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Bobbio

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E’ stato calcolato che lungo la Valle del Trebbia ci sarebbero più di cento siti archeologici di epoca romana fra quelli già scavati, da scoprire o solo parzialmente documentati, molti dei quali rivelerebbero la presenza di residenze padronali di prestigio. Ne è un esempio, sulla sponda sinistra del Trebbia, nei pressi di Travo, il Parco archeologico di Sant’Andrea.
La zona era infatti di grande interesse per l’abbondanza dei prodotti agricoli locali e come “dogana” per i traffici commerciali. Non è un caso che proprio qui, nel 218 a.C. l’esercito romano venne sconfitto da quello cartaginese guidato da Annibale, e che nei secoli successivi, si avvicendarono al potere alcune delle famiglie più importanti di Lombardia, Liguria e ovviamente Emilia, vedi i Fieschi, i Doria, i Malaspina, gli Sforza.
Fu dopo l’epoca napoleonica che la vallata venne definitivamente divisa tra la parte medio-alta, appartenente al regno di Sardegna, e la parte medio-bassa, annessa al ducato di Parma e Piacenza. Poi, con l’unità d’Italia, l’alta valle fino a Montebruno venne inserita nella provincia di Genova, la medio-alta valle fino a Bobbio venne attribuita alla provincia di Pavia, mentre il resto entrò nella provincia di Piacenza.

A latere di queste continue lotte di potere ci fu sempre un centro gravitazionale religioso, ma non solo: l’Abbazia di San Colombano di Bobbio, fondata da Colombano nel VII secolo, divenuta in breve uno dei centri monastici più importanti del Nord Italia, feudo reale ed imperiale monastico con domini in Lombardia, Liguria e Toscana. Al di là dell’importanza “politica” – accresciuta dalla posizione strategica che permetteva il controllo dei commerci diretti a Roma attraverso la Via degli Abati e gli scambi da e verso il Mar Ligure – l’abbazia era un luogo di cultura, tanto che già nel 982 la sua biblioteca contava più di 700 codici miniati. Nel 1449, ai monaci colambaniani subentrarono i benedettini, e l’intero complesso, composto dal monastero e dalla basilica, subì importanti lavori di restauro e ampliamento. Il consiglio per chi visita l’Abbazia è di non dimenticare di scendere nella cripta sotto l’altare della basilica: qui si trovano le spoglie del missionario irlandese fondatore e uno splendido mosaico dell’XI secolo, fra gli esempi più belli dell’epoca.

Lunga e travagliata anche la storia del Duomo di Bobbio: consacrata nel 1075 e poi terminata nel 1463. la Concattedrale di Santa Maria Assunta è il cuore di un complesso che merita di sicuro una sosta. Lo compongono Palazzo vescovile, Museo Diocesano, giardini, oratorio e vecchio seminario sede degli Archivi storici bobiensi affacciati su un magnifico chiostro del Seicento, il tutto al centro del cosiddetto Borgo Intrinseco, l’antica Bobium. Articolato anche il Castello Malaspina, che nei suoi molti corpi di fabbrica sovrappone storia e vicende umane: nel 1360 fu Galeazzo II Visconti a regalarlo alla nuora Isabella di Francia, ma furono i Dal Verme, fra il XV e il XVI secolo, a trasformarlo in una dimora signorile. Altro simbolo del paese è il Ponte Gobbo sul Trebbia, 280 metri di lunghezza, un’opera ingegneristica di notevole effetto rifatto più e più volte dall’età romana al Seicento.

Dei numerosi manieri della Valle del Trebbia, Castello di Rivalta, nel Comune di Gazzola, è uno dei meglio conservati, nonostante i suoi quasi mille anni di storia attestati da un documento datato al 1048. A Rivergaro si visita invece il Castello di Montechiaro, ex dimora dei Malaspina, che insieme a quelli di Rivalta e di Statto e a quello scomparso di Rivergaro, formavano una cortina difensiva verso Genova.

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Parco Fluviale del Trebbia

Rivergaro, Emilia-Romagna

5 elementi Cosa fare e vedere

  • Parco

Parco Fluviale del Trebbia

Rivergaro, Emilia-Romagna

Il fiume Trebbia nasce nell’Appennino Ligure e, dopo aver attraversato l’alto e medio Appennino Piacentino, raggiunge le prime colline dove inizia il Parco Fluviale Regionale. Giunte in pianura le acque del fiume, rallentano la loro corsa depositando grandi quantità di sabbia e ghiaia, che lo caratterizzano, fino alla confluenza con il Po, a valle della città di Piacenza.
L’ampiezza del greto del fiume consente, soprattutto nella stagione estiva, di visitare il Parco e le sue ricchezze naturalistiche e paesaggistiche. Il fiume Trebbia rappresenta per molti uccelli migratori, un’importante via di transito e un luogo di sosta e nidificazione per specie di interesse conservazionistico, come il corriere piccolo e l’occhione, che per la sua rarità è diventato simbolo del Parco.
Il regime “torrentizzio” del Trebbia condiziona e caratterizza la vegetazione circostante che, nei tratti meno esposti alle correnti di piena, presenta una certa rilevanza naturalistica, anche grazie alle abbondanti fioriture di orchidee spontanee. A caratterizzare e impreziosire le aree limitrofe al corso del fiume spicca la presenza dei diversi castelli, legati alle vicende medievali del piacentino e di quelle del Ducato di Parma e Piacenza. Alcune fortificazione, come nel caso del bellissimo castello di Rivalta, si ergono quasi a ridosso del greto, conferendo al paesaggio un particolare fascino.

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Castello di Rivalta

Gazzola, Emilia-Romagna

Il Castello di Rivalta è uno dei pochissimi esempi europei di manieri circondati da un antico borgo in gran parte rimasto ad oggi ancora intatto e abitualmente abitato dalla famiglia dei Conti Zanardi Landi, che ne è proprietaria dalla fine del 1.200. Posto su una ripida scarpata (ripa alta) prospiciente la riva del fiume Trebbia, questo imponente complesso fortificato ha una posizione di poco elevata ma che consente un’ampia panoramica sul greto, che in questo punto è molto ampio, e la campagna circostante.
Il castello dispone di 54 sale arredate con mobili e tappeti d’epoca (dal 1400 in avanti) e rese nel tempo funzionali per accogliere ospiti con esigenze ovviamente mutate con il trascorrere dei secoli. Qui sono passati e passano ancora oggi Re e Regine, Principi, Nobili e Capi di Stato, provenienti da ogni parte del mondo, e proprio in questo fantastico luogo la Principessa Margareth (sorella della Regina d’Inghilterra) ha trascorso per diversi anni le sue vacanze estive.
Le prime notizie sull’esistenza del Castello di Rivalta sembrano risalire ad un atto d’acquisto del 1025. Successivamente e come evidenziato nei documenti dell’epoca, nel 1048 l’imperatore Enrico II ne dona una parte al monastero di San Savino di Piacenza. Trent’anni dopo anche il resto del complesso viene ceduto al monastero che, grazie e ciò accrebbe in ricchezza ed importanza.
Per oltre un secolo gli avvenimenti degni di nota che riguardano il Castello sono assedi, distruzioni e l’alternarsi di proprietari. Dal primo decennio del Trecento, il signore del Borgo e del feudo è Obizzo Landi, che lo aveva acquistato dai Ripalta. Da allora, sino ad oggi, il Castello è sempre appartenuto – con brevi interruzioni – alla famiglia Landi.
Nel 1895 sia il Castello che il Borgo circostante vengono acquistati dal conte Carlo Zanardi Landi di Veano, discendente di Pietro Zanardi Landi, uno dei contendenti nelle liti di divisione avvenute nel XIV secolo. Ai conti Zanardi Landi, attuali proprietari, si devono il restauro e la magnifica valorizzazione del complesso.

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  • Naturalistico

Alta Val Trebbia

Bobbio, Emilia-Romagna

La valle della Trebbia è una valle italiana formata dal fiume la Trebbia, che nasce ai piedi del monte Prelà nella città metropolitana di Genova e poi, dopo il comune di Gorreto, entra nel territorio della provincia di Piacenza all’altezza del comune di Ottone e prosegue nel piacentino, lambendo l’Oltrepò Pavese in prossimità di Brallo di Pregola (PV). A circa 118 km dalla sorgente, sfocia nel Po nelle vicinanze di San Nicolò a Trebbia, frazione di Rottofreno (PC).

Confina con la val d’Aveto e la val Nure ad est, con la valle Scrivia, la val Borbera, la val Boreca, la valle Staffora, la val Tidone e la val Luretta ad ovest.

Lungo il suo fondale si snoda la strada statale 45 di Val Trebbia.

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  • Monumento

Ponte Gobbo di Bobbio

Bobbio, Emilia-Romagna

Il Ponte Vecchio di Bobbio, lungo 273 metri, è stato denominato Ponte Gobbo per il particolare profilo irregolare con 11 archi diseguali tra loro e posti a diverse altezze.
Vi sono tre coppie di edicole o crocini, sopra le campate maggiori. Nelle due sopra l’arco maggiore (detto della Spessa) sono presenti due statue, che raffigurano san Colombano e la Madonna dell’Aiuto.
L’epoca di costruzione del Ponte Vecchio, detto gobbo per l’irregolarità e la gibbosità dei suoi archi, non è databile, ma è di età romana e si può ipotizzare che sorse dopo la conquista romana dell’allora borgo ligure-celtico; subì numerosi rifacimenti nelle epoche successive.

Si sono ritrovate tracce di un ponte più antico sottostante che può ritenersi alto medioevale, precedente l’arrivo di san Colombano. La costruzione sovrastante risale al VII secolo ad opera dei monaci dell’abbazia di San Colombano. Negli Archivi storici bobiensi si trova un documento datato 6 aprile 1196 che testimonia la manutenzione del ponte.
Per l’insediamento di Bobbio era di vitale importanza avere un collegamento sicuro con le diverse attività sulla sponda destra del Trebbia: le saline termali, le terme di epoca romana e longobarda, la fornace del rio Gambado e la strada di collegamento con il Genovese e la Lunigiana (dove il monastero bobbiese aveva numerosi possedimenti). A causa del carattere torrentizio, la Trebbia ha piene improvvise e devastanti con frequente spostamento del letto in ghiaia, cosa che rende problematico il guado soprattutto nei mesi invernali.
Fino al XVI secolo il ponte era composto di pochi archi, un grande arco alla sponda destra della Trebbia con tre archi più piccoli. Le piene del fiume nel corso degli anni hanno inferto parecchie ferite al ponte in pietra, che venne sempre pazientemente ricostruito anche con modifiche sostanziali per migliorarne la sicurezza e la robustezza.
Verso il 1590 si cominciò ad allungarlo verso la sponda sinistra, su disegno del maestro Magnano da Parma, nel corso del XVII secolo il ponte arrivò ad avere undici arcate.
Per secoli il ponte fu meta di pellegrini e processioni religiose con benedizioni con la costruzione vicino agli argini di croci ed immagini votive (oggi alcune di esse sono ancora visibili).

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  • Patrimonio culturale Religioso

Abbazia di San Colombano

Bobbio, Emilia-Romagna

L’abbazia di San Colombano è un monastero che venne fondato da san Colombano nel 614 a Bobbio, in provincia di Piacenza, ed un tempo sottoposto alla sua regola monastica e all’ordine di San Colombano.
Attualmente la basilica è una parrocchia del vicariato di Bobbio, Alta Val Trebbia, Aveto e Oltre Penice della diocesi di Piacenza-Bobbio.
Sorge nel centro del tessuto urbano della cittadina, che si formò poco per volta attorno alla vasta area occupata dal monastero.
Essa fu per tutto il Medioevo uno dei più importanti centri monastici d’Europa, facendone fra il VII ed il XII secolo una Montecassino dell’Italia settentrionale; infatti è resa famosa dallo Scriptorium, il cui catalogo, nel 982, comprendeva oltre 700 codici e che dopo la dispersione in altre biblioteche conservò 25 dei 150 manoscritti più antichi della letteratura latina esistenti al mondo.
Divenne abbazia matrice dell’ordine monastico la cui potenza si estendeva sia in Italia sia in Europa grazie a numerose abbazie e monasteri fondati dai suoi monaci fin dall’epoca longobarda. In Italia del nord si creò rapidamente il feudo monastico di Bobbio, poi sostituito dalla “contea vescovile di Bobbio”.
Il primitivo cenobio venne edificato da San Colombano nel 614 attorno all’antica chiesa di San Pietro, che sorgeva sul sito dove oggi è il castello malaspinano. La struttura era semplice e ricalcava il modello dei monasteri irlandesi, costituiti da capanne in legno, raccolte intorno ad una chiesa, circondati da una palizzata.
Nei secoli successivi alla morte di San Colombano, il monastero accrebbe la sua influenza religiosa, culturale e sociale sino a divenire uno dei più importanti centri monastici d’Europa, una sorta di Montecassino dell’Italia settentrionale; oltre ai vasti possedimenti che si estendevano in Emilia, Toscana, Liguria, sino al Lago di Garda, la sua fama era legata soprattutto alla presenza dello scriptorium e di una vasta biblioteca il cui catalogo, nel 982, comprendeva oltre 700 codici, tra cui alcuni dei manoscritti più antichi della letteratura latina esistenti al mondo.
Nonostante la potenza del monastero e le sue ricchezze, i monaci sottoposti alla regola colombaniana conducevano uno stile di vita austero, praticando il digiuno, pregando, lavorando e studiando tutti i giorni.
Alla fine dell’ XI secolo, per ospitare l’accresciuta comunità monastica, nonché i numerosi pellegrini che arrivavano da tutta Europa, si rese necessaria la costruzione di un monastero più ampio. L’opera fu compiuta durante il periodo dell’ abate Agilulfo, che decise di trasferire il complesso abbaziale nella posizione attuale. Il monastero era totalmente autosufficiente ed era dotato di numerosi ambienti di servizio: foresteria, mulini, laboratori, magazzini, forni, stalle, cantine, infermeria e “giardino dei semplici”, ossia un orto per la coltivazione di erbe medicinali.
Quando nel 1449 i benedettini subentrarono ai monaci colombaniani, radicali lavori di ristrutturazione ed ampliamento interessarono la basilica ed il monastero.
L’attuale complesso abbaziale risale, quindi, alla fine del XV- inizi XVI secolo: solo in parte è stata preservata la struttura dell’antica basilica protoromanica, di cui sono visibili un breve tratto dell’abside circolare, parte della torre campanaria e una porzione dello splendido pavimento a mosaico; del monastero del XI secolo è rimasta, invece solo la zona del refettorio, oggi occupata dal Museo della Città.
In epoca napoleonica l’Abbazia fu soppressa e molti dei suoi beni, compresi i preziosi codici vennero messi all’asta.
Oggi, ciò che resta dell’antico patrimonio dei codici bobbiensi, è conservato in varie biblioteche: la Biblioteca Ambrosiana di MIlano, la Biblioteca Vaticana di Roma, la Biblioteca Nazionale di Torino e altre.
Il chiostro e il corridoio dell’abbazia sono aperti tutti i giorni sino alle ore 20 nel periodo invernale e ore 22 nel periodo estivo.

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  • Parco

Parco Fluviale del Trebbia

Rivergaro, Emilia-Romagna

Il fiume Trebbia nasce nell’Appennino Ligure e, dopo aver attraversato l’alto e medio Appennino Piacentino, raggiunge le prime colline dove inizia il Parco Fluviale Regionale. Giunte in pianura le acque del fiume, rallentano la loro corsa depositando grandi quantità di sabbia e ghiaia, che lo caratterizzano, fino alla confluenza con il Po, a valle della città di Piacenza.
L’ampiezza del greto del fiume consente, soprattutto nella stagione estiva, di visitare il Parco e le sue ricchezze naturalistiche e paesaggistiche. Il fiume Trebbia rappresenta per molti uccelli migratori, un’importante via di transito e un luogo di sosta e nidificazione per specie di interesse conservazionistico, come il corriere piccolo e l’occhione, che per la sua rarità è diventato simbolo del Parco.
Il regime “torrentizzio” del Trebbia condiziona e caratterizza la vegetazione circostante che, nei tratti meno esposti alle correnti di piena, presenta una certa rilevanza naturalistica, anche grazie alle abbondanti fioriture di orchidee spontanee. A caratterizzare e impreziosire le aree limitrofe al corso del fiume spicca la presenza dei diversi castelli, legati alle vicende medievali del piacentino e di quelle del Ducato di Parma e Piacenza. Alcune fortificazione, come nel caso del bellissimo castello di Rivalta, si ergono quasi a ridosso del greto, conferendo al paesaggio un particolare fascino.

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  • Castello/Fortezza/Rocca/Villa

Castello di Rivalta

Gazzola, Emilia-Romagna

Il Castello di Rivalta è uno dei pochissimi esempi europei di manieri circondati da un antico borgo in gran parte rimasto ad oggi ancora intatto e abitualmente abitato dalla famiglia dei Conti Zanardi Landi, che ne è proprietaria dalla fine del 1.200. Posto su una ripida scarpata (ripa alta) prospiciente la riva del fiume Trebbia, questo imponente complesso fortificato ha una posizione di poco elevata ma che consente un’ampia panoramica sul greto, che in questo punto è molto ampio, e la campagna circostante.
Il castello dispone di 54 sale arredate con mobili e tappeti d’epoca (dal 1400 in avanti) e rese nel tempo funzionali per accogliere ospiti con esigenze ovviamente mutate con il trascorrere dei secoli. Qui sono passati e passano ancora oggi Re e Regine, Principi, Nobili e Capi di Stato, provenienti da ogni parte del mondo, e proprio in questo fantastico luogo la Principessa Margareth (sorella della Regina d’Inghilterra) ha trascorso per diversi anni le sue vacanze estive.
Le prime notizie sull’esistenza del Castello di Rivalta sembrano risalire ad un atto d’acquisto del 1025. Successivamente e come evidenziato nei documenti dell’epoca, nel 1048 l’imperatore Enrico II ne dona una parte al monastero di San Savino di Piacenza. Trent’anni dopo anche il resto del complesso viene ceduto al monastero che, grazie e ciò accrebbe in ricchezza ed importanza.
Per oltre un secolo gli avvenimenti degni di nota che riguardano il Castello sono assedi, distruzioni e l’alternarsi di proprietari. Dal primo decennio del Trecento, il signore del Borgo e del feudo è Obizzo Landi, che lo aveva acquistato dai Ripalta. Da allora, sino ad oggi, il Castello è sempre appartenuto – con brevi interruzioni – alla famiglia Landi.
Nel 1895 sia il Castello che il Borgo circostante vengono acquistati dal conte Carlo Zanardi Landi di Veano, discendente di Pietro Zanardi Landi, uno dei contendenti nelle liti di divisione avvenute nel XIV secolo. Ai conti Zanardi Landi, attuali proprietari, si devono il restauro e la magnifica valorizzazione del complesso.

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  • Naturalistico

Alta Val Trebbia

Bobbio, Emilia-Romagna

La valle della Trebbia è una valle italiana formata dal fiume la Trebbia, che nasce ai piedi del monte Prelà nella città metropolitana di Genova e poi, dopo il comune di Gorreto, entra nel territorio della provincia di Piacenza all’altezza del comune di Ottone e prosegue nel piacentino, lambendo l’Oltrepò Pavese in prossimità di Brallo di Pregola (PV). A circa 118 km dalla sorgente, sfocia nel Po nelle vicinanze di San Nicolò a Trebbia, frazione di Rottofreno (PC).

Confina con la val d’Aveto e la val Nure ad est, con la valle Scrivia, la val Borbera, la val Boreca, la valle Staffora, la val Tidone e la val Luretta ad ovest.

Lungo il suo fondale si snoda la strada statale 45 di Val Trebbia.

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  • Monumento

Ponte Gobbo di Bobbio

Bobbio, Emilia-Romagna

Il Ponte Vecchio di Bobbio, lungo 273 metri, è stato denominato Ponte Gobbo per il particolare profilo irregolare con 11 archi diseguali tra loro e posti a diverse altezze.
Vi sono tre coppie di edicole o crocini, sopra le campate maggiori. Nelle due sopra l’arco maggiore (detto della Spessa) sono presenti due statue, che raffigurano san Colombano e la Madonna dell’Aiuto.
L’epoca di costruzione del Ponte Vecchio, detto gobbo per l’irregolarità e la gibbosità dei suoi archi, non è databile, ma è di età romana e si può ipotizzare che sorse dopo la conquista romana dell’allora borgo ligure-celtico; subì numerosi rifacimenti nelle epoche successive.

Si sono ritrovate tracce di un ponte più antico sottostante che può ritenersi alto medioevale, precedente l’arrivo di san Colombano. La costruzione sovrastante risale al VII secolo ad opera dei monaci dell’abbazia di San Colombano. Negli Archivi storici bobiensi si trova un documento datato 6 aprile 1196 che testimonia la manutenzione del ponte.
Per l’insediamento di Bobbio era di vitale importanza avere un collegamento sicuro con le diverse attività sulla sponda destra del Trebbia: le saline termali, le terme di epoca romana e longobarda, la fornace del rio Gambado e la strada di collegamento con il Genovese e la Lunigiana (dove il monastero bobbiese aveva numerosi possedimenti). A causa del carattere torrentizio, la Trebbia ha piene improvvise e devastanti con frequente spostamento del letto in ghiaia, cosa che rende problematico il guado soprattutto nei mesi invernali.
Fino al XVI secolo il ponte era composto di pochi archi, un grande arco alla sponda destra della Trebbia con tre archi più piccoli. Le piene del fiume nel corso degli anni hanno inferto parecchie ferite al ponte in pietra, che venne sempre pazientemente ricostruito anche con modifiche sostanziali per migliorarne la sicurezza e la robustezza.
Verso il 1590 si cominciò ad allungarlo verso la sponda sinistra, su disegno del maestro Magnano da Parma, nel corso del XVII secolo il ponte arrivò ad avere undici arcate.
Per secoli il ponte fu meta di pellegrini e processioni religiose con benedizioni con la costruzione vicino agli argini di croci ed immagini votive (oggi alcune di esse sono ancora visibili).

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  • Patrimonio culturale Religioso

Abbazia di San Colombano

Bobbio, Emilia-Romagna

L’abbazia di San Colombano è un monastero che venne fondato da san Colombano nel 614 a Bobbio, in provincia di Piacenza, ed un tempo sottoposto alla sua regola monastica e all’ordine di San Colombano.
Attualmente la basilica è una parrocchia del vicariato di Bobbio, Alta Val Trebbia, Aveto e Oltre Penice della diocesi di Piacenza-Bobbio.
Sorge nel centro del tessuto urbano della cittadina, che si formò poco per volta attorno alla vasta area occupata dal monastero.
Essa fu per tutto il Medioevo uno dei più importanti centri monastici d’Europa, facendone fra il VII ed il XII secolo una Montecassino dell’Italia settentrionale; infatti è resa famosa dallo Scriptorium, il cui catalogo, nel 982, comprendeva oltre 700 codici e che dopo la dispersione in altre biblioteche conservò 25 dei 150 manoscritti più antichi della letteratura latina esistenti al mondo.
Divenne abbazia matrice dell’ordine monastico la cui potenza si estendeva sia in Italia sia in Europa grazie a numerose abbazie e monasteri fondati dai suoi monaci fin dall’epoca longobarda. In Italia del nord si creò rapidamente il feudo monastico di Bobbio, poi sostituito dalla “contea vescovile di Bobbio”.
Il primitivo cenobio venne edificato da San Colombano nel 614 attorno all’antica chiesa di San Pietro, che sorgeva sul sito dove oggi è il castello malaspinano. La struttura era semplice e ricalcava il modello dei monasteri irlandesi, costituiti da capanne in legno, raccolte intorno ad una chiesa, circondati da una palizzata.
Nei secoli successivi alla morte di San Colombano, il monastero accrebbe la sua influenza religiosa, culturale e sociale sino a divenire uno dei più importanti centri monastici d’Europa, una sorta di Montecassino dell’Italia settentrionale; oltre ai vasti possedimenti che si estendevano in Emilia, Toscana, Liguria, sino al Lago di Garda, la sua fama era legata soprattutto alla presenza dello scriptorium e di una vasta biblioteca il cui catalogo, nel 982, comprendeva oltre 700 codici, tra cui alcuni dei manoscritti più antichi della letteratura latina esistenti al mondo.
Nonostante la potenza del monastero e le sue ricchezze, i monaci sottoposti alla regola colombaniana conducevano uno stile di vita austero, praticando il digiuno, pregando, lavorando e studiando tutti i giorni.
Alla fine dell’ XI secolo, per ospitare l’accresciuta comunità monastica, nonché i numerosi pellegrini che arrivavano da tutta Europa, si rese necessaria la costruzione di un monastero più ampio. L’opera fu compiuta durante il periodo dell’ abate Agilulfo, che decise di trasferire il complesso abbaziale nella posizione attuale. Il monastero era totalmente autosufficiente ed era dotato di numerosi ambienti di servizio: foresteria, mulini, laboratori, magazzini, forni, stalle, cantine, infermeria e “giardino dei semplici”, ossia un orto per la coltivazione di erbe medicinali.
Quando nel 1449 i benedettini subentrarono ai monaci colombaniani, radicali lavori di ristrutturazione ed ampliamento interessarono la basilica ed il monastero.
L’attuale complesso abbaziale risale, quindi, alla fine del XV- inizi XVI secolo: solo in parte è stata preservata la struttura dell’antica basilica protoromanica, di cui sono visibili un breve tratto dell’abside circolare, parte della torre campanaria e una porzione dello splendido pavimento a mosaico; del monastero del XI secolo è rimasta, invece solo la zona del refettorio, oggi occupata dal Museo della Città.
In epoca napoleonica l’Abbazia fu soppressa e molti dei suoi beni, compresi i preziosi codici vennero messi all’asta.
Oggi, ciò che resta dell’antico patrimonio dei codici bobbiensi, è conservato in varie biblioteche: la Biblioteca Ambrosiana di MIlano, la Biblioteca Vaticana di Roma, la Biblioteca Nazionale di Torino e altre.
Il chiostro e il corridoio dell’abbazia sono aperti tutti i giorni sino alle ore 20 nel periodo invernale e ore 22 nel periodo estivo.

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