Borgo di Guardiagrele

Comune di GUARDIAGRELE

  • Borgo

Secondo alcune fonti il nome primitivo di Guardiagrele era Aelion, da un antico tempio dedicato al dio del sole, Apollo (Hélios), sul quale sarebbe poi sorta la chiesa di Santa Maria Maggiore. Il nome Aelion sarebbe divenuto nel IV sec. a.C. Graelion, per poi essere trasformato in Graelium dai Romani, in Grele dai Longobardi e Graeli dai Normanni, e infine in Guardia (dal longobardo warda, che indica un posto di vedetta militare) di Grele, da cui l’attuale Guardiagrele.
A Guardiagrele ha sede il Parco Nazionale della Maiella (tel. 0871 800159).
La Maiella è una montagna dolce e invitante, ricca di acque, boschi e pascoli, che racchiude, come in un grembo misterioso, anfratti e valli nascoste.
Da qui partono splendidi itinerari che portano in luoghi panoramici costeggiando torrenti e fontanili, attraversando canyon e grotte, grandi faggete e fitti boschi. I sentieri sono segnalati e attrezzati dal C.A.I.; su questi monti vivono ancora l’orso, il lupo e l’aquila.
Passeggiate, trekking, escursioni su sentieri natura attrezzati e segnalati con cartelli botanici (informazioni presso il Club Alpino Italiano, sezione di Guardiagrele, tel. 0871 84624).

Come arrivare a Guardiagrele:

In auto:
Da Nord
Dall’autostrada Adriatica A14 in direzione Ancona, uscire a Pescara Ovest/Chieti e immettersi sull’Asse Attrezzato in direzione di Chieti, prendere la SS 81 in direzione di Guardiagrele.
Da Sud
Dall’autostrada Adriatica A14 in direzione Pescara, uscire a Val di Sangro, seguire la direzione Villa S. Maria, prendere la SS 652, continuare sulla SS 81 in direzione Guardiagrele.
Da Chieti
Prendere la SS 81 e seguire le indicazioni per Guardiagrele.
Da Pescara
Percorrere la SS 16 in direzione di Chieti, continuare sulla SS 81 in direzione di Guardiagrele.

In treno:
Si può raggiungere la stazione ferroviaria di San Vito – Lanciano (Ferrovia Sangritana) oppure quella di Pescara e proseguire per Guardiagrele con autobus di linea.

Cosa vedere a Guardiagrele:
1 – Borgo Medievale di Guardiagrele
2 – Cattedrale di Santa Maria Maggiore – Affresco di San Cristoforo
3 – Sacrario di Andrea Bafile
4 – Museo del Costume e della Tradizione
5 – Villa Comunale
6 – Chiesa di Santa Maria Del Carmine
7 – Torre Orsini
8 – Chiesa di San Rocco

La Coop. Soc. Linea Verde offre un servizio di guide certificate su Guardiagrele. Se siete di passaggio a Guardiagrele è possibile richiedere il servizio di guide e accompagnatori turistici per visitare il centro storico e le località vicine. Le guide sono regolarmente iscritte all’albo delle guide della Regione Abruzzo e offrono un servizio qualificato.
Presso il centro di Linea Verde (Linea Verde Soc. Coop. a.r. l., Largo S. Francesco, 11, 66016 Guardiagrele CH) sono disponibili anche una gamma selezionata di prodotti tipici abruzzesi nonché tutto i materiale informativo, libri e altre pubblicazioni sulle località turistiche dell’Abruzzo, le strutture ricettive, la gastronomia e l’artigianato.
Se l’interesse è rivolto agli ambienti naturali, i visitatori possono richiedere le carte dei sentieri e le guide per effettuare in autonomia qualsiasi passeggiata o trekking nelle varie montagne abruzzesi.

A Guardiagrele, in località Piana delle Mele, ha inoltre sede il più grande Parco Avventura d’Italia: il Parco Avventura Majella (https://www.parconaturalemajella.it/parco-avventura). L’attività del Parco Avventura consiste nell’affrontare gli oltre 250 giochi sospesi tra gli alberi, camminando tra passerelle, ponti tibetani, tunnel e tirolesi mozzafiato, il tutto nella massima sicurezza e con l’assistenza del personale qualificato. L’accesso ai percorsi è regolamentato per età e statura. Ragazzi con più di 13 anni e adulti, invece, accedono a tutti i percorsi.

Prezzo adulti (dai 13 anni in su):
Quota individuale 20.00 €
Quota individuale Gruppi minimo 10 persone: € 18.00

Prezzo bambini 10-12 anni:
Quota individuale 16.00 €
Quota individuale Gruppi da 10 persone 14.00 €

Prezzo bambini 8-9 anni:
Quota individuale 14.00 €
Quota individuale Gruppi da 10 persone 12.00 €
Quota individuale Gruppi minimo 10 persone: € 18.00

Prezzo bambini 4-7 anni:
Quota individuale 12.00 €
Quota individuale Gruppi da 10 persone 10.00 €

Gli del luogo

Borgo di Guardiagrele

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  • Borgo

Pietracamela

Pietracamela, Abruzzo

Il nome

Petra Cumerii e Pietra Cameria sono stati i primi nomi del paese. La prima parte del nome deriva da Preta, che in paleo-italico indica il masso (roccia, pietra) sul quale è costruito il borgo. Misteriosa la seconda parte, che può riferirsi alla roccia a forma di gobba di cammello che si scorge dal paese, come all’invasione dei Cimerii provenienti da Oriente (Petra Cimmeria) o a Petra Cacumeria , vale a dire “pietra in cacumine”, “pietra in sommità”.

La storia

XII sec., il villaggio nasce in seguito alle invasioni che costringono le popolazioni d’Abruzzo a rifugiarsi sui monti inaccessibili. Sotto il Regno di Napoli, il territorio è parte del feudo della Valle Siciliana di proprietà dei conti di Pagliara (il nome deriva dai primi abitanti provenienti dalla Sicilia in tempi remoti, oppure dalla via Caecilia che congiungeva Roma con l’Adriatico).
XIII sec., una pergamena riporta la nomina di un parroco di S. Leuty de Petra; a San Leucio è dedicata una chiesa nel borgo.
1432, la data più antica che si legge in paese è incisa su una lapide che sovrasta il portale della vecchia parrocchiale di San Giovanni. 1526, l’imperatore Carlo V concede al marchese Ferdinando De Alarçon Mendoza l’investitura del feudo della Valle Siciliana, tra i cui paesi c’è Petra Cumerii, che sotto gli Angioini e gli Aragonesi era appartenuto ai conti Orsini.
1590, il borgo viene fortificato dal governatore Marcello Carlonus per difenderlo dai briganti e resta ai De Alarçon Mendoza fino all’abolizione della feudalità.
1860-65, si intensifica nei primi anni dell’unità d’Italia il brigantaggio, piaga presente in Abruzzo come in gran parte del meridione sin dal XVI sec. A Pietracamela, come in tutta la provincia di Teramo, operavano dei “capi massa” che, alla guida di contadini miserabili, soldati disertori, ladri comuni ed evasi, sostenuti dai Borboni e dal clero, saccheggiavano e razziavano in opposizione prima all’occupazione repubblicana francese (1799, 1806-15) e poi al governo italiano.

Il paese che appare dopo l’ultimo tornante, sulla strada che sale al Gran Sasso, è fatto di pietra, acqua, aria, neve, braci dentro i camini, silenzio e profumi. L’antica meridiana segna la posizione del sole, che asciuga i prati bagnati di rugiada.
Lo scroscio di una cascata accompagna il cinguettio degli uccelli. I massi che incombono sul borgo sembrano giganti buoni a protezione del silenzio.
E le automobili non circolano, solo i nostri passi echeggiano sul lastricato di pietra, tra le fontane e le vecchie case, sotto gli “sporti” che congiungono gli angusti vicoli. Paese di belvedere, di panorami, di splendide passeggiate su vecchi sentieri, Pietracamela è prezioso come la natura che lo circonda.

Comune di pietracamela
(Provincia di Teramo)
Altitudine
m. 1005 s.l.m.
Abitanti
350 (280 nel borgo)

Patrono
San Leucio, 11 gennaio
(ma si festeggia l’11 luglio)
info turismo
Comune, tel. 0861 955112 – 955230 – comunepietracamela@tin.it
Centro visite del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga,
presso palazzo Dionisi – www.comune.pietracamela.te.it

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  • Borgo

Tagliacozzo

Tagliacozzo, Abruzzo

Il nome

Il toponimo significa “taglio nella roccia” – dal latino talus (taglio) e cotium (roccia) – e starebbe ad indicare la fenditura che divide il monte e nella quale si è sviluppato l’insediamento urbano.

La storia

XI sec., è documentata l’esistenza di un abitato con base nel castello sul Monte Civita, appartenente alla Contea dei Marsi: il territorio fu, nell’antichità, prima degli Equi e poi del fiero popolo dei Marsi.
1173, il feudo passa ai De Pontibus, antica famiglia della zona. 1230 ca., dopo la morte di San Francesco, Tommaso da Celano e altri frati si stanziano presso la chiesetta di Santa Maria in Silvis, dando vita ad uno dei conventi più antichi e importanti d’Abruzzo. 1268, Carlo I d’Angiò, re di Sicilia, sconfigge a Tagliacozzo Corradino di Svevia: la battaglia segna il destino d’Europa in favore degli angioini e la fine degli svevi; si consolida il potere dei De Pontibus grazie all’appoggio dato a Carlo d’Angiò; in seguito il feudo passa per via matrimoniale agli Orsini che lo tengono fino al 1497.
1400 ca., il papa Alessandro V stacca la Contea di Tagliacozzo dal Regno di Napoli e la aggrega allo Stato Pontificio, confermandone la titolarità a Giacomo Orsini.
1806, dopo la Rivoluzione Francese il territorio entra a far parte del Regno di Napoli; finita la feudalità, il paese perde il suo ruolo centrale nella Marsica e si avvia alla decadenza.
1861, Tagliacozzo è agitata da fermenti filo-borbonici e anti-piemontesi.

Comune di Tagliacozzo
solo centro storico
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m. 740 s.l.m.
Abitanti
6464 (1500 nel borgo)

Patrono
Sant’Antonio di Padova, fine agosto
Madonna dell’Oriente, 27/28 agosto
info turismo
Comune, tel. 0863 614203
Azienda di Promozione Turistica, piazza dell’Obelisco
tel. 0863 610318 – www.comune.tagliacozzo.aq.it

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  • Borgo

Campli

Campli, Abruzzo

Il nome

L’antico toponimo Campulum compare per la prima volta in un documento del 1078 che elenca i possedimenti di un Roberto Conte d’Abruzzo.

La storia

Abbracciata dai Monti Gemelli

Nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, in un territorio compreso nel “Distretto tra i due Regni”, dominato dai maestosi profili dei Monti gemelli, la cittadina di Campli si erge su un pianoro, tra le valli dei torrenti Siccagno e Fiumicino.
Il territorio camplese fu abitato fin dall’antichità, come testimonia il ritrovamento di tombe presso la Necropoli italica di Campovalano, utilizzata dal XII al II secolo a.C.
La cittadina ha mantenuto l’aspetto del borgo mercantile medioevale, caratteristica ben visibile nel centro storico dove sorgono gli edifici porticati risalenti al XIV sec. e gli eleganti palazzi cinquecenteschi, tra cui la Casa del farmacista, con la bella loggia della fine del ‘500, e la Casa del medico, dalla catteristica facciata decorata con sentenze e motti latini incisi sugli architravi delle finestre. Lungo il corso principale si può ammirare anche il bellissimo portale in pietra scolpita della Chiesa di San Francesco, dei principi del ‘300, annessa all’ex convento francescano, oggi sede del Museo Archeologico Nazionale.
Il periodo più fiorente e di massimo sviluppo di Campli parte dal XV sec. Tra i numerosi avvenimenti ricordiamo la presenza nel borgo di San Giovanni da Capestrano e la fondazione, da lui promossa, del primo convento di regola Osservante, intitolato a San Bernardino (1448-49). Fiorenti furono i commerci delle lane e delle stoffe.
Nel 1520 Campli, da territorio demaniale, divenne Feudo Farnesiano. Il feudo fu ceduto in dote da Carlo V alla figlia naturale Margherita d’Austria, che sposò in seconde nozze Ottavio Farnese, duca di Parma e Piacenza. Il dominio dei Farnese si protrasse fino al 1734 e, grazie alla loro influenza, Campli ottenne il titolo di città nel 1600, quando divenne sede vescovile e diocesi insieme alla città di Ortona fino al 1818.

Il fulcro della vita cittadina è rappresentato da Piazza Vittorio Emanuele II dove si affacciano i monumenti più imponenti: il Palazzo del Parlamento (XIV) – uno degli edifici civici abruzzesi più antichi, ampliato nel XVI sec. con un terzo piano dove venne aperto il primo teatro stabile d’Abruzzo – e la Cattedrale di Santa Maria in Platea, eretta sopra una piccola chiesa più antica, oggi Cripta (XII sec.).

Nel 1772 Campli ottenne il privilegio di erigere il Santuario della Scala Santa, uno dei luoghi di culto più interessanti del Centro Italia.

Il simbolo della vita cittadina resta il palazzo del Parlamento, detto palazzo Farnese, oggi sede del Municipio, l’edificio civico più antico d’Abruzzo, che risale alla fine dell’XIII secolo, quando Campli era governata da un piccolo parlamento. Di qui l’esigenza di un palazzo civico che ben rappresentasse, da un punto di vista architettonico, la ricchezza e la potenza del luogo. Tra gli attacchi subiti dai nemici e i numerosi eventi sismici, palazzo Farnese nel corso degli anni ha avuto profonde trasformazioni: la prima nel Cinquecento, l’ultima è il restauro è del 1888. Lo stile prevalente è il gotico; la facciata è abbellita da un porticato a sette archi a tutto sesto.

Campli, sotto il controllo dei Farnese, divenne luogo d’incontro di artisti provenienti da scuole di maestri come Giotto e Raffaello, come mostrano gli affreschi e i dipinti che impreziosiscono la cattedrale di Santa Maria in Platea, edificata nel 1395 sui resti di un’antica costruzione. La cripta del XII secolo offre un magnifico ciclo di affreschi di scuola giottesca della prima metà del Trecento. Di notevole interesse sono anche gli altari, tra cui quello del Sacramento realizzato in fine pietra da Sebastiano da Como (1532). Nella cappella di Sant’Andrea Apostolo si conservano la tela della Madonna con Bambino e Santi di Giovan Battista Ragazzini (1557) e una copia della Visitazione: l’originale di Raffaello è esposto al museo del Prado di Madrid. Il fastoso soffitto in tavole lignee dipinto dal chietino Donato Teodoro è della prima metà del Settecento.

Durante il periodo in cui Campli fu sede vescovile, il 21 gennaio 1772, grazie a un Privilegio Pontificio di Clemente XIV, venne istituita la Scala Santa, che nella tradizione cristiana rappresenta la scala salita da Gesù per raggiungere l’aula dove avrebbe subito l’interrogatorio di Ponzio Pilato prima di essere crocifisso. L’edificio sacro è costituito da 28 gradini da salire in ginocchio, per ottenere la remissione dai peccati. Coloro che effettuano il rito a Campli, ricevono l’Indulgenza Plenaria con lo stesso valore dell’omonima Scala di Roma. Ma il santuario, al di là del valore religioso, è impreziosito dalle tele e dagli affreschi del teramano Vincenzo Baldati. Lungo la scala di ascesa, i dipinti consentono al penitente di ripercorrere, metaforicamente, la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo, mentre lungo la scala di discesa i colori sono più vivi, a voler indicare simbolicamente la purificazione del fedele in seguito all’Indulgenza ricevuta.

Una visita a Campli non può non comprendere anche una passeggiata nei sobborghi medioevali di Castelnuovo, dove si può ammirare la maestosa Porta Angioina, rarissimo esempio di architettura militare di difesa del XIII sec., e in quello di Nocella con la Torre del Melatino.

Comune di Campli
(Provincia di Teramo)
Altitudine
m. 393 s.l.m.
Abitanti
7136

info turismo
Ufficio Turistico del Comune di Campli
Piazza Vittorio Emanuele II, N.4-Tel. 0861/5601207
Pagina: www.facebook.com/ufficioturisticocampli
E-mail: turismo@comune.campli.te.it

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  • Borgo

Navelli

Navelli, Abruzzo

Il nome

L’origine del toponimo non è nota. Secondo alcuni deriverebbe da nava, cioè “conca”, “affossamento”, dalla depressione del terreno in cui si trovava il primo insediamento. La tradizione popolare difende invece un originario Novelli, dall’unione in un unico castello di nove ville, diventato Navelli dopo la partecipazione degli abitanti alle Crociate in Terra Santa, come ricorda lo stemma del paese.

La storia

VI sec. a.C., primi insediamenti ad opera dei Vestini; nell’area sotto l’odierno abitato sorgeva il vicus Incerulae.
787, prima menzione della chiesa di Cerule, l’attuale Santa Maria in Cerulis, nel Chronicon Vulturnense, il registro delle rendite e dei doni.
1092, una bolla del monastero di San Benedetto in Perillis cita il castello di Navelli, sorto secondo tradizione dall’unione di nove comunità in un’unica “villa”, intorno al X sec.
1269, Navelli partecipa alla fondazione del Comitatus Aquilano.
1423, Braccio da Montone, signore di Perugia, mette sotto assedio il castello, che si arrende ma non viene distrutto.
1456, si abbatte anche su Navelli il terremoto che colpisce il territorio aquilano.
XVI-XVII sec., il borgo si espande e si arricchisce di palazzi grazie alla commercializzazione dello zafferano, spezia mediorientale importata dalla Spagna e molto usata nella cucina rinascimentale.
1656, la peste uccide circa ottocento persone.
1703, un altro terremoto provoca ingenti danni all’assetto urbano del borgo.
fine XIX sec., a causa della crisi della pastorizia, iniziano le prime migrazioni all’estero dei cittadini; in seguito alla creazione del nuovo sistema viario nazionale, l’abitato comincia a spostarsi a valle per maggior comodità.

Comune di Navelli
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m. 750 s.l.m.
Abitanti
625 (415 nel centro storico)
Patrono
San Sebastiano, 20 gennaio

info turismo
Comune, via Pereto 2, tel. 0862 959119, comunenavelli@gmail.com
IAT – Pro Loco, via del Municipio 31,
tel. 0862 959158, iat.navelli@abruzzoturismo.it
www.comunenavelli.gov.it

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  • Borgo

Opi

Opi, Abruzzo

ll nome

L’ipotesi più suggestiva è che derivi da Ope, antichissima divinità sabina, poi assimilata dai Romani, con il culto di Saturno, alla dea dell’abbondanza.

La più probabile, è che il nome venga dal latino oppidum, castello fortificato. Fantasioso anche l’accostamento al nome di Opice, sacerdotessa del tempio di Vesta.

La storia

VII-VI sec. a.C., il ritrovamento di una necropoli in Val Fondillo testimonia l’insediamento sannita.
III sec. a.C., durante le guerre tra i Marsi (alleati di Roma) e i Sanniti, si ipotizza che un primo abitato sia sorto intorno al tempio della dea Ope.
1188, una bolla papale di Clemente III menziona le chiese di Santa Maria Assunta (ancora esistente) e di Sant’Elia; nell’alto medioevo la popolazione è insediata in località Molino di Opi, che poi dovette abbandonare per una posizione più difendibile sulla cima del costone roccioso.
1284, muore senza eredi Berardo II di Sangro, signore di Opi; il feudo passa nelle mani della sorella Margherita che sposa Cristoforo d’Aquino, inaugurando il possesso dei D’Aquino che continuerà fino al XV sec., trasferendosi poi ad altri signori; finito il dominio dei D’Avalos, Opi passa sotto il controllo di altre potenti famiglie, finché il feudo non si estingue nel 1806 con la legge napoleonica sull’eversione della feudalità.
1456, un violento terremoto devasta l’Abruzzo e il borgo.
1591, è molto fiorente l’attività della pastorizia: un ricco argentario di Opi porta sul Tavoliere 4316 pecore.
1654, un terremoto distrugge la chiesa parrocchiale, ricostruita due anni più tardi.
1711, Opi conta 600 abitanti.
1809, il territorio è infestato da bande di briganti, tanto che i contadini rinunciano a raccogliere il fieno.
1816, è decretata l’unione amministrativa di Opi e Pescasseroli.
1854, Opi torna a essere comune autonomo.
1861, i cittadini, favorevoli ai Borboni, si rifiutano di riconoscere il tricolore italiano; continuano gli scontri tra i Bersaglieri e le bande di briganti.
1884, inizia la grande emigrazione verso le Americhe: in quindici anni il paese perde 520 cittadini.
1915, si abbatte su Opi e la Marsica un altro disastroso terremoto; la replica del 1984 lesiona l’antico campanile.

Posto su un’altura a schiena di cavallo, lambito dalle rocce, con le sue case in pietra, il borgo cerca di sopravvivere ai terremoti che con continuità minacciano di disfarlo. Un disegno di Escher, il visionario artista olandese, ce lo mostra in groppa alla sua collina, come nave arenata – in inverno – in un mare di ghiaccio. Opi è un luogo totalmente modellato sul territorio, in equilibrio instabile, come un lungo e bianco gregge di pecore su un dirupo. L’aspro carattere marsicano contrasta con l’origine, probabilmente fiabesca, del nome: opes in latino significa abbondanza, ma l’unica che qui si sia mai vista, era quella degli armenti, delle pecore e dei pastori. Oggi quel pugno di case nell’impervio paesaggio abruzzese può comporre la sua nuova sinfonia pastorale guardandosi intorno e vedendosi diverso in ogni stagione. Carrarecce innevate, torrenti che fluiscono nelle valli, policromie di fiori allo scioglimento delle nevi, vecchi tratturi percorsi da giovani viandanti, boschi secolari dove allo sguardo dei briganti si è sostituito quello fuggitivo del camoscio: Opi ha forse trovato la sua Ope.

Comune di opi
(Provincia de L’Aquila)
Altitudine
m. 1250 s.l.m.
Abitanti
452

Patrono
San Giovanni, 24 giugno
info turismo
Pro Loco, via San Giovanni, 50 – tel. 0863 910622 – 911930
Comune, via San Giovanni, 50 – tel. 0863 910606
www.comune.opi.aq.it

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  • Borgo

Pacentro

Pacentro, Abruzzo

Il nome

Pacinus, Pacinos, Pacine, Pacino: sono molte le congetture circa l’origine del toponimo. Probabilmente è legato al nome di qualche antico borgo, forse d’origine latina, come farebbe supporre il ritrovamento in zona di fabbriche, lapidi e sepolcri. La leggenda narra che Pacinus, eroe troiano, lasciato Enea sulle rive del Tevere, s’inoltrò per il Sannio e arrivato ai piedi del Monte Morrone vi fondò Pacentro.

La storia
VIII sec., la prima menzione di Pacentro si ha con la donazione al monastero di S. Vincenzo al Volturno della chiesa di Sancti Leopardo in Pacentru da parte dei duchi di Spoleto Lupo e Ildebrando.
X-XI sec., è eretto il castello a difesa della popolazione della Valle Peligna, minacciata dalle scorrerie di Saraceni e Normanni. Intorno ad esso sorgono le prime case e chiese, e si sviluppa l’economia del borgo.
1170 ca., il Catalogo dei Baroni del Regno di Napoli informa che il castello di Pacentro è abitato da 48 famiglie.
1270 ca.-1464, periodo caldoresco. Con il riaccendersi della contesa tra Aragonesi e Angioini per la successione al Regno di Napoli, Pacentro diviene uno dei perni della lotta angioina contro gli Aragonesi sostenuti da Sulmona. Sotto Giacomo Caldora Pacentro trova il modo di svilupparsi e conosce anche un periodo di relativo benessere. La sconfitta degli Angioini nel 1464 travolge Antonio Caldora che perde tutte le sue terre.
1483-1612, il feudo è possesso del ramo di Napoli della famiglia Orsini. Con l’avvento della dinastia aragonese, i nuovi feudatari apportano modifiche sostanziali al castello.
1613-1624, Pacentro appartiene al capitano Antonio Domenico De Sanctis.
1626-1648, smembrato dai creditori, il feudo perviene ai Colonna, principi di Zagarolo. 1664, la Regia Corte di Napoli vende il castello a Maffeo Barberini, al quale subentrano poi i marchesi Recupito di Raiano, che lo tengono sino all’abolizione del feudalesimo. XX sec., dopo essere stato interessato, nei decenni successivi all’Unità d’Italia, dal fenomeno del brigantaggio, il borgo è colpito nel corso del Novecento da due ondate di emigrazione, agli inizi del secolo e poi tra gli anni ’40 e ’60, che causano il suo spopolamento.

Comune di Pacentro
(Provincia de L’Aquila)
Altitudine
m. 700 s.l.m.
Abitanti
1500

Patrono
San Crescenzo, quarta domenica di settembre

info turismo
Comune: via S. M. Maggiore – tel. 0864 41114
Centro Informazioni Parco Naturale della Maiella: via Roma | tel. 338 3112184 | www.comune.pacentro.aq.it

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  • Borgo

Pescocostanzo

Pescocostanzo, Abruzzo

Il nome

Il toponimo Pescus Constantii compare per la prima volta nella seconda metà dell’XI sec. Pesco, dal vocabolo osco pestlùm (latinizzato poi in pesculum, da cui la forma volgare Peschio), indica il basamento roccioso sul quale si è formato il centro abitato originario. Del Costanzo che legò il suo nome a quello del masso roccioso, non si hanno notizie certe.

La storia

III sec. d.C, il ritrovamento di alcune tombe lascia supporre un insediamento in età romana.
X-XI sec., sorge il primo nucleo abitato, grazie alla rinascita delle attività agricole voluta dai monaci benedettini, verso il Mille. L’esistenza di un borgo fortificato è testimoniata da un’iscrizione del 1066 riportata su una delle formelle della porta bronzea della Basilica di Montecassino.
XIV sec., nuove costruzioni cominciano a occupare l’area a ridosso delle mura, mentre già era stato fondato l’antico nucleo religioso dove attualmente sorge la chiesa di S. Maria del Colle.
XV sec., il borgo continua a espandersi fino al 1456, quando viene distrutto dal terremoto.
XVI sec., la ricostruzione è rapida grazie anche al potenziamento della “Via degli Abruzzi” che unisce Napoli a Firenze evitando le insidie delle Paludi Pontine. Il rinnovamento urbano coincide con il governo illuminato di Vittoria Colonna (1525-47): la commissione degli “homini della Signora” diviene l’organo che sovrintende alle nuove espansioni urbane verso ovest e sud, conferendo al tessuto edilizio una conformazione molto vicina all’ attuale.
XVII-XVIII sec., lo sviluppo economico e culturale, dovuto alla pastorizia e alle attività ad essa legate, richiama in paese maestri artigiani di provenienza lombarda, che danno impulso all’artigianato dell’oreficeria, del ferro battuto, dei tessuti, del legno, dei merletti. è il periodo d’oro del borgo, che si arricchisce di chiese, palazzetti, case a schiera e opere d’arte. Nel 1774, l’Università di Pescocostanzo riesce ad acquistare definitivamente dal feudatario tutti i diritti sulla propria terra.

Comune di pescocostanzo
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m. 1395 s.l.m.
Abitanti
1210

Patrono
S. Felice Martire, 7 agosto
info turismo
Comune, piazza Municipio, tel. 0864 640003.
Ente Parco Nazionale della Maiella, tel. 0864 641551.
www.pesconline.it
www.comune.pescocostanzo.aq.it

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  • Borgo

Pettorano Sul Gizio

Pettorano Sul Gizio, Abruzzo

Il nome

diverse interpretazioni: da pettorale, per la forma a petto di corazza dell’insieme urbanistico; da pettorata, ripida salita: il dirupo della Valle del Gizio; dal greco petra: roccia; da Pictorianus, nome di pagus romano.

La storia

1093, compare negli atti per la prima volta il “castellu qui Pectorianu bocatur”.
XII sec., con i Normanni il castello è già una consolidata realtà economica e politica, sede di un feudo che si estende dalla valle del Gizio verso il Piano delle Cinquemiglia e al Sangro, a capo del quale è Oddone della famiglia dei conti del Molise.
1229, l’esercito di Papa Gregorio IX caccia il duca di Spoleto dalla Marca, assedia Sulmona e conquista il castello di Pettorano; dopo questo episodio, Federico II tenta di riportare la situazione sotto controllo nominando titolare del feudo il figlio Federico.
1269, Oderisio de Ponte dona il feudo alla figlia Giovanna che sposa il figlio di Amiel de Courbain.
1310, il feudo è trasmesso ai Cantelmo, probabili discendenti dei reali di Scozia, venuti in Italia al seguito di Carlo I D’Angiò, e rimane loro fino al 1750; i principali interventi edilizi ed urbanistici realizzati a Pettorano sono opera di Fabrizio Cantelmo (1611-1658); di quel periodo sopravvivono le mura di cinta, 5 delle 6 porte di accesso, numerosi edifici civili e religiosi.
1706, un terremoto procura ingenti danni al paese.
1750, ai Cantelmo succedono i Montemiletto, che tengono il feudo fino all’abolizione del regime feudale nel 1806.
XX sec. il borgo è interessato dal fenomeno dell’emigrazione, prima transoceanica verso le Americhe, poi verso l’Europa e il Nord Italia.

Comune di pettorano sul gizio
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m. 656 s.l.m.
Abitanti
1400 (400 nel borgo)
patrono
Santa Margherita,13 luglio

Pro Loco- Piazza Umberto I, N.3 – 0864 487004 – 334 134 8222 – 346 960 0292
Riserva Naturale- Piazza Zannelli – 0864 487006
Comune Piazza Zannelli – 0864 48115
Coop. Valleluna 388 099 2468

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  • Borgo

Scanno

Scanno, Abruzzo

Il nome

Scanno ha il nome del luogo su cui sorge. Furono i Romani a chiamare scamnum, scanno, sgabello, lo sperone di roccia su cui poggiano i primi contrafforti dei monti dell’alta Valle del Sagittario.

La storia

Età romana: le statuine di Ercole con la clava trovate lungo il corso del fiume Carapale testimoniano la presenza di un abitato già in epoca preromana.
1067, è conservato nell’abbazia di Montecassino il primo documento che attesta l’esistenza di Scanno.
Il borgo passa, nei secoli, da un feudatario all’altro: è sottomesso ai Conti di Valva, ai Di Sangro, ai D’Aquino, ai D’Avalos, ai De Pascale, ai D’Afflitto e infine ai Caracciolo.
XVII – XVIII sec., grazie allo sviluppo delle attività legate al commercio degli armenti e allo sfruttamento del bosco, il borgo raggiunge il suo massimo splendore. Nasce tra ’600 e ’800 quello che è forse il più bel vanto di Scanno: il costume femminile, ancora oggi motivo di lustro per chi lo indossa. La diffusione del costume è contemporanea all’affermarsi dell’industria della lana e dell’arte della tintoria: l’abilità delle donne di Scanno nell’orditura e nella tessitura era nota in tutto il Regno di Napoli.
XIX sec., il paese vive le vicende della storia nazionale, dal Risorgimento al fenomeno del brigantaggio. A quest’ultima piaga si aggiunge, nei primi decenni del ‘900, quella dell’emigrazione.
Ne consegue l’abbandono della pastorizia: gli ovini, dalle decine di migliaia che erano nel ’700, si riducono all’inizio del secolo scorso a poche migliaia di capi.
In tempi più recenti, però, il contro-esodo degli emigrati ha consentito lo sviluppo dell’industria turistica,sorta grazie ai risparmi da loro accumulati all’estero.

Comune di Scanno
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m.1050 s.l.m.
Abitanti
2100 (1600 nel borgo)

Patrono
Sant’Eustachio, 20 settembre.

Info turismo
IAT, piazza Santa Maria della Valle
tel. 0864 74317 – fax 0864 747121
ore 9-13, 16-19
www.comune.scanno.aq.it

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  • Borgo

Villalago

Villalago, Abruzzo

Il nome

Dal latino volgare Valle de Lacu, evoca la presenza nel territorio di nove laghi, molti dei quali scomparsi.

La storia

1010 circa, all’origine di Villalago c’è la fondazione, da parte del monaco benedettino San Domenico Abate, del monastero di San Pietro de Lacu.
1067, i discendenti dei conti di Valva che avevano promosso la fondazione del monastero di San Pietro del Lago, lo donano a Montecassino insieme con le terre di sua pertinenza, le celle e l’eremo di Prato Cardoso.
1230, è documentata sul monte Argoneta l’esistenza della torre di avvistamento sulle Gole del Sagittario. Come entità civica, Villalago non appartiene a nessun feudatario: fino al 1474 si sviluppa all’ombra del monastero di San Pietro e nel 1568 diventa Università ribellandosi ai conti Belprato di Anversa, che cercano di inglobarla nei loro domini.
1806, Villalago perde lo status di Università e piomba in un feudalesimo che non aveva conosciuto prima.
1892, la costruzione della Strada Statale 479 Sannite pone fine all’isolamento di Villalago; nel 1914 con la prima centralina elettrica arriva l’illuminazione.

Comune di Villalago
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m. 930 s.l.m.
Abitanti
615

Patrono
San Domenico Abate, 22 agosto
Info turismo
Pro Loco, piazza Celestino Lupi – tel. 0864 740567
www.comune.villalago.aq.it

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  • Borgo

Anversa degli Abruzzi

Anversa Degli Abruzzi, Abruzzo

Il nome

Deriva dai toponimi ad versus (di fronte a, nelle vicinanze) o amnis versus (verso il fiume), come suggerisce la radice etimologica e fonetica a(di)nversa(m) (aquam), dove le acque sono quelle del Sagittario. Con riferimento al periodo normanno, il nome potrebbe anche essere legato a quello di Aversa, la cittadina campana fondata dai Normanni. Nel 1927 è stata aggiunta la specificazione “degli Abruzzi”.

La storia

1150, nel “Catalogo dei Baroni” del re normanno Ruggero II, la terra di Anversa, insieme al feudo di Castrovalva, figura come appartenente al conte Simone di Sangro. Nel 1187 è già corte di cause civili e penali. I feudi di Simone sono poi ereditati da Raynaldo di Sangro che li perde per essersi schierato contro l’imperatore Federico II. Le terre di Anversa con il castello normanno (edificato nella prima metà del XII sec. da Antonio di Sangro) ritornano nella disponibilità di questa famiglia solo nel 1250.
1431, la contea passa sotto la signoria dei Caldora di Pacentro e, nel 1479, sotto quella di Niccolò da Procida, che arricchisce la chiesa di San Marcello dello splendido portale. Nel 1493 è venduta alla famiglia dei Belprato, che la tiene fino al 1631, facendole raggiungere sotto la sua guida il massimo splendore.
Nel 1500 l’Accademia letteraria degli Addormentati, fondata da Gianvincenzo Belprato, richiama nel palazzo di Anversa umanisti, scienziati e artisti da molte parti d’Italia. 1656, il borgo è decimato dalla peste propagatasi da Napoli. Il violento terremoto del 1706 completa l’opera di devastazione, tanto che in un documento del 1754 il castello normanno è descritto come “distrutto e di nessuna rendita”. Nel XVIII sec. Anversa appartiene ai Recupito, fino all’estinzione del feudo nel 1806. Qualche anno prima, nel 1799, sotto il vento della rivoluzione francese gli anversani si erano rifiutati, armi in pugno, di pagare le tasse, sollevando enorme scalpore.
1817, il borgo di Castrovalva è unito ad Anversa. Dopo l’Unità d’Italia, il territorio è interessato dal fenomeno del brigantaggio.
1905, Gabriele D’Annunzio vi ambienta La fiaccola sotto il moggio, che definisce “la perfetta tra le mie tragedie”.

Posta all’inizio delle Gole del Sagittario, in un ambiente che i viaggiatori inglesi dell’Ottocento (Richard Craven, Edward Lear) trovavano “pauroso e bello”, Anversa ha colpito anche la fervida immaginazione di D’Annunzio che vi ha ambientato una fosca vicenda all’ombra di un suo imponente rudere, il palazzo dei Sangro. Anversa è una primitiva bellezza che smuove le braci mai sopite di un Abruzzo misterioso e barbarico, nella visione del Vate. Questa è la terra dei Marsi, e marsus era un mago incantatore di serpenti: gli stessi che nello stemma di Anversa si ritrovano avvinghiati a un compasso, evocando iniziazioni esoteriche di sapore rosacrociano o massone. Ma poi c’è il cucù che esce da un povero fischietto di creta, a riportare il tutto alla sua dimensione naïf, che è quella di un paese di antichi produttori di pignatte e giocattoli sonori, di rinomati maestri muratori, di pastori che oggi, attraverso Internet, chiedono l’adozione a distanza delle loro pecore, per salvare un mestiere dimenticato.

Comune di Anversa degli Abruzzi
(Provincia dell’Aquila)
Altitudine
m. 604 s.l.m.
Abitanti
328
patrono
San Marcello Papa, 16 gennaio

info turismo
Comune, via Giambattista Manso, 5, tel. 0864 49115, fax 0864 490930
Info point, via SS. Maria delle Grazie, 14, tel/fax 0864 49286
(periodo festivi e stagione estiva)
Riserva Naturale Regionale Gole del Sagittario, tel. 0864 49587
(ore 8-14 giorni feriali)
www.comune.anversa.aq.it
info@comunedianversa.it

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  • Borgo

Borgo di Rocca San Giovanni

Rocca San Giovanni, Abruzzo

Dove si trova: Rocca San Giovanni (CH) sorge su un colle roccioso a 155 metri di quota, tra le foci del fiume Sangro e del torrente Feltrino.

Perché visitarlo: le prime tracce scritte sul borgo compaiono su un diploma del 1047, firmato dall’imperatore Enrico III e indirizzato al Monastero di San Giovanni in Venere. Nell’Alto Medioevo fu feudo di nobili famiglie longobardo-franche, interessate alla colonizzazione monastica benedettina già dal VIII secolo. Dal XI secolo divenne una rocca-rifugio della vicina abbazia benedettina fino al XVI secolo, per poi passare sotto la giurisdizione della congregazione di Filippo Neri di Roma e sul finire del XVIII secolo tornò nel Regio Demanio. Da vedere la chiesa di San Matteo Apostolo, in stile romanico a tre navate, e il Palazzo Municipale del XIX secolo, di ispirazione classica, sede di un’interessante raccolta di opere d’arte. Caratteristico il centro storico con il suo corso che porta alla splendida terrazza panoramica dalla quale è possibile ammirare la valle sottostante. Il verde degli uliveti, dei vigneti e degli aranceti accompagna lo sguardo fino a giungere alla costa, dove il mare si infrange sugli scogli che delimitano insenature e candidi arenili ciottolosi. La spiaggia più grande è in località la “Foce”, che si estende tra l’antico borgo di Vallevò e Punta Torre, dove sorge l’omonimo Trabocco. Altra suggestiva spiaggia, tra le più belle della Costa dei Trabocchi, è quella del “Cavalluccio”, caratterizzata dalla presenza di un trabocco e da un grande faraglione chiamato lo scoglione.

Cosa vedere:

la chiesa di San Matteo Apostolo;
il Palazzo Municipale;
il centro storico;
le spiagge;
i trabocchi;
Cosa mangiare: la “palazzole”, piatto tipico della tradizione marinara composto da acciughe o sardine, mollica di pane, aglio, prezzemolo e olio extravergine di oliva. Città del Vino, Rocca vanta due cantine che producono vini Doc Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo, con particolare attenzione ai bianchi. Dalle olive “Gentile” di Chieti si ricava l’olio Dop Colline Teatine, un fruttato dai sentori erbacei e di colore verde oro. La Costa dei Trabocchi, infine, regala una varietà tipica di arance.

Come arrivare a Rocca San Giovanni:
In auto:
Da Nord e da Sud
Dall’autostrada Adriatica A14 (da nord: in direzione di Ancona; da sud: in direzione Pescara), uscire a Val di Sangro, proseguire per Fossacesia, continuare sulla SP 81 fino a Rocca San Giovanni.
Da Chieti
Percorrere la SS 81, imboccare l’autostrada A 14 in direzione Bari, uscire a Val di Sangro, seguire la direzione per Fossacesia, attraversarla e continuare sulla SP 81 fino a Rocca San Giovanni.
Da Pescara
Percorrere la SS 16 in direzione di Chieti, continuare sull’autostrada A 14 in direzione Bari, uscire a Val di Sangro, proseguire per Fossacesia, continuare sulla SP 81 fino a Rocca San Giovanni.

In treno:
La stazione ferroviaria più vicina è quella di San Vito – Lanciano (Ferrovia Sangritana – dista 9 km circa).

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Eventi

Premio FLA – Festival di Libri e Altrecose

Culturale

Comune: Pescara

Mese di inizio: Novembre

Durata: 4 Giorni

Visita il sito

Villaggio di Natale

Altro

Comune: Caramanico Terme

Mese di inizio: Novembre

Durata: 24 Giorni

Premio FLA – Festival di Libri e Altrecose

Culturale

Comune: Pescara

Mese di inizio: Novembre

Durata: 4 Giorni

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Villaggio di Natale

Altro

Comune: Caramanico Terme

Mese di inizio: Novembre

Durata: 24 Giorni

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