”, ispirata ai romanzi dell’agrigentino Andrea Camilleri. Vicino alla Cattedrale si trova il Museo Archeologico Regionale Ibleo, con una ricca raccolta di manufatti che vanno dal periodo preistorico a quello tardo romano
Le attività del turista Enogastronomico
Ha quasi quattro secoli di storia la scaccia ragusana, detta anche scacciata o schiacciata. Si tratta di una tipica specialità siciliana, diffusa soprattutto nella provincia di Ragusa, ed è un piatto dalle origini povere, che si presenta come una sorta di focaccia ripiena, farcita e ripiegata su se stessa. Il ripieno più classico è a base di pomodoro, caciocavallo stagionato grattugiato, oppure con pomodoro, melanzane fritte e basilico.
Le attività del turista Naturalistico
La terrazza sul mare della Casa di Montalbano la conoscono tutti i telespettatori fan della serie televisiva ispirata ai romanzi di Andrea Camilleri. Stessa cosa per il suo salotto, la sua stanza da letto, il tavolo dove consuma le ottime pietanze preparate dalla governante Adelina. Atmosfere e ambienti che non sono un set giustapposto, ma una vera a propria abitazione privata situata sulla spiaggia di Punta Secca, in provincia di Ragusa. Il primo a vedere questa dimora e a sceglierla come abitazione “televisiva” del Commissario più famoso d’Italia fu il regista Alberto Sironi, che intuì il potere evocativo di quel lembo di Sicilia che ha poi conquistato il mondo facendo vendere la fiction in numerosi Paesi.
Oggi, quella stessa dimora è un B&B, a disposizione per vacanze che senza dubbio resteranno nella memoria.
Piccolo borgo marinaro, frazione di Santa Croce Camerina in provincia di Ragusa, in Sicilia. La gente del posto la chiama “a sicca” (la secca) probabilmente per la presenza di una piccola formazione di scogli di fronte alla spiaggia di levante, appunto una “secca”. Ed è proprio qui, dinnanzi al mare, che si trova la villetta del commissario Montalbano, protagonista delle fortunata fiction Rai trasmessa in 65 Paesi del mondo.
Il Palazzo Zacco è una delle dimore gentilizie più belle e interessanti di Ragusa, sia per la posizione, ad angolo tra via S. Vito, poco prima del ponte, e corso V.Veneto, sia per la magnificenza dello stile architettonico tardo barocco. Costruito nella seconda metà del 1700 dal Barone Melfi di S. Antonio, fu acquistato dalla famiglia Zacco, da cui prese l’attuale nome, verso la fine del 1800. Degli antichi proprietari rimane lo stemma gentilizio posto sullo spigolo dell’edificio, sostenuto da putti. Il palazzo si presenta con due prospetti simmetrici, in ognuno dei quali si affacciano tre balconi sorretti da mensole scolpite nel classico stile barocco dove sono raffigurati mascheroni grotteschi e figure antropomorfe. Il portone dell’ingresso principale, che si trova sul prospetto di Via S. Vito, è fiancheggiato da due colonne con capitelli corinzi che sostengono il ripiano del balcone centrale a linea spezzata con una decoratissima inferriata recante dei fioroni in ferro “appena sbocciati”. Sulla facciata che dà sul Corso Vittorio Veneto, è caratteristico il balcone centrale sorretto da cinque mensoloni: quello centrale presenta una prosperosa sirena, i quattro mensoloni laterali presentano invece dei musici con trombette e fischietti. Il finestrone è caratterizzato da ricche sculture laterali e da una statuetta rappresentante S. Michele Arcangelo posta al centro del timpano spezzato. Il prezioso immobile, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, ospita il “Museo del Tempo Contadino”, che custodisce come uno scrigno i tesori della storia e della cultura contadina. In mostra sono esposti diversi attrezzi ed utensili delle antiche tradizioni contadine utilizzati per l’aratura e la semina, la preparazione del pane, della ricotta e dei formaggi, con un occhio rivolto anche ai lavori affidati alle sapienti mani delle donne che confezionavano preziosi sfilati e merletti per ingentilire ed arredare le case di campagna. Il palazzo è anche sede della “Raccolta Civica Carmelo Cappello” composta da 15 sculture e 20 opere grafiche dell’artista ragusano.
Situato a circa 20 km dalla città di Ragusa, il Castello di Donnafugata, rappresenta una delle più suggestive opere architettoniche di tutto il territorio Ibleo. Fu fatto edificare sulla vecchia struttura di una torre duecentesca dal Barone Corrado Arezzo nel 1800. Il nome “Donnafugata” deriva probabilmente dall’arabo “Ayn As Jafat” che significa “sorgente della salute”. Tale appellativo è dovuto probabilmente alla presenza nelle vicinanze di una sorgente di acqua intorno alla quale nacque il primo insediamento di popolazioni arabe verso la fine del 900. A seguito di una trasposizione impropria dall’arabo al siciliano, si pensa che il nome diventò “Ronna fuata” (che in italiano si rende con “donna fuggita”), fino ad assumere l’attuale Donnafugata. Esiste, però, anche una versione mitica e leggendaria secondo la quale il nome deriverebbe da un fatto realmente accaduto. Si narra, infatti, che a seguito del rapimento della regina Bianca di Navarra da parte di Bernardo Cabrera, conte di Modica, e della sua reclusione nel castello suddetto, questa sia riuscita a scappare dalla sua prigione attraverso delle sale sotterranee e sia riuscita a raggiungere la libertà nelle campagne circostanti. Da qui il nome dialettale “Ronnafugata”, cioè “donna fuggita”. Nonostante il fascino della leggenda, una più attenta analisi del periodo dimostrerebbe un’evidente incongruenza storica. Il crudele conte di Cabrera, in effetti, sarebbe vissuto ben tre secoli prima dell’edificazione del palazzo e, per questa ragione, Bianca di Navarra non potrebbe essere la fonte d’ispirazione del nome del castello. L’edificio attuale, in stile neogotico, occupa un’area di circa 2500 metri quadrati e si snoda in circa 122 stanze che meriterebbero tutte di essere visitate. L’ingresso è costituito da un ampio cortile di campagna fiancheggiato da due file di casette. Attraversandolo è possibile scorgere la facciata gotica orlata di merli al di sotto dei quali si trova un’elegante galleria con coppie di colonnine ricche di capitelli. La facciata inoltre è caratterizzata da finestre in stile gotico. Nella parte sottostante alla galleria si ammirano otto finestroni bifori a sesto acuto che danno in un’ampia terrazza delimitata da una balaustra coronata da otto vasi. Due modeste torrette circolari completano la prospettiva. L’interno è assolutamente pregevole ed insieme a tutto il contesto architettonico ha stimolato la fantasia di numerosi scrittori e registi. Leggendario è anche il legame che si è creato tra il castello e il capolavoro cinematografico di Luchino Visconti “Il Gattopardo”. Nel castello, infatti, alcuna scena è stata realizzata e il legame è frutto di un equivoco, nato probabilmente dal fatto che lo scrittore del romanzo dal quale è tratto il film, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, chiama “Donnafugata” la residenza estiva della famiglia Salina. Al Piano nobile si accede mediante uno scalone in pietra pece, ornato da statue neoclassiche. Questo ospita il Salone degli Stemmi alle cui pareti sono dipinti i simboli delle famiglie più potenti di Sicilia. Splendidi affreschi sono presenti nel Salone degli specchi, nelle Sale del Biliardo e della Musica e nella stanza da letto nella quale sarebbe stata rinchiusa la principessa Bianca di Navarra, con un bel pavimento in pietra pece e bianco calcare. Pregevoli decorazioni sono presenti anche nella Stanza delle Signore e nel Fumoir. Il parco del Castello è caratterizzato da maestosi ficus e piante esotiche, statue, fontane, stemmi araldici, vasi di terracotta provenienti da Caltagirone, sedili in pietra, grotte artificiali e la cupola sul cui soffitto è disegnato il firmamento. Bellissimo il “Pirdituri” cioè labirinto in pietra e la coffee house in stile neoclassico in cui i nobili erano soliti consumare i loro rinfreschi.
La Chiesa di San Giuseppe, situata a Ragusa Ibla, in Piazza Pola, rappresenta insieme alla Chiesa di San Giorgio, uno dei gioielli del barocco siciliano. Fu costruita dalle monache benedettine tra il 1759 e il 1790, in seguito alla distruzione causata dal terremoto del 1693 della preesistente Chiesa di San Giuseppe inserita nel monastero. Fa parte di un esteso complesso architettonico comprendente l’annesso Monastero delle Benedettine del SS. Sacramento, che si affaccia posteriormente in via Torrenuova, e il vecchio Palazzo Comunale, sede della Amministrazione cittadina fino al 1926, facente parte, una volta, dell’edificio monacale. L’opera, vicina al repertorio formale di Rosario Gagliardi e per questo a lungo attribuita al maestro del barocco ibleo, è oggi più solidamente attribuita al frate carmelitano Alberto Maria di San Giovanni Battista, attivo nella Val di Noto nella seconda metà del XVIII secolo, pur non escludendosi del tutto un apporto iniziale dello stesso Gagliardi. La Chiesa è caratterizzata dall’andamento concavo-convesso della facciata ‘a torre’, organizzata su due ordini sovrapposti con telaio libero di colonne conclusi da un timpano spezzato curvo. Il prospetto è coronato dalla loggia campanaria a tre luci, che conferisce all’edificio il caratteristico slancio verticale, ed è arricchito da statue dei Santi dell’Ordine benedettino: San Benedetto e San Mauro in alto, Santa Scolastica e Santa Geltrude in basso, San Gregorio Magno e Sant’Agostino ai lati del portone d’ingresso, ideate e realizzate dallo scultore ragusano Giambattista Muccio nel 1775. Pregevoli anche il portale di accesso, sormontato da un fregio a motivi vegetali e, al di sopra di questo, la grande finestra con grata “panciuta” o “a petto d’oca” in ferro battuto, opera dell’artigiano sciclitano Filippo Scattarelli, che la realizzò sempre nel 1775. Nelle nicchie del vestibolo d’ingresso si conservano la statua di San Benedetto del XVII secolo, e quella San Giuseppe, preziosa opera d’arte in legno di scuola napoletana, voluta nel 1785 dalla badessa Giovanna Maria Arezzo, e fatta rivestire in seguito di lamina d’argento lavorata a sbalzo dall’argentiere messinese Antonio Musolino. L’interno presenta una pianta ellittica a sviluppo longitudinale – uno schema ricorrente nel barocco della Sicilia orientale, che ritroviamo ad esempio nella gagliardiana chiesa di S. Chiara a Caltagirone (1743) o anche nella S. Chiara di Noto dello stesso autore (1717) o nella chiesa del Carmine di Noto del fr. Alberto Maria di S. Giovani Battista; schema che testimonia inoltre il legame ideale dell’architettura barocca siciliana con le coeve esperienze d’oltralpe. La copertura è costituita da una grande volta a calotta ribassata, al cui centro si trova un affresco di Sebastiano Lo Monaco (1793) che raffigura la gloria di San Benedetto e San Giuseppe, che domina e copre tutta la navata ovale della Chiesa. La maestosa volta e le pareti sono decorate da motivi neoclassici, opera dei maestri stuccatori Agrippino Maggiore di Mineo e Giuseppe Cultrera di Licodia Eubea, posti sopra gli altari laterali. Il gran coro e gli otto coretti che si affacciano sulla navata sono stati realizzati nel 1798 da Ippolito Cavalieri, ebanista ragusano di gran valore, e ne abbelliscono le pareti, insieme ai tre quadri dipinti nel 1801 da Tommaso Pollace e raffiguranti rispettivamente San Mauro, San Benedetto e Santa Geltrude, e dal quadro del pittore Giuseppe Crestadoro raffigurante la SS. Trinità. Gli altari laterali e l’altare maggiore sono realizzati in pietra bianca e ricoperti da “cristalli pittati”, e risalgono al 1801, quando vennero realizzati dai ragusani Carmelo Cutraro, Corrado Leone e Tommaso Pollace. Sul lato destro è posto l’organo. L’abside nelle solennità è ornata da una pregevole cortina in seta beige e velluto cremisi, ricamata in oro dalle novizie della prima metà dell’Ottocento, posta sull’altare maggiore. Di raffinata esecuzione infine è il pavimento, in lastre di pietra di Modica con intarsi in pietra pece e mattonelle di maiolica – un vero unicum nell’architettura sacra dell’epoca.
Palazzo Arezzo di Trifiletti si trova in una posizione strategica tra Piazza Duomo e il Corso XXV Aprile, di fronte si trova il Circolo di Conversazione e il Teatro Donnafugata dell’omonimo Palazzo.
Costruito dopo il disastroso terremoto del 1693 che distrusse l’intera città, il palazzo viene completato a metà del secolo Diciannovesimo, è in stile neoclassico, di struttura molto semplice. La sua posizione strategica regala dalle finestre una vista spettacolare.
Fu acquistato nella metà dell’Ottocento da Carmelo Arezzo di Trifiletti per farne la propria residenza di famiglia e ancor oggi è abitato dai suoi discendenti.
Giorno 24 Marzo alle ore 18,00 Domenico Arezzo apre le porte del suo palazzo per far visitare le sale e raccontare la storia del palazzo. Tutti gli ambienti sono arredati con mobili d’epoca, preziosi tendaggi originali; pavimenti in pietra pece, maioliche dipinte a mano e marmi si alterneranno lungo il vostro percorso guidato.
Oltre alla visita si potrà prenotare anche un piccolo aperitivo, ma ricordiamo a tutti che è necessario prenotare la visita e/o l’aperitivo entro la mattina di giorno 24 marzo ore 11,00 scrivendo a ragusaospitalitadiffusa@gmail.com
Costo del biglietto euro 4,00 per persona – Aperitivo euro 12,00 per persona.
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