La chiesa e il convento di San Benedetto si trovavano, in età medievale, in posizione periferica, sebbene collocati lungo il più importante asse viario della città. Il complesso monastico, di cui restano la chiesa, il campanile e il chiostro, fu eretto sui resti della chiesa di Santa Maria Veterana, tra la fine dell’XI ed i primi del XII secolo, sotto l’egida dei feudatari normanni. Nel 1097, 1107 ed anni successivi, furono registrati gli atti di donazione del feudo di Vallarano e Tuturano, da parte del conte Goffredo di Conversano e della sua consorte Sichelgaita, signori di Brindisi, in favore del monastero. Nel XVIII secolo fu abbandonato il vecchio monastero per la costruzione del nuovo ad ovest dell’antico edificio, smontando così il portale dalla facciata e ricostruendolo sulla facciata destra. Con le leggi sulla soppressione dei beni ecclesiastici nel 1867, il monastero dovette essere abbandonato dalle suore e la chiesa fu consegnata all’arcivescovo per divenire parrocchia. Il portale presenta intrecci viminei con influenze lombarde e bizantine. L’architrave è strutturata in una cornice di classiche, rigide foglie di acanto dal forte aggetto, con tre scene di caccia all’interno, raffigurate a bassissimo rilievo. Datato tra la fine dell’XI secolo e i primi del successivo, ne è stata riconosciuta l’origine orientale, sassanide, dell’iconografia: tre cacciatori in costume probabilmente longobardo armati di lancia trafiggono un drago, nel riquadro centrale, ed un leone, in quelli laterali. Sul portale lo stemma dell’arcivescovo Antonino Sersale (1743-1750), che realizzò molti lavori di restauro, non solo nella chiesa di San Benedetto. All’interno la chiesa a sala, è divisa in tre navate e quattro campate da colonne di marmo grigio: la centrale è coperta con crociere cupolate dai massicci costoloni, le laterali da semibotti che si impostano alla stessa altezza della volta centrale, contrastandone la spinta, tutte sormontate da preziosi capitelli. Di questi ultimi, quattro sono di tipo corinzio ed uno, quello posto sulla prima colonna di sinistra, di tipico gusto preromanico rappresentando buoi, leoni ed arieti a teste unite. L’organico insieme delle volte, delle crociere e degli archi trasversi, un unicum nel panorama architettonico della regione, sostituisce ad una radicata tipologia pugliese, quella del sistema a cupole in asse, più dinamiche soluzioni già adottate, nell’XI secolo, in Lombardia e nel Nord Europa. Nella chiesa, oltre qualche brano di tarda e piacevole decorazione floreale, è la parete destra ad offrire un delicato lacerto di affresco duecentesco rappresentante una Madonna con Bambino con la testa aureolata e perlinata e gentilmente flessa. Il maphorion marrone della Madonna, sotto il quale traspare il velo chiaro che copre i capelli della Vergine, incornicia il volto e i suoi tratti: naso leggermente aquilino, grandi occhi dal dolce taglio a mandorla, piccola bocca sul mento rotondo. Presso la zona presbiterale, una nicchia a fondo piano e sagoma cuspidata, presenta una Crocifissione ed un’Annunciazione. Nella chiesa si trovano le preziose tele dell’Assunzione della Vergine, dai “caratteri tardo-manieristici, e l’Adorazione dei pastori del 1570 di Jacopo De Vanis. Ancora nel chiostro sono visibili lacerti di affreschi. Accanto all’immagine acefala di un santo monaco, con indosso saio e cappuccio e nella mano destra un rotolo chiuso, un’Annunciazione, con la Vergine, insolitamente intenta al lavoro di cucito. Visibile è infatti l’ago delicatamente trattenuto dalle dita sottili. Il chiostro è cinto da un passaggio porticato a finestre, divise da colonnine di marmo greco sfaccettate e capitelli a stampella con motivi zoomorfi (leoni alati, arieti, buoi) e altri palmiformi.