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Molise

Verso la fine del Settecento, nella Reggia di Caserta facevano bella mostra di sé alcune opere del pittore tedesco Jakob Philipp Hackert, in cui Ferdinando I Re di Napoli era intento alla caccia al cinghiale nei pressi del ponte di Venafro, sul fiume Volturno. Scene di vita di un’altra epoca, ma non molto lontane dalla realtà attuale, perché il Molise di adesso, soprattutto quello dell’entroterra, non è poi così cambiato. Neanche dopo un evento “epocale” come quello occorso nel 1963, quando la prima legge di revisione della Costituzione della Repubblica modificò l’articolo 131 decretando la definitiva divisione di quell’entità unica che era stata fino ad allora la Regione “Abruzzo e Molise”. Un momento che sancì una nuova rinascita per entrambe queste due realtà del Centro Italia.

Natura, arte, tradizioni, mare e montagna. Il Molise offre tutto questo con la grazia di una terra a parte, chiusa alle spalle dai Monti della Meta, ultima propaggine dell’Appennino Abruzzese, dal Massiccio del Matese e del Sannio. Da queste morbide alture, la terra ridiscende in colline sinuose che scivolano sino al mare e anticipano il paesaggio del Tavoliere delle Puglie. Una terra chiusa e poco popolata, con due sole province, Campobasso e Isernia, con una densità abitativa che rispettivamente oscilla dai 72 ai 52 abitanti per kmq, che è capace di offrire una natura intatta e ammaliante nella sua solitaria asprezza e ricorda nelle fortificazioni della costa la minaccia dei Saraceni. Costa che, per quanto breve – 35 chilometri appena – si apre su un mare trasparente che guarda alla Croazia, in una lunga linea sinuosa spezzata solo dal promontorio dove è arroccato il borgo vecchio della città di Termoli, la più famosa località balneare della Regione. In un lento girovagare per le valli, ecco poi inattesi siti archeologici, castelli feudali, chiese romaniche e barocche e borghi medievali, in una varietas che rinnova sempre l’emozione del viaggio.

Il Molise, come un feudo difficilmente raggiungibile, ha anche saputo custodire tradizioni e accoglienza schiette e sincere. Basta una nota di zampogna per riportare a mondi altrove ormai scomparsi, ma non qui, dove la transumanza lungo i tratturi di montagna è ancora una realtà forte. Oppure, basta un rintocco di campana per far risuonare forte e chiaro l’orgoglio di un popolo che della fusione del bronzo ne ha fatta un’arte da esportazione “di peso”, è il caso dirlo, considerando che ogni campana da chiesa forgiata qui può arrivare a contare diverse tonnellate. Forme di artigianato che si fanno arte, unica e identitaria di una terra, così come le sagre e le feste che animano il calendario degli eventi, in un mix di religiosità e paganesimo che si ritrovano attorno al desco, gustando piatti tramandati di generazione in generazione.

Una Regione così poco nota da riuscire a ironizzare anche su questo suo essere rimasta (fortunatamente) avulsa dalla realtà del turismo di massa, tanto da coniare un hashtag ormai iconico, #ilmolisenonesiste, paradosso così azzardato da diventare addirittura un marchio registrato riconosciuto nel mondo.

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Montenero di Bisaccia - I Calanchi

Montenero Di Bisaccia, Molise

15 elementi Cosa fare e vedere

  • Eccellenza Naturalistica

Marina di Petacciato – Riserva Naturalistica

Petacciato, Molise

Centro del litorale adriatico, Petacciato marina gode di un panorama mozzafiato che va dal promontorio del Gargano ai monti della Majella. La sua spiaggia di sabbia chiara e finissima, si allunga per parecchi chilometri in una distesa di natura incontaminata. A rendere Petacciato Marina una piccola meraviglia sono però le sue dune, caratteristico paesaggio della macchia mediterranea, tra le più affascinanti di tutto il litorale. Petacciato è un piccolo paese con meno di 3500 abitanti che sorge sulla cima di una dolce collina vista mare. La cittadina e il suo centro storico sono molto graziose e pittoresche, c’è una bella zona di riserva naturale alla foce del fiume Trigno e soprattutto la parte della marina di Petacciato è capace di incantare, con le sue acque azzurre e le sue dune costiere, anche il turista più reticente.
Il suo centro storico si trova arroccato tipicamente su una bella collina e presenta un classico tono medievale tutto vicoli e piccole piazze. Da visitare è la Chiesa di Santa Maria, che originariamente si chiamava Chiesa di San Rocco (patrono del paese), che rappresenta il cuore del borgo medievale. È stata costruita tra il XI e il XIII secolo con tufo e pietra arenaria, la sua pianta a croce greca ha tre navate e tre relativi altari, tra cui quello molto bello di Sant’Antonio dove si trova una ricca cappella familiare riservata alla nobile famiglia D’Avalos.

Sotto la Torre campanaria si trova la Cripta di San Rocco dove si può ammirare un’acquasantiera murale in pietra riccamente scolpita, una statua lignea di San Giuseppe, l’altare di Santa Lucia, il dossale dell’Addolorata e le particolari statue, in cartapesta dipinta, di Gesù Risorto e di S. Rocco.
Vicino al campanile sorge il PALAZZO DUCALE chiamato anche Castello di Petacciato perché venne creato per essere una vera e propria fortezza difensiva. Oggi è invece il luogo perfetto per ospitare gli eventi culturali e le feste cittadine, soprattutto nel suo elegante cortile-giardino interno.

Di grande interesse ambientale e turistico è l’area naturalistica SIC – Sito Interesse Comunitario – FOCE TRIGNO – MARINA DI PETACCIATO, quasi unica nel suo genere sull’Adriatico, caratterizzata da sabbia chiara e finissima, acqua azzurrra , dune costiere che si estendono per chilometri e una bella pineta che per due chilometri separa il mare dalla strada principale e garantisce riparo e ombra con i suoi grandi pini marittimi.

L’area della Foce del Trigno è un luogo bellissimo che comprende il medio e basso corso del fiume Trigno, con gli argini fluviali, i versanti vallivi e la Marina di Petacciato. Qui fiume e mare si incontrano e danno vita ad uno splendido ecosistema ricco di ornitofauna. Senza ombra di dubbio in molte stagioni questo è un vero paradiso per chi pratica birdwatching, infatti vengono organizzati molti tour e attività di didattica dalle associazioni locali.

L’area include il medio e basso corso del fiume Trigno comprendente gli habitat degli argini fluviali e dei versanti vallivi e la Marina di Petacciato. Il fiume Trigno ha un carattere quasi torrentizio, difatti, si presenta come una fiumara caratterizzata da un letto ampio e ciottoloso, con scarsa vegetazione riparia se non in alcuni tratti nei pressi della foce, dove sono presenti boschi ripari con salici e pioppi. Importante è la presenza di un habitat prioritario: percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea. La tipologia del biotopo consente la nidificazione di alcune specie di caradriformi il Corriere piccolo e il Piro piro piccolo, specie adattate agli ambienti in rapida evoluzione, come appunto i greti fluviali. Non è presente la macchia mediterranea ma pinete che hanno acquisito un elevato valore ecologico e paesaggistico per la presenza, nelle aree meglio conservate, di un sottobosco con specie di macchia e quindi con una evidente ripresa della vegetazione autoctona.

Da Petacciato Marina parte un bellissimo itinerario ciclabile che attraversando la valle del fiume Sinarca porta fino a Termoli, circa 30 chilometri tra campi coltivati spesso pieni di girasoli e placide colline che passa anche dalla bella Torre Saracena sulle rive del Sinarca, un luogo incantevole dove fare foto e ammirare la natura molisana.

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  • Eccellenza Naturalistica

Montenero di Bisaccia – I Calanchi

Montenero Di Bisaccia, Molise

Montenero di Bisaccia, in provincia di Campobasso, è un paese di circa 6.300 abitanti adagiato a 273 metri s.l.m. tra le colline molisane che guardano verso il mare. L’area urbana offre la possibilità di visitare il Borgo antico, un concentrato di storia, profumi e tradizioni che, fino al XVIII° secolo, rimase circondato da spesse mura e dieci alte torri provviste di feritoie e posti di guardia, che dominavano i dintorni. La zona antica del paese offre scenari originali e suggestivi, come l’area delle grotte arenarie e dell’antica Fonte Cassù, una fonte in muratura, con strutture ad archi, probabilmente ascrivibile a origini romane. Una fontana al servizio dell’antico centro abitato e dei suoi contadini, i quali la usarono fino a pochi anni prima del secondo conflitto mondiale. Nel III secolo a. C., Annibale, dopo la battaglia del Trasimeno, anziché marciare su Roma, entrò in Frentania e mise a sacco e fuoco l’intera Regione per rifornire d’acqua i suoi soldati, che marciavano verso la Piana di Guardialfiera e Larino. Annibale pose i suoi accampamenti a Montenero di Bisaccia, proprio in prossimità di Fonte Cassù, che in dialetto significa refrigerare. Oggi la fonte non è più utilizzabile, ma grazie a un recente restauro è stata recuperata e resa nuovamente visitabile.

LE GROTTE NEOLITICHE sono un complesso naturale di grotte arenarie risalenti al 10.000 a. C. e forniscono una testimonianza diretta di quella che è stata la storia di Montenero di Bisaccia; sono caverne naturali di roccia arenaria che furono abitate fin dal Paleolitico Medio. Infatti, pur non essendo mai state esplorate con intenti scientifici, dalla loro conformazione e da alcuni reperti fossili ritrovati (punte di frecce, ossa e cocci di vasi) si può supporre che esse siano servite come abitazioni umane in epoca risalente al Paleolitico Medio e al Neolitico. Durante il periodo natalizio, quest’area ospita, da più di trent’anni, una bellissima e suggestiva rappresentazione del Presepe Vivente, divenuta ormai una vera e propria tradizione famosa in tutta Italia. Un evento che con il passare degli anni ha creato un forte legame tra territorio, tradizione e leggende popolari.

I CALANCHI
I Calanchi di Montenero di Bisaccia, noti in paese come lame, si trovano alle spalle del Santuario della Madonna di Bisaccia. L’area è caratterizzata dalla presenza di forme erosive che si estendono su un territorio di circa 120,80 ettari, dando luogo al surreale paesaggio fatto di profonde valli dominate da creste sottili e frastagliate. I Calanchi sono delle forme erosive tipiche dei suoli argillosi, createsi in seguito all’azione delle acque meteoriche, che conferiscono un aspetto caratteristico al territorio. L’area è caratterizzata dalla presenza di forme erosive che si estendono su un territorio di circa 120,80 ettari, dando luogo al surreale paesaggio fatto di profonde valli dominate da creste sottili e frastagliate. La costituzione argillosa e quindi impermeabile del terreno rappresenta uno dei fattori caratterizzanti dell’area, assieme a forte pendenza, esposizione a sud, vegetazione scarsa, clima con precipitazioni intense e brevi e irraggiamento solare massiccio nel periodo estivo. Date anche le peculiarità della flora e della fauna presenti, l’area è stata individuata dal Ministero dell’Ambiente quale Sito di Interesse Comunitario (SIC) da valorizzare, tutelare e sviluppare. Sulle aree calanchive, infatti, si insedia una flora costituita in prevalenza da piante erbacee, con dominanza di graminacee, che formano l’habitat prioritario. L’ambiente si presenta sub steppico, caratterizzato da marme compatte, talora fogliettante e da argille marmose di tue tipi: varicolori e azzurre.

IL PRESEPE VIVENTE rappresenta uno degli eventi più attesi e caratteristici, non solo per i monteneresi ma per tutti i molisani. Come ogni anno, si svolge dal 24 dicembre al 6 gennaio presso le Grotte neolitiche. Il Presepe Vivente fu organizzato per la prima volta nel 1984, e sin dalla prima edizione, il presepe è stato allestito presso le Grotte Neolitiche. Con il passare degli anni e l’aumento di consensi e dell’entusiasmo, l’area interessata dalla rappresentazione si è notevolmente ampliata, regalando nuovi scenari. È una manifestazione molto importante che ogni anno coinvolge numerosi volontari e che è riuscita a creare un forte legame tra territorio, tradizioni, miti e leggende. Il luogo e l’impegno di tanti monteneresi rievocano, in modo accattivante e suggestivo, il racconto evangelico della Sacra Famiglia. Nel periodo natalizio, Montenero di Bisaccia e il suo Presepe Vivente diventano meta di numerosi visitatori provenienti ormai da tutta l’Italia. Lo scenario, i costumi e i tanti protagonisti immergono lo spettatore in un luogo incantato e unico.

LA TORRE DI MONTEBELLO
La Torre di Vialante, meglio conosciuta come Torre di Montebello, è situata nella Contrada di Montebello, a circa 12 km dal centro abitato di Montenero di Bisaccia. Data la sua posizione, a poca distanza dal mare e sulla destra del Fiume Trigno, la torre aveva una funzione di difesa e controllo dell’intero litorale molisano. Infatti, era in collegamento con le torri costiere di Termoli e Petacciato e insieme vigilavano meglio la costa dagli attacchi dei Turchi. La Torre di Montebello è stata costruita sopra i ruderi del vecchio Castello di Montenero, con lo scopo di difendere e dare l’allarme durante il lungo periodo delle incursioni saracene. Si suppone che sia stata costruita dai Normanni, restaurata da Federico II e ricostruita completamente nel XVI secolo, sotto il dominio di Carlo V. La torre si presenta a pianta quadrata con scalinata di accesso e merlature e beccatelli che contornano la cornice superiore. La sua forma architettonica si riscontra in numerose torri pugliesi. È articolata su tre livelli: i primi due coperti da volte a botte e collegati internamente da scala a chiocciola in pietra arenaria, l’altro è un terrazzo che presenta una volta coronata da merli. Per poter accedere alla torre vi è una scala a rampa che conduce alla porta d’ingresso, sulla parete principale vi sono evidenti tracce di un ponte levatoio, probabilmente al posto dell’attuale scala esterna. Le superfici murarie sono quasi del tutto compatte: presentano quattro finestrelle rettangolari con semiarco, delineate da mattoni in cotto a forte strombatura e distribuite una per lato a diverso livello di altezza, una monofora aperta a nord-ovest e due porte praticate rispettivamente sui lati nord-ovest e sud-est.

PORTO TURISTICO MARINA SVEVA
Il Porto Turistico Marina Sveva è situato a circa mezzo miglio a nord dalla Foce del Fiume Trigno, in località Costa Verde presso la Marina di Montenero di Bisaccia e nel golfo che unisce le cittadine di Vasto e Temoli. Il Porto Turistico Marina Sveva è una struttura portuale di recente costruzione dotato di numerosi sistemi green attivi: un impianto di depurazione delle acque di ultima generazione per riciclo e sostenibilità che parte dalla raccolta delle acque meteoriche, una colonnina di aspirazione delle acque nere e di sentina con trattamento successivo prima dello smaltimento, sistemi autosufficienti per l’acqua calda basati su pannelli solari, trattamenti anti inquinamento per l’area di bunkeraggio e captazione dell’acqua dalle falde naturali per il lavaggio delle barche con risparmio di acqua potabile. Proprio per questo su carattere fortemente ecosostenibile, l’intera costruzione assume grande rilevanza ed è profondamente legata a un patrimonio naturale e paesaggistico straordinario. Il porto è composto da 7 pontili galleggianti dotati di finger che possono ospitare fino a 446 imbarcazioni da diporto di lunghezza massima di 30 metri. A terra sono disponibili molti servizi sia per le barche che per i diportisti. Marina Sveva è in grado di garantire un livello d’eccellenza nei servizi disponibili e di confezionare un’offerta unica nel suo genere per ampiezza e varietà, arricchita da una struttura di assoluta avanguardia sia dal punto di vista architettonico che funzionale.

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  • Borgo

Campomarino: Il Borgo e i Murales

Campomarino, Molise

CAMPOMARINO
Campomarino, una delle principali cittadine della costa e dell’intera regione, si affaccia sul mare, da una parte, e sulle dolci colline del basso Molise, dall’altra Il paese, uno dei quattro molisani di minoranza etnica arbëreshë, ha la particolarità di avere quattro località: Campomarino Lido, Nuova Cliternia, Ramitelli e Contrada Arcora. Campomarino Lido è la frazione situata lungo la costa molisana dove si possono trovare ampie spiagge che ospitano stabilimenti con tutti i servizi sia aree di spiaggia libera, costeggiate da un bellissimo lungomare.
Il borgo di Campomarino custodisce anche un patrimonio storico e architettonico che è molto interessante scoprire. Una tra le caratteristiche più belle di Campomarino è la presenza di pregiati murales che raccontano i costumi e le tradizioni della comunità albanese in Italia. Le pareti di molte abitazioni, infatti, sono decorate con rappresentazioni della vita, delle attività e delle tradizioni arberesche. Camminando per le vie cittadine risulta impossibile non rimanere meravigliati dalle numerose chiese e dagli antichi palazzi. Il centro storico cittadino ha il suo cuore in Piazza Vittorio Veneto dove si trova uno stupendo belvedere che regala una vista sulla costa adriatica. Tra le tappe da non perdere c’è sicuramente la Chiesa di Santa Maria a Mare, nota anche come “Chiesa vecchia”. L’edificio religioso ha origini medievali, ma è stato oggetto di diversi rimaneggiamenti e l’aspetto attuale risale al XVIII secolo. All’interno la chiesa ospita una reliquia di Santa Cristina, patrona di Campomarino, e un busto della Santa. Poco distante, si trova la Chiesa del Santo Spirito che è comunemente nota come “chiesa nuova” perché è stata costruita nel 1995.

CAMPOMARINO IL BORGO DIPINTO – I MURALES
Il popolo Arbëreshë, di origine albanese immigrò a Campomarino già alla fine del XV secolo per sfuggire all’orrore dell’invasione ottomana dei Balcani. Questo popolo rifondò interi villaggi, ricostruì borghi e casali distrutti da terremoti e pestilenze, bonificò terreni paludosi e tramandò la propria lingua e cultura di generazione in generazione, fino ai giorni nostri. Fu così che rinacque il borgo antico di Campomarino, con la struttura urbana tipica dei piccoli centri balcanici, C’è stato un tempo in cui il borgo antico di Campomarino aveva i muri delle case intonacati di bianco, come la tela di un pittore prima del passaggio del pennello o come un foglio di carta in attesa della prima parola. Liliana Corfiati ha visto in quegli spazi delimitati da porte, finestre e grondaie le pagine pronte ad accogliere i suoi racconti, storie di vita quotidiana, tradizioni da non dimenticare, immagini dai colori vivaci come i costumi Il popolo Arbëreshë.
Grazie, dunque, all’intuizione dell’artista Liliana Corfati, nativa di Campomarino, Il borgo è, infatti oggi, decorato con numerosi murales che si ammirano esplorando i vicoli del paese. In Italia esistono numerosi borghi arricchiti di murales, ma Campomarino non è un borgo dipinto come tutti gli altri, perché dietro la realizzazione delle opere d’arte che decorano il suo centro storico è scolpita la storia di un intero popolo arbëreshë. Sono piu’ di 35 i murales che raffigurano scene di vita ma anche tradizioni e vicende storiche del popolo albanese e passeggiare per le vie del borgo è come visitare un museo a cielo aperto dedicato alla storia e alla cultura arberesche. Ecco, di fronte all’inconfondibile chiesa trecentesca di Santa Maria a Mare, un gruppo di giovani, vestiti con abiti tradizionali dai colori vivaci, danzare in cerchio un antico ballo di buon auspicio al suono di due fisarmoniche. Poco oltre, un regale e fiero condottiero è approdato alla spiaggia del Lido di Campomarino insieme ai suoi fedeli soldati mentre la loro nave è all’ancora con la vela ammainata: è l’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg, vincitore di mille battaglie contro gli Ottomani, invincibile baluardo che, finché fu in vita, riuscì ad impedire l’avanzata turca. Dietro l’angolo, sotto un arco, una coppia di sposi riceve la corona nuziale da un prete ortodosso. Lì Papa Francesco benedice una famiglia arbëreshë; qui Madre Teresa di Calcutta, di origine albanese, abbraccia una ragazzina, circondata da altri giovani sorridenti. In fondo, Santa Cristina, patrona di Campomarino, resiste miracolosamente al martirio inflittole dal padre per farle abiurare la fede Cristiana. Ci sono immagini sacre ma anche scene di vita comune: oltre quella via, un giovane, accompagnato da due violinisti, canta una serenata alla sua amata affacciata alla finestra; due amici giocano a carte, seduti ad un tavolo con due bottiglie di buon vino, mentre una giovane contadina pigia i grappoli d’uva all’interno di un tino. Un gruppo di donne, sedute di fronte all’uscio di casa, sono intente a scambiarsi confidenze dopo aver appeso i panni ad asciugare. Un calzolaio aggiusta una scarpa. Una bella lavandaia lava i panni dopo aver attinto l’acqua dalla fontana del paese; c’è chi inforna il pane, chi prepara la conserva e chi tira la sfoglia con il mattarello mentre alle sue spalle un pentolone si scalda al fuoco del camino. Ovunque fioriere dipinte si confondono con quelle vere; da porte e finestre disegnate si affacciano personaggi che si mescolano agli abitanti di Campomarino: i murales di Liliana Corfiati raccontano scene di vita quotidiana, mestieri e tradizioni popolari; sono stati un dono che l’artista di origine arbëreshë ha voluto fare all’amato borgo natio.

ABITATO PROTOSTORICO.
Di interesse una visita al Villaggio protostorico che sorge a poca distanza dal mare, in Località Arcora. Si tratta di una delle primissime testimonianze di villaggi protostorici della fascia costiera molisana. La datazione dell’insediamento non è esatta, ma si può dire con certezza che le varie fasi abitative partono dall’età del Bronzo Finale, inizio dell’età del Ferro, circa IX secolo a. C., e arrivano almeno al VII secolo a. C. Il sito presenta due aree a destinazione abitativa: La prima si sviluppa a nord-ovest e presenta una serie di strutture notevolmente interrate sul lato posteriore, precedute da un piano probabilmente porticato e pavimentato con un battuto di ghiaia. Alle spalle di una delle capanne e perfettamente allineata con essa, è stata rinvenuta la sepoltura di un bambino piccolissimo, deposto in posizione rannicchiata. La seconda area più ampiamente esplorata e articolata è situata nel settore sud-est del terrazzo. La superficialità delle stratigrafie e le recenti manomissioni rendono problematica la lettura delle singole unità abitative (capanne a pianta rettangolare). I numerosissimi reperti e i resti faunistici e botanici permettono di avere un’idea sulle attività e sull’organizzazione della vita in questo insediamento. Alcune strutture potrebbero aver avuto funzioni specializzate. Le fusarole e i pesi da telaio, per esempio, sono stati rinvenuti con particolare concentrazione in una delle strutture, così come i fornelli stabili che, concentrati in altre aree, sono sempre multipli. Mentre, in altre strutture sono concentrati i vasi per conservare. Tra i resti botanici prevalgono di gran lunga i legumi seguiti dai cereali. I resti dei pasti consumati, soprattutto le parti ossee degli animali, venivano depositati immediatamente al di fuori delle capanne.

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  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

I Trabucchi

Termoli, Molise

I TRABUCCHI – TERMOLI
Città di mare, Termoli è anche un borgo antico ricco di storia medievale. E punto di partenza per scoprire l’entroterra dalle dolci colline molisane e le meravigliose isole Tremiti. Dal Castello Svevo, simbolo della città, fino alle torrette che completavano la linea difensiva verso il mare tra Puglia e Abruzzo, Termoli esprime due facce della stessa medaglia: quella dell’antico borgo arroccato e quella della città nuova costruita fuori le mura alla metà del 1800.
Ai piedi del Borgo Antico inizia la Passeggiata dei Trabucchi, tra i simboli che caratterizzano la città, cammino che dai piedi del Castello Svevo si snoda lungo tutta la cinta muraria del Borgo e il promontorio che si affaccia sul mare adriatico fino ad arrivare al Porto.

I Trabucchi, chiamati trabucche in termolese, sono antiche e affascinanti macchine da pesca risalenti al XIX secolo. Era il 1850 quando Felice Marinucci, pescatore termolese, vide per la prima volta un trabucco mentre con la sua barca a vela si dirigeva verso Ancona. Secondo il racconto, nel corso del viaggio, fu attratto da questo strano strumento, formato da una fitta palizzata conficcata tra gli scogli, sulla quale era appoggiata una solida piattaforma fatta di assi di legno.

Completavano la costruzione un argano, una piccola cabina e due massicce antenne che si allungavano sull’acqua per molti metri. Ad esse era legata una rete di forma rettangolare che, a intervalli più o meno regolari, veniva immersa in acqua e subito dopo ritirata. Felice Marinucci ne rimase subito affascinato e, dopo avere assunto sufficienti informazioni sulla sua efficacia, al ritorno da quel viaggio, decise di costruirne uno anche a Termoli, esattamente a Marina di San Pietro, resistito fino ad oggi. Nacque così il primo trabucco di Termoli, al quale, nel 1950, un secolo dopo, ne seguirono circa una decina. A Termoli i trabucchi erano situati a ridosso del Borgo Antico ed erano particolarmente importanti per un borgo di mare perché garantivano il pescato anche in caso di cattive condizioni climatiche. La scelta dei luoghi di impianto dipendeva dal percorso del pesce, in particolare dalla sua fase di allontanamento dalla costa, alla quale si era avvicinato per via delle correnti.
Per cui, i Trabucchi venivano collocati lungo le direzioni d’uscita che andavano dall’insenatura verso il largo, cioè guardando il mare. La tecnica di pesca utilizzata consiste nell’intercettare, con le grandi reti a trama fitta, i flussi di pesci che si spostano lungo gli anfratti della costa. Il trabucco è posizionato là dove il mare presenta una profondità di almeno 6 metri, ed è eretto a ridosso di punte rocciose orientate in genere verso sud-est o nord-ovest, in modo da poter sfruttare favorevolmente le correnti. La rete viene calata in acqua grazie ad un complesso sistema di argani e tirata su per recuperare il pescato. Negli anni più recenti, gli storici Trabucchi termolesi sono stati più volte ridisposti a causa del maltempo. Oggi come allora, i Trabucchi sono privati ed è possibile visitarli su richiesta. Rimangono attivi attivi due: il trabucco Celestino sul litorale Nord e il trabucco D’Abramo sul litorale sud.

D’obbligo una visita al Borgo Antico, arroccato su un promontorio delimitato da antiche mura a strapiombo sul mare Adriatico, risalente al V secolo. Si entra nel Borgo da un varco vicino al Castello o dalla porta ad arco in prossimità della Torretta Belvedere, con un piazzale che domina la vista sul porto e sulla spiaggia a sud di Termoli. Dopo aver percorso piazzette, scalinate, vicoli stretti tra cui il famoso Vico II Castello, il più stretto d’Europa, si apre una grande piazza circondata da casette bianche e ocra tra le quali spicca imponente la Cattedrale di San Basso, Duomo di Termoli, (XII-XIII sec.), splendido esempio di stile romanico. La visita prosegue lungo la cinta muraria tra case basse, in perfetta armonia con il Borgo marinaro fino a raggiungere il Faro e il monumento che caratterizza l’immagine del Borgo stesso: il Castello, probabilmente di origine normanna (XIsecolo), comunemente chiamato Castello Svevo per la ristrutturazione voluta da Federico II di Svevia.

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  • Borgo

Larino – Il Borgo Storico

Larino, Molise

Circondata da alberi di olivo e da viti Larino, antica città del popolo italico dei Frentani, fondata in età preromana conserva numerose e importanti vestigia. Dopo la distruzione della città di Frenter, la Città fu ricostruita con il nome di Ladinod, e successivamente prese il nome latino di Larinum, ossia luogo dove i Frentani ebbero i Lari. La città aveva un impianto urbano già molto solido ed evoluto nel IV secolo a.C. dopo la vittoria dei Romani nel 319 a.C., Larinum divenne una res publica, mantenendo una propria autonomia rispetto alle altre città frentane.

Durante la seconda guerra punica (217-201 a.c) fu teatro di battaglie tra l’esercito di Annibale, accampato nella vicina Gerione, e Fabio Massimo, dittatore a Larino.
Successivamente, dopo la caduta dell’impero romano, la dominazione dei Longobardi influenzò la vita di Larino che divenne parte integrante del Ducato di Benevento.

La data tradizionale dell’842, associata alla memoria della traslazione delle reliquie del patrono S.Pardo, mette in relazione l’esodo definitivo dell’antica città dal sito collinare alla vallata sottostante, difesa dalle incursioni saracene ed ungare, da alte mura di cinta. Nel nuovo nucleo, sotto la successiva influenza del Regno di Napoli, a partire dal XIII sec. d.c., recuperò tutta la sua importanza e la presenza di un importante fortezza, successivamente adibita a residenza dei regnanti dell’epoca ne è la testimonianza unita alla costruzione della nuova Cattedrale (consacrata il 31 luglio 1319). Con il riordinamento amministrativo nel Regno di Napoli (1806), Larino riacquistò un ruolo istituzionale determinante, divenendo capoluogo di distretto, così come quando passò (1811) dalla Capitanata al nuovo distretto di Molise.
Una passeggiata nel borgo storico della città di Larino riserva piacevoli sorprese al turista e permette di scoprire ed apprezzare i suoi tesori: il Palazzo Ducale, la Basilica Cattedrale di San Pardo, il Museo Diocesiano, il Museo Civico, i Pavimenti Musivi, Villa Zappone e l’Anfiteatro Romano.

IL PALAZZO DUCALE di Larino è l’antico castello edificato intorno al 1100-1200 dai conti Normanni, durante la conquista longobarda della penisolam situato presso l’asse viario principale del borgo. E’ appartenuto a diverse importanti famiglie larinesi tra le quali Francia, Orsini, Carafa e De Sangro. Nel 800 viene definitivamente acquistato dal Comune della città. All’interno, nella stanza del Sindaco, è conservata una volta affrescata nel 1907 da Luigi Benevento, raffigurante al centro l’ala in campo azzurro, ovvero lo stemma della città, ed ai suoi lati presenta i volti di importanti personaggi del periodo risorgimentale. L’atrio oggi ospita il Museo Civico, la Biblioteca Comunale “Bartolomeo Preziosi” e gli uffici comunali.

La BASILICA CATTEDRALE DI SAN PARDO è una delle più importanti opere d’arte dello stile romanico dell’Italia meridionale costruita nel XII secolo. La chiesa è dedicata all’ Assunta ed al patrono S. Pardo, vescovo di Larino. La facciata è divisa in due piani da una cornice: la parte superiore presenta le caratteristiche delle chiese romaniche abruzzesi ed è caratterizzata dalla presenza di un particolare rosone a tredici raggi . Il rosone è sormontato da una cornice all’interno della quale sono rappresentati i 4 simboli degli evangelisti e l’agnello mistico in posizione centrale. Al vertice della cornice è raffigurato il vescovo S. Pardo in abiti episcopali. Nella parte inferiore si apre il portale strombato con timpano, decorato con colonnine tortili e con ricchi capitelli, a guardia dell’ingresso ci sono sui lati grifi e leoni simboli della vigilanza.
L’interno della cattedrale, con tre navate, è un tipico esempio di romanico meridionale, con archi a sesto acuto caratterizzati da semplici decorazioni. Si conservano tracce di affreschi sulle pareti databili al XIV secolo: l’affresco più importante è costituito da S. Orsola e il rapimento delle Vergini. inoltre si possono ammirare alcuni bassorilievi sia in pietra di incerta datazione che in legno. Tra quelli in legno di fine 1300 abbiamo la raffigurazione dell’ultima cena, la traslazione del corpo di san Pardo, patrono della città, avvenuta il 26 maggio 842.

Il MUSEO DIOCESIANO, allestito nel Palazzo Vescovile è stato inaugurato il 29 ottobre 2011 con lo scopo di conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico, proveniente dalla Cattedrale di Larino e dal territorio diocesano. Il Museo, disposto su due piani, custodisce opere pregevoli, dipinti e sculture. Il piano inferiore ospita numerose statue tra le quali un antica statua lignea di san Pardo e una Statua di San Michele Arcangelo, in gesso, risalente al XIV secolo. Al piano superiore si possono ammirare diverse opere del noto pittore Paolo Gamba.

IL MUSEO CIVICO, ubicato al secondo piano del Palazzo Ducale, ospita tre splendide pavimentazioni musive romane: il Mosaico degli Uccelli, il Mosaico del Leone e, infine, il Mosaico della Lupa. Nella prima sala sono affisse alle pareti una serie di epigrafi, iscrizioni romane provenienti dall’antica città di Larinum. Nella seconda sala sono presenti dei reperti archeologici d’età romana sistemati in vetrine espositive. Nelle altre tre sale sono pavimentati i tre mosaici su citati. La sala ‘Freda’, inoltre, ospita la sezione Numismatica dove è possibile ammirare una riproduzione ingrandita di monete coniate nell’antica Larinum.

LE PAVIMENTAZIONI MUSIVE: oltre alle pavimentazioni musive della lupa, degli uccelli e del leone, conservati nel Museo civico di Larino, di rilievo sono il Mosaico del Polpo rinvenuto nell’atrio di una domus patrizia, il Mosaico Absidato rinvenuto anch’esso in un altra domus patrizia, i Mosaico del Kantharos e dell’Emblema rinvenuti nei pressi dell’attuale asilo comunale, il Mosaico dei Delfino nei pressi dell’attuale campo sportivo e, infine, il Mosaico di Villa Zappone
LA VILLA ZAPPONE, di proprietà privata, è una costruzione risalente ai primi del Novecento. Nel 1994 lo Stato ha esercitato il diritto di prelazione nei confronti della Villa e del Parco adiacente. I lavori di scavo di quest’ultimo hanno riportato alla luce un bellissimo mosaico ed i resti di un imponente complesso termale di età romana. Oggi insieme ai resti romani sono visibili le scuderie e la lavanderia. Nelle scuderie è possibile ammirare un condotto fognario perfettamente conservato che alimentava le acque delle terme. Il materiale emerso durante le compagnie di scavo è servito a comporre il pavimento dell’atrio d’ingresso, un caminetto e l’elegante pavimento della Biblioteca.

L’ANFITEATRO ROMANO, testimonianza del dominio Romano, è una struttura, realizzata tra 80 e il 150 D.C., sotto i Flavi, era di medie dimensioni e poteva contenere circa 18.000 spettatori. Di forma ellittica presenta quattro Porte: Porta Nord, la porta dei gladiatori o delle bestie vincenti, Porta Sud, la porta dei vinti, e Porta Ovest ed Est, entrate laterali che consentivano l’accesso agli spettatori. L’Anfiteatro Romano è caratterizzato da una struttura mista di cui una parte scavata nel tufo e l’altra parte in elevato. Al centro è visibile ancora una fossa quadrangolare che permetteva alle bestie l’acceso nell’arena, attraverso una piattaforma mobile. Gli spettatori potevano raggiungere facilmente il proprio posto a sedere percorrendo l’ambulacrum e dirigendosi verso i dodici vomitoria distribuiti equamente su tutta la cavea. A ciascun spettatore spettava un posto a sedere in base al proprio rango sociale. Ai cavalieri era permesso assistere ai diversi spettacoli dal podio, le famiglie patrizie erano ospitate nell’ima cavea, alle famiglie più ricche era riservata la media cavea, infine i cittadini più poveri trovavano posto nella summa cavea, di cui oggi non abbiamo più traccia perché costruita in legno. In epoca medievale dopo l’abbandono della Larinum Romana, alcuni settori furono adibiti ad abitazioni e ad attività artigianali. In epoca alto-medievale altri settori furono utilizzati per accogliere diverse sepolture.

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  • Borgo

Venafro – Il Centro Storico

Venafro, Molise

Città di origine sannitica, Venafro conserva l’antica struttura urbanistica di età romana e conserva reperti archeologici di notevole importanza: un Teatro, un Ninfeo, ville sontuose ed un Anfiteatro.
Nel Museo Nazionale di S. Chiara si conservano pregevoli opere tra le quali la Venere detta di Venafro, statue imperiali, corredi funerari e la Tavola Acquaria. Di epoca medievale rimane la Cattedrale – Chiesa di Santa Maria dell’Assunta, fuori della cinta muraria. Nel nucleo abitato sono presenti circa venti notevoli chiese: dei Conventi di S. Francesco, di S. Chiara, di S. Agostino, del Carmine o quelle di S. Sebastiano, di S. Angelo, di S. Antuono, di S. Paolo, delle Anime del Purgatorio, di S. Nicandro e la chiesa laicale vanvitelliana del Corpo di Cristo. Su di esse domina l’altra chiesa laicale dell’Ave Gratia Plena (L’Annunziata), sovrastata dal Castello Pandone e contornata dai settecenteschi campanili di Cristo e dell’Annunziata. La visita della città di Venafro e, in particolare del suo centro storico, è fonte di inaspettate ed interessanti sorprese per il turista. Tra i vari luoghi di interesse si consiglia di visitare la Cattedrale – Chiesa di Santa Maria dell’Assunta, il Museo Archeologico all’interno del Monastero di Santa Chiara, la Chiesa dell’Annunziata, il Teatro Romano, il Castello Pandone, l’Anfiteatro Romano “Verlasce”, la Palazzina Liberty, il Parco degli Ulivi, e, infine, l’Oasi WWF – Le Mortine.
LA CATTEDRALE – CHIESA SANTA MARIA DELL’ASSUNTA rappresenta il piu’ importante tempio ed è anche una tra le chiese più grandi della regione. Risalente alla fine del V secolo, fu costruita sul preesistente tempio pagano. L’attuale aspetto invece è dovuto ai lavori di restauro risalenti agli anni ’60-’70 del secolo scorso che hanno privato la cattedrale delle antiche forme barocche, riportando il luogo sacro all’aspetto gotico-medievale precedente. L’interno è a tre navate decorate da opere pittoriche del XIV secolo. Nella navata destra è possibile accedere alle 4 cappelle laterali; nella navata sinistra invece è possibile accedere ad una cappella detta comunemente “Cappellone”, per via delle dimensioni più grandi. Nel febbraio del 1935 vennero alla luce delle tracce di colore sotto lo spesso strato di stucco bianco nella navata sinistra della cattedrale. Un’analisi più dettagliata permise di evidenziare tre affreschi decoranti le rispettive cappelle.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO – MONASTERO DI SANTA CHIARA è la più vasta sede espositiva di antichità romane e medievali della regione. Qui le statue, gli affreschi, i marmi raccontano la storia della ricca città di Venafrum e del monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno. Il Museo archeologico raccoglie reperti dall’età preistorica fino all’epoca medievale provenienti dal territorio dell’antica Venafrum. Nelle sale del museo si dipana la storia antichissima della città, che da importante insediamento sannitico, divenne in epoca romana uno dei centri più fiorenti della regione, famoso in particolare per la produzione di olio. La ricchezza della Venafrum romana è attestata dalle raffinate decorazioni degli edifici monumentali e delle dimore patrizie: affreschi dall’eccezionale conservazione, mosaici e marmi colorati e soprattutto le splendide statue, tra cui la celeberrima “Venere di Venafro”.
LA CHIESA DELL’ANNUNZIATA, fu costruita nel Trecento dalla “Confraterna dei Flagellanti”; nel corso dei secoli subì diversi rimaneggiamenti. Inizialmente aveva una facciata a capanna e nel 1519 avvenne un primo ampliamento, con le mura perimetrali che furono alzate, la tettoia ricostruita e, internamente, la presenza di cinque cappelle, tre finestre, e la zona dell’organo ristrutturata. Durante un successivo intervento, nel 1641, la chiesa assunse l’aspetto barocco. Anche la facciata conserva tutti i segni dell’evoluzione che il monumento ha avuto nel tempo e si presenta con una sovrapposizione di diversi stili. La torre campanaria appartiene alla seconda metà del Settecento ed è costituita da gradini di dimensione decrescente a salire. L’interno, ad un’unica navata, offrealla vista un Crocefisso del XIV secolo, una tavola cinquecentesca raffigurante Santa Caterina, una “Madonna e Santi”, e pregevoli affreschi settecenteschi di due artisti napoletani allievi di Vanvitelli. La cupola ha un notevole disegno architettonico ed è stata eseguita con particolare raffinatezza: risale alla prima metà del XVII secolo ed è considerata la cupola più bella della regione.
TEATRO ROMANO Il teatro romano di Venafro si trova sulle pendici del monte S. Croce, in posizione dominante sulla città, costruito a ridosso del pendio della montagna. Lo scavo ha restituito anche diversi frammenti di sculture tra cui due statue con testa ritratto, sulla cui collocazione non c’è, però, attualmente, la possibilità di avanzare ipotesi. Nel corso del tempo, il teatro fu oggetto di diversi interventi e ristrutturazioni: nel I secolo d.C. fu costruita la summa cavea; alla fine del I secolo d.C. i tribunalia; successivamente il piazzale occidentale venne occupato da un portico su colonne e contornato da un emiciclo in laterizi, grande ninfeo. Il gravissimo terremoto che devastò Campania e Sannio nel 346 d.C. dovette essere una causa determinante dell’abbandono del teatro:
CASTELLO PANDONE Entrare nel castello di Venafro è come fare un viaggio nell’arte pittorica di diciassette secoli. Dai cavalli del conte Enrico affrescati a grandezza naturale nel cinquecento, alle collezioni del Museo Nazionale tra età paleocristiana ed età moderna. Nel 1443, con gli Aragonesi, il castello passò alla famiglia Pandone. Tra il 1522 e il 1527 ogni ambiente del piano nobile fu affrescato con la raffigurazione dei cavalli di famiglia, gli stalloni delle scuderie reali. Nel salone delle feste, la più ampia sala del piano nobile, si legge la successione spazio-temporale degli affreschi delle varie epoche. Di epoca successiva al ciclo dei cavalli è la decorazione del fascione superiore: una successione di raffigurazioni tra cui paesaggi, scene di caccia, momenti di vita cittadina con scorci urbani e paesaggi esotici che riflettono l’eco delle recenti scoperte geografiche. Al secondo piano, il percorso di visita prosegue con l’esposizione di affreschi, sculture, tele, disegni e stampe.
ANFITEATRO ROMANO VERLASCE. L’anfiteatro costituiva uno degli elementi più importanti della città ed a Venafro è riconoscibile oggi, con assoluta sicurezza, in quel complesso che da molti secoli, viene chiamato “ Verlasce “. Grazie alla successiva sovrapposizione di case rurali ai ruderi romani avvenuta nel corso del XVII secolo, ne rimane percepibile l’antica volumetria. Dall’esame delle strutture attualmente esistenti si possono ricostruire la sua forma e le sue dimensioni. L’ellisse che costituiva il perimetro esternocon diametro di circa 110 metri e minore di circa 85 metri. L’arena doveva avere i diametri rispettivamente di 60 e 35 metri circa. Le gradinate si sviluppavano per circa 4.000 metri quadrati con la possibilità di accogliere circa 15.000 spettatori.
PALAZZINA LIBERTY. La Palazzina Liberty, progettata dall’ingegner Gioacchino Luigi Mellucci,[è tra gli edifici più caratteristici di Venafro, grazie alla sua architettura ed alla sua ubicazione nel laghetto cittadino, parte integrante della sede del Comune. In origine era uno dei tanti mulini presenti in questa zona della città; in seguito fu trasformata in centrale elettrica per poi diventare, nel dopoguerra, un cinema. Nel 2018 è stata completamente ristrutturata e trasformata in un centro polifunzionale.
PARCO DEGLI ULIVI. Il Parco Regionale dell’Olivo di Venafro è la prima area protetta dedicata alla promozione dell’olivicoltura tradizionale; conserva piante secolari da cui è prodotto un olio di qualità, citato anche dai grandi scrittori latini: Varrone, Plinio il Vecchio, Strabone, Orazio, Marziale e Giovenale. E’ possibile visitare il Parco degli Ulivi e degustare il celeberrimo olio di Venafro. Venafro, assieme alla biblica Efraim e al Monte degli Ulivi di Gerusalemme, è uno dei tre luoghi simbolo della olivicoltura storica del Mediterraneo.
OASI WWF – LE MORTINE. Situata lungo il breve tratto del fiume Volturno che segna il confine tra Molise e Campania, L’Oasi Le Mortine occupa una lanca fluviale artificiale creatasi in seguito alla costruzione di uno sbarramento per la produzione idroelettrica. L’insieme degli ambienti acquatici è circondato da uno dei boschi igrofili meglio conservati d’Italia. La vegetazione che un tempo abbracciava l’intero corso del fiume è, in questo tratto, ancora ben conservata. Nei fossi e nei canali che tagliano il bosco e negli specchi d’acqua effimeri è presente flora semisommersa: giunco, sparto, nasturzio e veronica. Nei margini esterni più asciutti compaiono ornielli, olmi, aceri campestri e qualche esemplare di farnia. La particolarità e la rarità degli ambienti e degli habitat rendono l’Oasi Le Mortine il luogo ideale per lo svolgimento di attività didattiche ambientali rivolte prima di tutto alle scuole di ogni ordine e grado e allo stesso modo a tutti coloro che amano trascorrere giornate rilassanti a contatto con la Natura. Sono diverse le Università che conducono attività scientifiche usufruendo della riserva naturalistica Le Mortine.

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Marina di Petacciato – Riserva Naturalistica

Petacciato, Molise

Centro del litorale adriatico, Petacciato marina gode di un panorama mozzafiato che va dal promontorio del Gargano ai monti della Majella. La sua spiaggia di sabbia chiara e finissima, si allunga per parecchi chilometri in una distesa di natura incontaminata. A rendere Petacciato Marina una piccola meraviglia sono però le sue dune, caratteristico paesaggio della macchia mediterranea, tra le più affascinanti di tutto il litorale. Petacciato è un piccolo paese con meno di 3500 abitanti che sorge sulla cima di una dolce collina vista mare. La cittadina e il suo centro storico sono molto graziose e pittoresche, c’è una bella zona di riserva naturale alla foce del fiume Trigno e soprattutto la parte della marina di Petacciato è capace di incantare, con le sue acque azzurre e le sue dune costiere, anche il turista più reticente.
Il suo centro storico si trova arroccato tipicamente su una bella collina e presenta un classico tono medievale tutto vicoli e piccole piazze. Da visitare è la Chiesa di Santa Maria, che originariamente si chiamava Chiesa di San Rocco (patrono del paese), che rappresenta il cuore del borgo medievale. È stata costruita tra il XI e il XIII secolo con tufo e pietra arenaria, la sua pianta a croce greca ha tre navate e tre relativi altari, tra cui quello molto bello di Sant’Antonio dove si trova una ricca cappella familiare riservata alla nobile famiglia D’Avalos.

Sotto la Torre campanaria si trova la Cripta di San Rocco dove si può ammirare un’acquasantiera murale in pietra riccamente scolpita, una statua lignea di San Giuseppe, l’altare di Santa Lucia, il dossale dell’Addolorata e le particolari statue, in cartapesta dipinta, di Gesù Risorto e di S. Rocco.
Vicino al campanile sorge il PALAZZO DUCALE chiamato anche Castello di Petacciato perché venne creato per essere una vera e propria fortezza difensiva. Oggi è invece il luogo perfetto per ospitare gli eventi culturali e le feste cittadine, soprattutto nel suo elegante cortile-giardino interno.

Di grande interesse ambientale e turistico è l’area naturalistica SIC – Sito Interesse Comunitario – FOCE TRIGNO – MARINA DI PETACCIATO, quasi unica nel suo genere sull’Adriatico, caratterizzata da sabbia chiara e finissima, acqua azzurrra , dune costiere che si estendono per chilometri e una bella pineta che per due chilometri separa il mare dalla strada principale e garantisce riparo e ombra con i suoi grandi pini marittimi.

L’area della Foce del Trigno è un luogo bellissimo che comprende il medio e basso corso del fiume Trigno, con gli argini fluviali, i versanti vallivi e la Marina di Petacciato. Qui fiume e mare si incontrano e danno vita ad uno splendido ecosistema ricco di ornitofauna. Senza ombra di dubbio in molte stagioni questo è un vero paradiso per chi pratica birdwatching, infatti vengono organizzati molti tour e attività di didattica dalle associazioni locali.

L’area include il medio e basso corso del fiume Trigno comprendente gli habitat degli argini fluviali e dei versanti vallivi e la Marina di Petacciato. Il fiume Trigno ha un carattere quasi torrentizio, difatti, si presenta come una fiumara caratterizzata da un letto ampio e ciottoloso, con scarsa vegetazione riparia se non in alcuni tratti nei pressi della foce, dove sono presenti boschi ripari con salici e pioppi. Importante è la presenza di un habitat prioritario: percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea. La tipologia del biotopo consente la nidificazione di alcune specie di caradriformi il Corriere piccolo e il Piro piro piccolo, specie adattate agli ambienti in rapida evoluzione, come appunto i greti fluviali. Non è presente la macchia mediterranea ma pinete che hanno acquisito un elevato valore ecologico e paesaggistico per la presenza, nelle aree meglio conservate, di un sottobosco con specie di macchia e quindi con una evidente ripresa della vegetazione autoctona.

Da Petacciato Marina parte un bellissimo itinerario ciclabile che attraversando la valle del fiume Sinarca porta fino a Termoli, circa 30 chilometri tra campi coltivati spesso pieni di girasoli e placide colline che passa anche dalla bella Torre Saracena sulle rive del Sinarca, un luogo incantevole dove fare foto e ammirare la natura molisana.

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  • Eccellenza Naturalistica

Montenero di Bisaccia – I Calanchi

Montenero Di Bisaccia, Molise

Montenero di Bisaccia, in provincia di Campobasso, è un paese di circa 6.300 abitanti adagiato a 273 metri s.l.m. tra le colline molisane che guardano verso il mare. L’area urbana offre la possibilità di visitare il Borgo antico, un concentrato di storia, profumi e tradizioni che, fino al XVIII° secolo, rimase circondato da spesse mura e dieci alte torri provviste di feritoie e posti di guardia, che dominavano i dintorni. La zona antica del paese offre scenari originali e suggestivi, come l’area delle grotte arenarie e dell’antica Fonte Cassù, una fonte in muratura, con strutture ad archi, probabilmente ascrivibile a origini romane. Una fontana al servizio dell’antico centro abitato e dei suoi contadini, i quali la usarono fino a pochi anni prima del secondo conflitto mondiale. Nel III secolo a. C., Annibale, dopo la battaglia del Trasimeno, anziché marciare su Roma, entrò in Frentania e mise a sacco e fuoco l’intera Regione per rifornire d’acqua i suoi soldati, che marciavano verso la Piana di Guardialfiera e Larino. Annibale pose i suoi accampamenti a Montenero di Bisaccia, proprio in prossimità di Fonte Cassù, che in dialetto significa refrigerare. Oggi la fonte non è più utilizzabile, ma grazie a un recente restauro è stata recuperata e resa nuovamente visitabile.

LE GROTTE NEOLITICHE sono un complesso naturale di grotte arenarie risalenti al 10.000 a. C. e forniscono una testimonianza diretta di quella che è stata la storia di Montenero di Bisaccia; sono caverne naturali di roccia arenaria che furono abitate fin dal Paleolitico Medio. Infatti, pur non essendo mai state esplorate con intenti scientifici, dalla loro conformazione e da alcuni reperti fossili ritrovati (punte di frecce, ossa e cocci di vasi) si può supporre che esse siano servite come abitazioni umane in epoca risalente al Paleolitico Medio e al Neolitico. Durante il periodo natalizio, quest’area ospita, da più di trent’anni, una bellissima e suggestiva rappresentazione del Presepe Vivente, divenuta ormai una vera e propria tradizione famosa in tutta Italia. Un evento che con il passare degli anni ha creato un forte legame tra territorio, tradizione e leggende popolari.

I CALANCHI
I Calanchi di Montenero di Bisaccia, noti in paese come lame, si trovano alle spalle del Santuario della Madonna di Bisaccia. L’area è caratterizzata dalla presenza di forme erosive che si estendono su un territorio di circa 120,80 ettari, dando luogo al surreale paesaggio fatto di profonde valli dominate da creste sottili e frastagliate. I Calanchi sono delle forme erosive tipiche dei suoli argillosi, createsi in seguito all’azione delle acque meteoriche, che conferiscono un aspetto caratteristico al territorio. L’area è caratterizzata dalla presenza di forme erosive che si estendono su un territorio di circa 120,80 ettari, dando luogo al surreale paesaggio fatto di profonde valli dominate da creste sottili e frastagliate. La costituzione argillosa e quindi impermeabile del terreno rappresenta uno dei fattori caratterizzanti dell’area, assieme a forte pendenza, esposizione a sud, vegetazione scarsa, clima con precipitazioni intense e brevi e irraggiamento solare massiccio nel periodo estivo. Date anche le peculiarità della flora e della fauna presenti, l’area è stata individuata dal Ministero dell’Ambiente quale Sito di Interesse Comunitario (SIC) da valorizzare, tutelare e sviluppare. Sulle aree calanchive, infatti, si insedia una flora costituita in prevalenza da piante erbacee, con dominanza di graminacee, che formano l’habitat prioritario. L’ambiente si presenta sub steppico, caratterizzato da marme compatte, talora fogliettante e da argille marmose di tue tipi: varicolori e azzurre.

IL PRESEPE VIVENTE rappresenta uno degli eventi più attesi e caratteristici, non solo per i monteneresi ma per tutti i molisani. Come ogni anno, si svolge dal 24 dicembre al 6 gennaio presso le Grotte neolitiche. Il Presepe Vivente fu organizzato per la prima volta nel 1984, e sin dalla prima edizione, il presepe è stato allestito presso le Grotte Neolitiche. Con il passare degli anni e l’aumento di consensi e dell’entusiasmo, l’area interessata dalla rappresentazione si è notevolmente ampliata, regalando nuovi scenari. È una manifestazione molto importante che ogni anno coinvolge numerosi volontari e che è riuscita a creare un forte legame tra territorio, tradizioni, miti e leggende. Il luogo e l’impegno di tanti monteneresi rievocano, in modo accattivante e suggestivo, il racconto evangelico della Sacra Famiglia. Nel periodo natalizio, Montenero di Bisaccia e il suo Presepe Vivente diventano meta di numerosi visitatori provenienti ormai da tutta l’Italia. Lo scenario, i costumi e i tanti protagonisti immergono lo spettatore in un luogo incantato e unico.

LA TORRE DI MONTEBELLO
La Torre di Vialante, meglio conosciuta come Torre di Montebello, è situata nella Contrada di Montebello, a circa 12 km dal centro abitato di Montenero di Bisaccia. Data la sua posizione, a poca distanza dal mare e sulla destra del Fiume Trigno, la torre aveva una funzione di difesa e controllo dell’intero litorale molisano. Infatti, era in collegamento con le torri costiere di Termoli e Petacciato e insieme vigilavano meglio la costa dagli attacchi dei Turchi. La Torre di Montebello è stata costruita sopra i ruderi del vecchio Castello di Montenero, con lo scopo di difendere e dare l’allarme durante il lungo periodo delle incursioni saracene. Si suppone che sia stata costruita dai Normanni, restaurata da Federico II e ricostruita completamente nel XVI secolo, sotto il dominio di Carlo V. La torre si presenta a pianta quadrata con scalinata di accesso e merlature e beccatelli che contornano la cornice superiore. La sua forma architettonica si riscontra in numerose torri pugliesi. È articolata su tre livelli: i primi due coperti da volte a botte e collegati internamente da scala a chiocciola in pietra arenaria, l’altro è un terrazzo che presenta una volta coronata da merli. Per poter accedere alla torre vi è una scala a rampa che conduce alla porta d’ingresso, sulla parete principale vi sono evidenti tracce di un ponte levatoio, probabilmente al posto dell’attuale scala esterna. Le superfici murarie sono quasi del tutto compatte: presentano quattro finestrelle rettangolari con semiarco, delineate da mattoni in cotto a forte strombatura e distribuite una per lato a diverso livello di altezza, una monofora aperta a nord-ovest e due porte praticate rispettivamente sui lati nord-ovest e sud-est.

PORTO TURISTICO MARINA SVEVA
Il Porto Turistico Marina Sveva è situato a circa mezzo miglio a nord dalla Foce del Fiume Trigno, in località Costa Verde presso la Marina di Montenero di Bisaccia e nel golfo che unisce le cittadine di Vasto e Temoli. Il Porto Turistico Marina Sveva è una struttura portuale di recente costruzione dotato di numerosi sistemi green attivi: un impianto di depurazione delle acque di ultima generazione per riciclo e sostenibilità che parte dalla raccolta delle acque meteoriche, una colonnina di aspirazione delle acque nere e di sentina con trattamento successivo prima dello smaltimento, sistemi autosufficienti per l’acqua calda basati su pannelli solari, trattamenti anti inquinamento per l’area di bunkeraggio e captazione dell’acqua dalle falde naturali per il lavaggio delle barche con risparmio di acqua potabile. Proprio per questo su carattere fortemente ecosostenibile, l’intera costruzione assume grande rilevanza ed è profondamente legata a un patrimonio naturale e paesaggistico straordinario. Il porto è composto da 7 pontili galleggianti dotati di finger che possono ospitare fino a 446 imbarcazioni da diporto di lunghezza massima di 30 metri. A terra sono disponibili molti servizi sia per le barche che per i diportisti. Marina Sveva è in grado di garantire un livello d’eccellenza nei servizi disponibili e di confezionare un’offerta unica nel suo genere per ampiezza e varietà, arricchita da una struttura di assoluta avanguardia sia dal punto di vista architettonico che funzionale.

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Campomarino: Il Borgo e i Murales

Campomarino, Molise

CAMPOMARINO
Campomarino, una delle principali cittadine della costa e dell’intera regione, si affaccia sul mare, da una parte, e sulle dolci colline del basso Molise, dall’altra Il paese, uno dei quattro molisani di minoranza etnica arbëreshë, ha la particolarità di avere quattro località: Campomarino Lido, Nuova Cliternia, Ramitelli e Contrada Arcora. Campomarino Lido è la frazione situata lungo la costa molisana dove si possono trovare ampie spiagge che ospitano stabilimenti con tutti i servizi sia aree di spiaggia libera, costeggiate da un bellissimo lungomare.
Il borgo di Campomarino custodisce anche un patrimonio storico e architettonico che è molto interessante scoprire. Una tra le caratteristiche più belle di Campomarino è la presenza di pregiati murales che raccontano i costumi e le tradizioni della comunità albanese in Italia. Le pareti di molte abitazioni, infatti, sono decorate con rappresentazioni della vita, delle attività e delle tradizioni arberesche. Camminando per le vie cittadine risulta impossibile non rimanere meravigliati dalle numerose chiese e dagli antichi palazzi. Il centro storico cittadino ha il suo cuore in Piazza Vittorio Veneto dove si trova uno stupendo belvedere che regala una vista sulla costa adriatica. Tra le tappe da non perdere c’è sicuramente la Chiesa di Santa Maria a Mare, nota anche come “Chiesa vecchia”. L’edificio religioso ha origini medievali, ma è stato oggetto di diversi rimaneggiamenti e l’aspetto attuale risale al XVIII secolo. All’interno la chiesa ospita una reliquia di Santa Cristina, patrona di Campomarino, e un busto della Santa. Poco distante, si trova la Chiesa del Santo Spirito che è comunemente nota come “chiesa nuova” perché è stata costruita nel 1995.

CAMPOMARINO IL BORGO DIPINTO – I MURALES
Il popolo Arbëreshë, di origine albanese immigrò a Campomarino già alla fine del XV secolo per sfuggire all’orrore dell’invasione ottomana dei Balcani. Questo popolo rifondò interi villaggi, ricostruì borghi e casali distrutti da terremoti e pestilenze, bonificò terreni paludosi e tramandò la propria lingua e cultura di generazione in generazione, fino ai giorni nostri. Fu così che rinacque il borgo antico di Campomarino, con la struttura urbana tipica dei piccoli centri balcanici, C’è stato un tempo in cui il borgo antico di Campomarino aveva i muri delle case intonacati di bianco, come la tela di un pittore prima del passaggio del pennello o come un foglio di carta in attesa della prima parola. Liliana Corfiati ha visto in quegli spazi delimitati da porte, finestre e grondaie le pagine pronte ad accogliere i suoi racconti, storie di vita quotidiana, tradizioni da non dimenticare, immagini dai colori vivaci come i costumi Il popolo Arbëreshë.
Grazie, dunque, all’intuizione dell’artista Liliana Corfati, nativa di Campomarino, Il borgo è, infatti oggi, decorato con numerosi murales che si ammirano esplorando i vicoli del paese. In Italia esistono numerosi borghi arricchiti di murales, ma Campomarino non è un borgo dipinto come tutti gli altri, perché dietro la realizzazione delle opere d’arte che decorano il suo centro storico è scolpita la storia di un intero popolo arbëreshë. Sono piu’ di 35 i murales che raffigurano scene di vita ma anche tradizioni e vicende storiche del popolo albanese e passeggiare per le vie del borgo è come visitare un museo a cielo aperto dedicato alla storia e alla cultura arberesche. Ecco, di fronte all’inconfondibile chiesa trecentesca di Santa Maria a Mare, un gruppo di giovani, vestiti con abiti tradizionali dai colori vivaci, danzare in cerchio un antico ballo di buon auspicio al suono di due fisarmoniche. Poco oltre, un regale e fiero condottiero è approdato alla spiaggia del Lido di Campomarino insieme ai suoi fedeli soldati mentre la loro nave è all’ancora con la vela ammainata: è l’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg, vincitore di mille battaglie contro gli Ottomani, invincibile baluardo che, finché fu in vita, riuscì ad impedire l’avanzata turca. Dietro l’angolo, sotto un arco, una coppia di sposi riceve la corona nuziale da un prete ortodosso. Lì Papa Francesco benedice una famiglia arbëreshë; qui Madre Teresa di Calcutta, di origine albanese, abbraccia una ragazzina, circondata da altri giovani sorridenti. In fondo, Santa Cristina, patrona di Campomarino, resiste miracolosamente al martirio inflittole dal padre per farle abiurare la fede Cristiana. Ci sono immagini sacre ma anche scene di vita comune: oltre quella via, un giovane, accompagnato da due violinisti, canta una serenata alla sua amata affacciata alla finestra; due amici giocano a carte, seduti ad un tavolo con due bottiglie di buon vino, mentre una giovane contadina pigia i grappoli d’uva all’interno di un tino. Un gruppo di donne, sedute di fronte all’uscio di casa, sono intente a scambiarsi confidenze dopo aver appeso i panni ad asciugare. Un calzolaio aggiusta una scarpa. Una bella lavandaia lava i panni dopo aver attinto l’acqua dalla fontana del paese; c’è chi inforna il pane, chi prepara la conserva e chi tira la sfoglia con il mattarello mentre alle sue spalle un pentolone si scalda al fuoco del camino. Ovunque fioriere dipinte si confondono con quelle vere; da porte e finestre disegnate si affacciano personaggi che si mescolano agli abitanti di Campomarino: i murales di Liliana Corfiati raccontano scene di vita quotidiana, mestieri e tradizioni popolari; sono stati un dono che l’artista di origine arbëreshë ha voluto fare all’amato borgo natio.

ABITATO PROTOSTORICO.
Di interesse una visita al Villaggio protostorico che sorge a poca distanza dal mare, in Località Arcora. Si tratta di una delle primissime testimonianze di villaggi protostorici della fascia costiera molisana. La datazione dell’insediamento non è esatta, ma si può dire con certezza che le varie fasi abitative partono dall’età del Bronzo Finale, inizio dell’età del Ferro, circa IX secolo a. C., e arrivano almeno al VII secolo a. C. Il sito presenta due aree a destinazione abitativa: La prima si sviluppa a nord-ovest e presenta una serie di strutture notevolmente interrate sul lato posteriore, precedute da un piano probabilmente porticato e pavimentato con un battuto di ghiaia. Alle spalle di una delle capanne e perfettamente allineata con essa, è stata rinvenuta la sepoltura di un bambino piccolissimo, deposto in posizione rannicchiata. La seconda area più ampiamente esplorata e articolata è situata nel settore sud-est del terrazzo. La superficialità delle stratigrafie e le recenti manomissioni rendono problematica la lettura delle singole unità abitative (capanne a pianta rettangolare). I numerosissimi reperti e i resti faunistici e botanici permettono di avere un’idea sulle attività e sull’organizzazione della vita in questo insediamento. Alcune strutture potrebbero aver avuto funzioni specializzate. Le fusarole e i pesi da telaio, per esempio, sono stati rinvenuti con particolare concentrazione in una delle strutture, così come i fornelli stabili che, concentrati in altre aree, sono sempre multipli. Mentre, in altre strutture sono concentrati i vasi per conservare. Tra i resti botanici prevalgono di gran lunga i legumi seguiti dai cereali. I resti dei pasti consumati, soprattutto le parti ossee degli animali, venivano depositati immediatamente al di fuori delle capanne.

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  • Eccellenza Urbana / Centro Storico

I Trabucchi

Termoli, Molise

I TRABUCCHI – TERMOLI
Città di mare, Termoli è anche un borgo antico ricco di storia medievale. E punto di partenza per scoprire l’entroterra dalle dolci colline molisane e le meravigliose isole Tremiti. Dal Castello Svevo, simbolo della città, fino alle torrette che completavano la linea difensiva verso il mare tra Puglia e Abruzzo, Termoli esprime due facce della stessa medaglia: quella dell’antico borgo arroccato e quella della città nuova costruita fuori le mura alla metà del 1800.
Ai piedi del Borgo Antico inizia la Passeggiata dei Trabucchi, tra i simboli che caratterizzano la città, cammino che dai piedi del Castello Svevo si snoda lungo tutta la cinta muraria del Borgo e il promontorio che si affaccia sul mare adriatico fino ad arrivare al Porto.

I Trabucchi, chiamati trabucche in termolese, sono antiche e affascinanti macchine da pesca risalenti al XIX secolo. Era il 1850 quando Felice Marinucci, pescatore termolese, vide per la prima volta un trabucco mentre con la sua barca a vela si dirigeva verso Ancona. Secondo il racconto, nel corso del viaggio, fu attratto da questo strano strumento, formato da una fitta palizzata conficcata tra gli scogli, sulla quale era appoggiata una solida piattaforma fatta di assi di legno.

Completavano la costruzione un argano, una piccola cabina e due massicce antenne che si allungavano sull’acqua per molti metri. Ad esse era legata una rete di forma rettangolare che, a intervalli più o meno regolari, veniva immersa in acqua e subito dopo ritirata. Felice Marinucci ne rimase subito affascinato e, dopo avere assunto sufficienti informazioni sulla sua efficacia, al ritorno da quel viaggio, decise di costruirne uno anche a Termoli, esattamente a Marina di San Pietro, resistito fino ad oggi. Nacque così il primo trabucco di Termoli, al quale, nel 1950, un secolo dopo, ne seguirono circa una decina. A Termoli i trabucchi erano situati a ridosso del Borgo Antico ed erano particolarmente importanti per un borgo di mare perché garantivano il pescato anche in caso di cattive condizioni climatiche. La scelta dei luoghi di impianto dipendeva dal percorso del pesce, in particolare dalla sua fase di allontanamento dalla costa, alla quale si era avvicinato per via delle correnti.
Per cui, i Trabucchi venivano collocati lungo le direzioni d’uscita che andavano dall’insenatura verso il largo, cioè guardando il mare. La tecnica di pesca utilizzata consiste nell’intercettare, con le grandi reti a trama fitta, i flussi di pesci che si spostano lungo gli anfratti della costa. Il trabucco è posizionato là dove il mare presenta una profondità di almeno 6 metri, ed è eretto a ridosso di punte rocciose orientate in genere verso sud-est o nord-ovest, in modo da poter sfruttare favorevolmente le correnti. La rete viene calata in acqua grazie ad un complesso sistema di argani e tirata su per recuperare il pescato. Negli anni più recenti, gli storici Trabucchi termolesi sono stati più volte ridisposti a causa del maltempo. Oggi come allora, i Trabucchi sono privati ed è possibile visitarli su richiesta. Rimangono attivi attivi due: il trabucco Celestino sul litorale Nord e il trabucco D’Abramo sul litorale sud.

D’obbligo una visita al Borgo Antico, arroccato su un promontorio delimitato da antiche mura a strapiombo sul mare Adriatico, risalente al V secolo. Si entra nel Borgo da un varco vicino al Castello o dalla porta ad arco in prossimità della Torretta Belvedere, con un piazzale che domina la vista sul porto e sulla spiaggia a sud di Termoli. Dopo aver percorso piazzette, scalinate, vicoli stretti tra cui il famoso Vico II Castello, il più stretto d’Europa, si apre una grande piazza circondata da casette bianche e ocra tra le quali spicca imponente la Cattedrale di San Basso, Duomo di Termoli, (XII-XIII sec.), splendido esempio di stile romanico. La visita prosegue lungo la cinta muraria tra case basse, in perfetta armonia con il Borgo marinaro fino a raggiungere il Faro e il monumento che caratterizza l’immagine del Borgo stesso: il Castello, probabilmente di origine normanna (XIsecolo), comunemente chiamato Castello Svevo per la ristrutturazione voluta da Federico II di Svevia.

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  • Borgo

Larino – Il Borgo Storico

Larino, Molise

Circondata da alberi di olivo e da viti Larino, antica città del popolo italico dei Frentani, fondata in età preromana conserva numerose e importanti vestigia. Dopo la distruzione della città di Frenter, la Città fu ricostruita con il nome di Ladinod, e successivamente prese il nome latino di Larinum, ossia luogo dove i Frentani ebbero i Lari. La città aveva un impianto urbano già molto solido ed evoluto nel IV secolo a.C. dopo la vittoria dei Romani nel 319 a.C., Larinum divenne una res publica, mantenendo una propria autonomia rispetto alle altre città frentane.

Durante la seconda guerra punica (217-201 a.c) fu teatro di battaglie tra l’esercito di Annibale, accampato nella vicina Gerione, e Fabio Massimo, dittatore a Larino.
Successivamente, dopo la caduta dell’impero romano, la dominazione dei Longobardi influenzò la vita di Larino che divenne parte integrante del Ducato di Benevento.

La data tradizionale dell’842, associata alla memoria della traslazione delle reliquie del patrono S.Pardo, mette in relazione l’esodo definitivo dell’antica città dal sito collinare alla vallata sottostante, difesa dalle incursioni saracene ed ungare, da alte mura di cinta. Nel nuovo nucleo, sotto la successiva influenza del Regno di Napoli, a partire dal XIII sec. d.c., recuperò tutta la sua importanza e la presenza di un importante fortezza, successivamente adibita a residenza dei regnanti dell’epoca ne è la testimonianza unita alla costruzione della nuova Cattedrale (consacrata il 31 luglio 1319). Con il riordinamento amministrativo nel Regno di Napoli (1806), Larino riacquistò un ruolo istituzionale determinante, divenendo capoluogo di distretto, così come quando passò (1811) dalla Capitanata al nuovo distretto di Molise.
Una passeggiata nel borgo storico della città di Larino riserva piacevoli sorprese al turista e permette di scoprire ed apprezzare i suoi tesori: il Palazzo Ducale, la Basilica Cattedrale di San Pardo, il Museo Diocesiano, il Museo Civico, i Pavimenti Musivi, Villa Zappone e l’Anfiteatro Romano.

IL PALAZZO DUCALE di Larino è l’antico castello edificato intorno al 1100-1200 dai conti Normanni, durante la conquista longobarda della penisolam situato presso l’asse viario principale del borgo. E’ appartenuto a diverse importanti famiglie larinesi tra le quali Francia, Orsini, Carafa e De Sangro. Nel 800 viene definitivamente acquistato dal Comune della città. All’interno, nella stanza del Sindaco, è conservata una volta affrescata nel 1907 da Luigi Benevento, raffigurante al centro l’ala in campo azzurro, ovvero lo stemma della città, ed ai suoi lati presenta i volti di importanti personaggi del periodo risorgimentale. L’atrio oggi ospita il Museo Civico, la Biblioteca Comunale “Bartolomeo Preziosi” e gli uffici comunali.

La BASILICA CATTEDRALE DI SAN PARDO è una delle più importanti opere d’arte dello stile romanico dell’Italia meridionale costruita nel XII secolo. La chiesa è dedicata all’ Assunta ed al patrono S. Pardo, vescovo di Larino. La facciata è divisa in due piani da una cornice: la parte superiore presenta le caratteristiche delle chiese romaniche abruzzesi ed è caratterizzata dalla presenza di un particolare rosone a tredici raggi . Il rosone è sormontato da una cornice all’interno della quale sono rappresentati i 4 simboli degli evangelisti e l’agnello mistico in posizione centrale. Al vertice della cornice è raffigurato il vescovo S. Pardo in abiti episcopali. Nella parte inferiore si apre il portale strombato con timpano, decorato con colonnine tortili e con ricchi capitelli, a guardia dell’ingresso ci sono sui lati grifi e leoni simboli della vigilanza.
L’interno della cattedrale, con tre navate, è un tipico esempio di romanico meridionale, con archi a sesto acuto caratterizzati da semplici decorazioni. Si conservano tracce di affreschi sulle pareti databili al XIV secolo: l’affresco più importante è costituito da S. Orsola e il rapimento delle Vergini. inoltre si possono ammirare alcuni bassorilievi sia in pietra di incerta datazione che in legno. Tra quelli in legno di fine 1300 abbiamo la raffigurazione dell’ultima cena, la traslazione del corpo di san Pardo, patrono della città, avvenuta il 26 maggio 842.

Il MUSEO DIOCESIANO, allestito nel Palazzo Vescovile è stato inaugurato il 29 ottobre 2011 con lo scopo di conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico, proveniente dalla Cattedrale di Larino e dal territorio diocesano. Il Museo, disposto su due piani, custodisce opere pregevoli, dipinti e sculture. Il piano inferiore ospita numerose statue tra le quali un antica statua lignea di san Pardo e una Statua di San Michele Arcangelo, in gesso, risalente al XIV secolo. Al piano superiore si possono ammirare diverse opere del noto pittore Paolo Gamba.

IL MUSEO CIVICO, ubicato al secondo piano del Palazzo Ducale, ospita tre splendide pavimentazioni musive romane: il Mosaico degli Uccelli, il Mosaico del Leone e, infine, il Mosaico della Lupa. Nella prima sala sono affisse alle pareti una serie di epigrafi, iscrizioni romane provenienti dall’antica città di Larinum. Nella seconda sala sono presenti dei reperti archeologici d’età romana sistemati in vetrine espositive. Nelle altre tre sale sono pavimentati i tre mosaici su citati. La sala ‘Freda’, inoltre, ospita la sezione Numismatica dove è possibile ammirare una riproduzione ingrandita di monete coniate nell’antica Larinum.

LE PAVIMENTAZIONI MUSIVE: oltre alle pavimentazioni musive della lupa, degli uccelli e del leone, conservati nel Museo civico di Larino, di rilievo sono il Mosaico del Polpo rinvenuto nell’atrio di una domus patrizia, il Mosaico Absidato rinvenuto anch’esso in un altra domus patrizia, i Mosaico del Kantharos e dell’Emblema rinvenuti nei pressi dell’attuale asilo comunale, il Mosaico dei Delfino nei pressi dell’attuale campo sportivo e, infine, il Mosaico di Villa Zappone
LA VILLA ZAPPONE, di proprietà privata, è una costruzione risalente ai primi del Novecento. Nel 1994 lo Stato ha esercitato il diritto di prelazione nei confronti della Villa e del Parco adiacente. I lavori di scavo di quest’ultimo hanno riportato alla luce un bellissimo mosaico ed i resti di un imponente complesso termale di età romana. Oggi insieme ai resti romani sono visibili le scuderie e la lavanderia. Nelle scuderie è possibile ammirare un condotto fognario perfettamente conservato che alimentava le acque delle terme. Il materiale emerso durante le compagnie di scavo è servito a comporre il pavimento dell’atrio d’ingresso, un caminetto e l’elegante pavimento della Biblioteca.

L’ANFITEATRO ROMANO, testimonianza del dominio Romano, è una struttura, realizzata tra 80 e il 150 D.C., sotto i Flavi, era di medie dimensioni e poteva contenere circa 18.000 spettatori. Di forma ellittica presenta quattro Porte: Porta Nord, la porta dei gladiatori o delle bestie vincenti, Porta Sud, la porta dei vinti, e Porta Ovest ed Est, entrate laterali che consentivano l’accesso agli spettatori. L’Anfiteatro Romano è caratterizzato da una struttura mista di cui una parte scavata nel tufo e l’altra parte in elevato. Al centro è visibile ancora una fossa quadrangolare che permetteva alle bestie l’acceso nell’arena, attraverso una piattaforma mobile. Gli spettatori potevano raggiungere facilmente il proprio posto a sedere percorrendo l’ambulacrum e dirigendosi verso i dodici vomitoria distribuiti equamente su tutta la cavea. A ciascun spettatore spettava un posto a sedere in base al proprio rango sociale. Ai cavalieri era permesso assistere ai diversi spettacoli dal podio, le famiglie patrizie erano ospitate nell’ima cavea, alle famiglie più ricche era riservata la media cavea, infine i cittadini più poveri trovavano posto nella summa cavea, di cui oggi non abbiamo più traccia perché costruita in legno. In epoca medievale dopo l’abbandono della Larinum Romana, alcuni settori furono adibiti ad abitazioni e ad attività artigianali. In epoca alto-medievale altri settori furono utilizzati per accogliere diverse sepolture.

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Venafro – Il Centro Storico

Venafro, Molise

Città di origine sannitica, Venafro conserva l’antica struttura urbanistica di età romana e conserva reperti archeologici di notevole importanza: un Teatro, un Ninfeo, ville sontuose ed un Anfiteatro.
Nel Museo Nazionale di S. Chiara si conservano pregevoli opere tra le quali la Venere detta di Venafro, statue imperiali, corredi funerari e la Tavola Acquaria. Di epoca medievale rimane la Cattedrale – Chiesa di Santa Maria dell’Assunta, fuori della cinta muraria. Nel nucleo abitato sono presenti circa venti notevoli chiese: dei Conventi di S. Francesco, di S. Chiara, di S. Agostino, del Carmine o quelle di S. Sebastiano, di S. Angelo, di S. Antuono, di S. Paolo, delle Anime del Purgatorio, di S. Nicandro e la chiesa laicale vanvitelliana del Corpo di Cristo. Su di esse domina l’altra chiesa laicale dell’Ave Gratia Plena (L’Annunziata), sovrastata dal Castello Pandone e contornata dai settecenteschi campanili di Cristo e dell’Annunziata. La visita della città di Venafro e, in particolare del suo centro storico, è fonte di inaspettate ed interessanti sorprese per il turista. Tra i vari luoghi di interesse si consiglia di visitare la Cattedrale – Chiesa di Santa Maria dell’Assunta, il Museo Archeologico all’interno del Monastero di Santa Chiara, la Chiesa dell’Annunziata, il Teatro Romano, il Castello Pandone, l’Anfiteatro Romano “Verlasce”, la Palazzina Liberty, il Parco degli Ulivi, e, infine, l’Oasi WWF – Le Mortine.
LA CATTEDRALE – CHIESA SANTA MARIA DELL’ASSUNTA rappresenta il piu’ importante tempio ed è anche una tra le chiese più grandi della regione. Risalente alla fine del V secolo, fu costruita sul preesistente tempio pagano. L’attuale aspetto invece è dovuto ai lavori di restauro risalenti agli anni ’60-’70 del secolo scorso che hanno privato la cattedrale delle antiche forme barocche, riportando il luogo sacro all’aspetto gotico-medievale precedente. L’interno è a tre navate decorate da opere pittoriche del XIV secolo. Nella navata destra è possibile accedere alle 4 cappelle laterali; nella navata sinistra invece è possibile accedere ad una cappella detta comunemente “Cappellone”, per via delle dimensioni più grandi. Nel febbraio del 1935 vennero alla luce delle tracce di colore sotto lo spesso strato di stucco bianco nella navata sinistra della cattedrale. Un’analisi più dettagliata permise di evidenziare tre affreschi decoranti le rispettive cappelle.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO – MONASTERO DI SANTA CHIARA è la più vasta sede espositiva di antichità romane e medievali della regione. Qui le statue, gli affreschi, i marmi raccontano la storia della ricca città di Venafrum e del monastero benedettino di San Vincenzo al Volturno. Il Museo archeologico raccoglie reperti dall’età preistorica fino all’epoca medievale provenienti dal territorio dell’antica Venafrum. Nelle sale del museo si dipana la storia antichissima della città, che da importante insediamento sannitico, divenne in epoca romana uno dei centri più fiorenti della regione, famoso in particolare per la produzione di olio. La ricchezza della Venafrum romana è attestata dalle raffinate decorazioni degli edifici monumentali e delle dimore patrizie: affreschi dall’eccezionale conservazione, mosaici e marmi colorati e soprattutto le splendide statue, tra cui la celeberrima “Venere di Venafro”.
LA CHIESA DELL’ANNUNZIATA, fu costruita nel Trecento dalla “Confraterna dei Flagellanti”; nel corso dei secoli subì diversi rimaneggiamenti. Inizialmente aveva una facciata a capanna e nel 1519 avvenne un primo ampliamento, con le mura perimetrali che furono alzate, la tettoia ricostruita e, internamente, la presenza di cinque cappelle, tre finestre, e la zona dell’organo ristrutturata. Durante un successivo intervento, nel 1641, la chiesa assunse l’aspetto barocco. Anche la facciata conserva tutti i segni dell’evoluzione che il monumento ha avuto nel tempo e si presenta con una sovrapposizione di diversi stili. La torre campanaria appartiene alla seconda metà del Settecento ed è costituita da gradini di dimensione decrescente a salire. L’interno, ad un’unica navata, offrealla vista un Crocefisso del XIV secolo, una tavola cinquecentesca raffigurante Santa Caterina, una “Madonna e Santi”, e pregevoli affreschi settecenteschi di due artisti napoletani allievi di Vanvitelli. La cupola ha un notevole disegno architettonico ed è stata eseguita con particolare raffinatezza: risale alla prima metà del XVII secolo ed è considerata la cupola più bella della regione.
TEATRO ROMANO Il teatro romano di Venafro si trova sulle pendici del monte S. Croce, in posizione dominante sulla città, costruito a ridosso del pendio della montagna. Lo scavo ha restituito anche diversi frammenti di sculture tra cui due statue con testa ritratto, sulla cui collocazione non c’è, però, attualmente, la possibilità di avanzare ipotesi. Nel corso del tempo, il teatro fu oggetto di diversi interventi e ristrutturazioni: nel I secolo d.C. fu costruita la summa cavea; alla fine del I secolo d.C. i tribunalia; successivamente il piazzale occidentale venne occupato da un portico su colonne e contornato da un emiciclo in laterizi, grande ninfeo. Il gravissimo terremoto che devastò Campania e Sannio nel 346 d.C. dovette essere una causa determinante dell’abbandono del teatro:
CASTELLO PANDONE Entrare nel castello di Venafro è come fare un viaggio nell’arte pittorica di diciassette secoli. Dai cavalli del conte Enrico affrescati a grandezza naturale nel cinquecento, alle collezioni del Museo Nazionale tra età paleocristiana ed età moderna. Nel 1443, con gli Aragonesi, il castello passò alla famiglia Pandone. Tra il 1522 e il 1527 ogni ambiente del piano nobile fu affrescato con la raffigurazione dei cavalli di famiglia, gli stalloni delle scuderie reali. Nel salone delle feste, la più ampia sala del piano nobile, si legge la successione spazio-temporale degli affreschi delle varie epoche. Di epoca successiva al ciclo dei cavalli è la decorazione del fascione superiore: una successione di raffigurazioni tra cui paesaggi, scene di caccia, momenti di vita cittadina con scorci urbani e paesaggi esotici che riflettono l’eco delle recenti scoperte geografiche. Al secondo piano, il percorso di visita prosegue con l’esposizione di affreschi, sculture, tele, disegni e stampe.
ANFITEATRO ROMANO VERLASCE. L’anfiteatro costituiva uno degli elementi più importanti della città ed a Venafro è riconoscibile oggi, con assoluta sicurezza, in quel complesso che da molti secoli, viene chiamato “ Verlasce “. Grazie alla successiva sovrapposizione di case rurali ai ruderi romani avvenuta nel corso del XVII secolo, ne rimane percepibile l’antica volumetria. Dall’esame delle strutture attualmente esistenti si possono ricostruire la sua forma e le sue dimensioni. L’ellisse che costituiva il perimetro esternocon diametro di circa 110 metri e minore di circa 85 metri. L’arena doveva avere i diametri rispettivamente di 60 e 35 metri circa. Le gradinate si sviluppavano per circa 4.000 metri quadrati con la possibilità di accogliere circa 15.000 spettatori.
PALAZZINA LIBERTY. La Palazzina Liberty, progettata dall’ingegner Gioacchino Luigi Mellucci,[è tra gli edifici più caratteristici di Venafro, grazie alla sua architettura ed alla sua ubicazione nel laghetto cittadino, parte integrante della sede del Comune. In origine era uno dei tanti mulini presenti in questa zona della città; in seguito fu trasformata in centrale elettrica per poi diventare, nel dopoguerra, un cinema. Nel 2018 è stata completamente ristrutturata e trasformata in un centro polifunzionale.
PARCO DEGLI ULIVI. Il Parco Regionale dell’Olivo di Venafro è la prima area protetta dedicata alla promozione dell’olivicoltura tradizionale; conserva piante secolari da cui è prodotto un olio di qualità, citato anche dai grandi scrittori latini: Varrone, Plinio il Vecchio, Strabone, Orazio, Marziale e Giovenale. E’ possibile visitare il Parco degli Ulivi e degustare il celeberrimo olio di Venafro. Venafro, assieme alla biblica Efraim e al Monte degli Ulivi di Gerusalemme, è uno dei tre luoghi simbolo della olivicoltura storica del Mediterraneo.
OASI WWF – LE MORTINE. Situata lungo il breve tratto del fiume Volturno che segna il confine tra Molise e Campania, L’Oasi Le Mortine occupa una lanca fluviale artificiale creatasi in seguito alla costruzione di uno sbarramento per la produzione idroelettrica. L’insieme degli ambienti acquatici è circondato da uno dei boschi igrofili meglio conservati d’Italia. La vegetazione che un tempo abbracciava l’intero corso del fiume è, in questo tratto, ancora ben conservata. Nei fossi e nei canali che tagliano il bosco e negli specchi d’acqua effimeri è presente flora semisommersa: giunco, sparto, nasturzio e veronica. Nei margini esterni più asciutti compaiono ornielli, olmi, aceri campestri e qualche esemplare di farnia. La particolarità e la rarità degli ambienti e degli habitat rendono l’Oasi Le Mortine il luogo ideale per lo svolgimento di attività didattiche ambientali rivolte prima di tutto alle scuole di ogni ordine e grado e allo stesso modo a tutti coloro che amano trascorrere giornate rilassanti a contatto con la Natura. Sono diverse le Università che conducono attività scientifiche usufruendo della riserva naturalistica Le Mortine.

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