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Parlare di isola è riduttivo, perché la Sardegna è molto di più, è un continente. Non certo per estensione geografica, ma per varietas. La stessa storia geologica di questa terra, fisicamente separata e distante dalle masse continentali di Europa e Africa, ha determinato aspetti di assoluta particolarità, generati anche alla sua età: 600 milioni di anni incisi nella pietra, dalle scogliere a picco sul mare fino alle vette innevate dell’interno, che ne fanno la parte più antica di tutto il territorio italiano. Da qui deriva una ricchezza naturale straordinaria, oggi tutelata da grandi parchi nazionali – vedi quello dell’Asinara e dell’Arcipelago della Maddalena – da riserve naturali, oasi e zone protette locali, paradisi popolati da numerose specie di flora e fauna endemiche. Un universo che, per i non sardi, è davvero “altro”. Altro, del resto, era il popolo misterioso che ne ha firmato la storia con monumenti straordinari, i nuraghi, oggi testimoni di pietra d’un passato enigmatico, ma ancora vivo. Nelle feste, nelle tradizioni e nei sapori di una cucina vigorosa e inconfondibile, per esempio, come vigorose e inconfondibili sono, oltre le iconiche spiagge da cartolina, anche le terre dell’interno, le montagne, le foreste, i paesi e le città.

Insomma, la “differenza” della Sardegna è certamente un dato di fatto e una constatazione ormai ovvia, oltre che un sentimento della maggior parte dei sardi. Diversità intesa come naturalezza e naturalità, genuinità, arcaicità, primitività, preistoria vivente, ma anche nel suo rimanere sempre un luogo incontaminato, nell’animo e nella sostanza, nonostante, in alta stagione, diventi oggetto di un vero assalto. Per questo, la Sardegna, che grazie soprattutto alla Costa Smeralda è diventata simbolo di un’estate senza fine, è capace di riservare emozioni inaspettate, quelle di un mondo ancora tutto da scoprire. E non solo d’estate. In virtù del clima e delle mille ricchezze alternative al mare, oltre a offrire 1.949 km di coste è una meta da vivere tutto l’anno, ricca di profumi, di umori, di colori che, con il variare delle stagioni non perdono ma semmai mutano la propria malia e intensità.

Quella sarda resta nel complesso un’antropizzazione debole. Grande quanto la Sicilia, ha un terzo dei suoi abitanti, resta cioè un antico Paese rurale. Messaggio che si percepisce forte e chiaro nella fascinosa Gallura, rosa per le mille sfumature della sua pietra granitica onnipresente; nei suadenti torpori della “catalana” Alghero, la cui costa si incunea in misteriose grotte da esplorare; nel porticciolo di Bosa e nel suo magico entroterra; poi nelle leggende della selvaggia Ogliastra e nel “profondo centro” della Barbagia, fino a risalire il crinale del Gennargentu; nell’inaspettata vitalità di Cagliari, capoluogo sui generis con le spiagge che arrivano prossime al centro storico; e ancora nelle struggenti atmosfere del Sud-Ovest, che anticipano l’incanto dell’Isola di San Pietro.

Ma, al di là di questi e mille altri luoghi da fare propri, sono la storia e la cultura il filo conduttore di viaggi  indimenticabili. Basti citare le feste popolari, che da secoli tramandano suggestioni di rara forza evocativa, spesso legate alle ricorrenze del Carnevale o del santo patrono del paese. Ogni manifestazione si trasforma in un momento di sentita aggregazione popolare: ascoltare i muttos, i tipici canti a sfondo amoroso, ammirare con quanta grazia e dignità giovani e anziani indossano ancora i costumi tipici in caroselli colorati, significa vivere un pezzo di vita sarda, originale, spontanea, ancorata alle più antiche e fantasiose credenze. Ecco allora sfilare grandi processioni in costume, enormi ceri ondeggiare negli stretti vicoli, arditi cavalieri lanciarsi in rituali galoppate, uomini incappucciati intonare canti lugubri e centinaia di fedeli correre a piedi nudi su strade sterrate. Sacro e profano che si fondono in un tutt’uno di grande forza, che coinvolge tutti i sensi: l’udito con i suoi canti, la vista con i suoi richiami a maschere e costumi di ispirazione ancestrale, il tatto con la ruvida bellezza di tessuti, sculture e opere artigianali da comprare e portare a casa, l’olfatto e il gusto stimolati da sapori più di terra che di mare. Altro paradosso di quest’isola-continente abitata da un popolo più di pastori che di marinai.

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Area Archeologica di Sant'Anastasia

Sardara, Sardegna

75 elementi Cosa fare e vedere

  • Sito Archeologico

Parco Archeologico Naturalistico di Sa Fogaia

Siddi, Sardegna

Situato nel territorio di Siddi, a circa 330 metri s.l.m., in località Sa Fogaia, sul versante Est di un altopiano basaltico denominato Pranu de Siddi.
Il parco denominato di “Sa Fogaia” è un’area di rilevanza naturalistica e archeologica situata all’interno del territorio comunale di Siddi, sul versante est di un altipiano basaltico dell’agro, denominato Pranu de Siddi, a circa 330 metri sul livello del mare.
L’area è caratterizzata da un alto valore naturalistico per la presenza di numerose specie vegetali, anche endemiche e rare, una variegata fauna selvatica; al suo interno è presente un importante sito archeologico e servizi a supporto della fruizione.
Il sito archeologico è ubicato all’estremità del settore meridionale dell’altipiano della Giara di Siddi, su una prominenza la cui vista abbraccia tutta la vallata, in posizione dominate e di controllo.
È costituito da un monumento principale e dalle tracce di un villaggio.
Il monumento principale, realizzato in roccia vulcanica, è formato da tre corpi affiancati, che formano un unico complesso assieme a varie strutture minori, con una fronte di oltre 22 metri di ampiezza ed un’altezza residua di almeno 6 metri.
L’edificio più antico è un protonuraghe a corridoio che presenta una planimetria a tre lobi, quasi a “Y”, con ingresso rialzato di circa cinque metri, raggiungibile mediante una scala ricavata nelle murature stesse. Il vano interno è costituito da un corridoio attualmente a cielo aperto: alcuni gradini residui testimoniano l’originaria presenza di un livello superiore (o un terrazzo) oramai scomparso. Gli altri due corpi aggiunti si addossano al protonuraghe centrale nei versanti orientale ed occidentale, modificandone completamente la fisionomia. L’edificio orientale è percorso da un corridoio a copertura mista (tabulare ed ogivale), marginato da ambienti minori; il corpo occidentale ospita una tholos circolare, con ripida scala che saliva ai livelli superiori, ed un ulteriore vano di raccordo di pianta quadrangolare e copertura ogivale, a sua volta articolato in una piccola celletta laterale. È presente un cortile interno sul quale si affacciavano diversi ambienti minori; da esso parte anche la lunga scala dell’edificio più antico.

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  • Sito Archeologico

Area Archeologica di Sant’Anastasia

Sardara, Sardegna

L’area archeologica di Sant’Anastasia situata nella parte alta di Sardara. Il santuario nuragico ha come fulcro il tempio a pozzo e risulta inserito in un articolato insediamento a carattere civile e religioso ancora in fase di scavo. Esso comprende, a circa m 10 a S dal primo pozzo, un secondo pozzo sacro e parte di un grande recinto ad andamento curvilineo, al cui interno si individuano i resti di diverse capanne. Dentro la chiesa dedicata a S. Anastasia invece presente un pozzo nuragico d’uso, inserito originariamente in una capanna del villaggio. Luogo certificato Herity

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  • Sito Archeologico

Parco Archeologico di Montessu

Villaperuccio, Sardegna

Il Parco archeologico include i complessi megalitici prenuragici, l’allée couverte, e i nuraghi de s’Angioni e Corona Sa Figu. Necropoli a grotticelle artificiali o domus de janas, di tipologia varia, distribuite in quattro raggruppamenti: orientale, settentrionale (Tuttoneddus), occidentale (Sa Cresiedda) e nord occidentale (Cungiau Pittanu). Le tombe, una quarantina, sono prevalentemente del tipo a proiezione orizzontale e si diversificano per planimetria e grandezza. Il villaggio di riferimento della necropoli è stato individuato nella piana sottostante.

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  • Sito Archeologico

Parco Archeologico di Pranu Mutteddu

Goni, Sardegna

Il parco di Pranu Muttedu, rappresenta uno dei pi suggestivi siti archeologici della Sardegna interna. L’area del parco si divide in due parti, per un estensione totale di circa 200 mila mq, interessata da uno dei pi importanti compendi monumentali della preistoria sarda. Gli scavi svolti all’inizio degli anni ’80, hanno portato alla luce numerosissimi manufatti di diversa tipologia e fattura, riferibili a comunit stanziali di cultura “”Ozieri”” risalenti al Neolitico recente (3200 2800 a.C). La presenza di numerose tombe e menhir fa pensare ad un utilizzo del sito in funzione di riti sepolcrali e religiosi, collegati al culto degli antenati. Il complesso archeologico Presenta la pi alta concentrazione di Menhir che si conosca in Sardegna (circa sessanta, variamente distribuiti in coppie, allineamenti o gruppi).L’intero complesso monumentale sorge su un aria fittamente ricoperta da querce secolari e da altre essenze tipiche della macchia mediterranea.

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  • Sito Archeologico

Parco Archeologico Monte Sirai

Carbonia, Sardegna

L’insediamento sorge a pochi chilometri dalla costa, su un pianoro a 191 m s.l.m. È in posizione strategica, di controllo del bacino minerario dell’Iglesiente e della valle del Cixerri, raccordo tra il Sulcis e le fertili pianure del Campidano.

Le prime tracce di vita si estendono dal Neolitico all’età nuragica.
Come centro urbano, forse fondato dai Fenici di Sulky o di Portoscuso, Monte Sirai risulta stabilmente abitato già attorno al 730 a.C. L’insediamento subcostiero si trova in una regione ricca di risorse minerarie e a diretto contatto con numerosi insediamenti nuragici.
Il periodo propriamente fenicio (VIII-VI secolo a.C.) risulta documentato in ambito sia abitativo sia funerario.
Sull’acropoli sono state indagate alcune abitazioni, tra cui la “casa del lucernario di Talco”, che restituiscono l’immagine di un florido centro che si consolida tra VII e VI secolo a.C., quando il tessuto urbano raggiunge dimensioni considerevoli.
Le abitazioni, edificate su quattro isolati disposti in senso longitudinale, erano costituite da vani articolati attorno ad una corte centrale, vero fulcro di tutte le attività domestiche. La presenza di piani sopraelevati, di muri intonacati e di canalizzazioni per il deflusso delle acque evidenziano la perizia delle tecniche costruttive.
Un santuario con cella bipartita dedicato alla dea Astarte (la cui statua di culto si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) venne edificato riutilizzando in parte alcune precedenti strutture di un nuraghe monotorre.
Nell’area della necropoli alcune tra le numerose sepolture ad incinerazione e alcune inumazioni si riferiscono ad individui infantili e di sesso femminile. Questo fatto, come pure la totale assenza delle armi tra gli elementi di corredo delle sepolture maschili, sembrano indicare come l’insediamento sia stato concepito principalmente per un uso civile.
Questo contrariamente alla funzione militare e di centro fortificato, proposta in passato per Monte Sirai, che è stata ormai definitivamente ricondotta ad una breve parentesi nell’intera storia dell’insediamento. Infatti le mura di Monte Sirai furono erette attorno ai primi anni del IV secolo a.C. (375 a.C.) e durarono in opera fino allo smantellamento seguito alla conquista romana del 238 a.C. Gli eventi storici che segnarono la fase di passaggio alla dominazione punica hanno lasciato tangibili tracce in termini di stratificazione archeologica. Infatti, alla fine del VI secolo a.C. le tipologie tombali mutarono radicalmente con l’introduzione dell’inumazione in sepolcri ipogei con corto “dromos” d’accesso.
Nel settore abitativo si sono riscontrate cospicue tracce di distruzione nei livelli di vita della seconda metà del VI secolo a.C., attribuibili all’offensiva cartaginese. Durante i primi anni del V secolo a.C. si assiste, pertanto, ad una fase di recessione economica che si traduce in un forte ridimensionamento del tessuto abitativo che comporta il totale abbandono di aree in precedenza utilizzate anche per scopi abitativi.
In seguito, nel corso del IV secolo a.C. si registra una sostanziale ripresa con l’apprestamento delle fortificazioni e l’installazione del “tofet”, mentre nel corso della prima metà del III secolo a.C. il notevole sviluppo urbanistico comportò una rivitalizzazione di aree in precedenza defunzionalizzate.
Il definitivo abbandono del pianoro avvenne verso la fine del II secolo a.C. (110 a.C.), probabilmente a causa della repressione dell’attività di brigantaggio ad opera degli eserciti romani. Questo sembrerebbe suggerito dalla totale assenza di piccoli oggetti negli ultimi livelli di vita dell’abitato in cui sussistono unicamente i manufatti di grandi dimensioni, chiaro sintomo di un abbandono repentino. Le ultime tracce di una sporadica frequentazione del pianoro sono costituite da una moneta del IV secolo d.C. rinvenuta nell’area del tofet e da un reperto ceramico del VII secolo d.C. dalla cisterna del tempio sull’acropoli.

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  • Sito Archeologico

Complesso Nuragico Su Mulinu

Villanovafranca, Sardegna

Rivestì una funzione templare confermata dal ritrovamento, dentro il suo vano centrale, di un altare decorato a forma di nuraghe, la cui riproduzione si trova in museo archeologico dedicato al sito. Il complesso nuragico su Mulinu sorge su un piccolo rilievo che domina la valle del rio Mannu, a meno di un chilometro da Villanovafranca, centro della Marmilla orientale. Il nuraghe complesso è sovrapposizione di varie tipologie costruttive, da quella ‘a corridoio’ alla copertura a tholos (falsa cupola). Il primo impianto, costituito da blocchi di marna, risale al XVI-XV secolo a.C. (Bronzo medio I), contestualmente attorno nacque un villaggio. In questa fase fu costruito un bastione con antemurale, dove noterai corridoi e celle. Nel XIV sec. a.C. furono sovrapposti una fortificazione trilobata e un antemurale composto da quattro torri unite da cortine murarie. Nel piano inferiore sorsero cellette e anditi, in quello superiore alcuni vani (oggetto di scavi). Nella terza fase l’antemurale fu rafforzato con una quinta torre. Un suo vano con volta a tholos ha restituito, nella strato superiore, reperti tardo-punici, romano-repubblicani e del Bronzo finale-prima età del Ferro, in quello inferiore reperti del Bronzo recente. Un altro vano simile ha restituito materiali altomedievali. Al di sotto dei livelli ‘storici’, è stato rinvenuto un pavimento in lastre che presenta un focolare: qui sono venuti alla luce frammenti compresi tra Bronzo finale ed età del Ferro.
Su Mulinu fu luogo di culto dal XIV secolo a.C., come testimoniano due focolari rituali nel vano centrale della fortezza. I riti, forse sospesi per qualche secolo, ripresero tra fine XI e IX a.C., periodo a cui risalgono bancone-sedile e scoperta più straordinaria del complesso: un altare-nuraghe in arenaria della prima età del Ferro (VIII secolo a.C.): sulla sommità ha una conca per la raccolta dei liquidi, collegata da un canale a una vasca, dove li riversava. Il monumento, usato per sacrifici e offerte votive, era decorato da quattro else di spade (tre integre) che sostenevano lame in bronzo. Altri oggetti bronzei con figure antropomorfe e animalesche lo decoravano superiormente, forse erano legati al mito della luna crescente alla base del misterioso culto nuragico, che riprese in età romana, specie tra 50 a.C. e 150 d.C. I materiali rinvenuti negli scavi (tuttora in corso) sono esposti nel civico museo archeologico su Mulinu, allestito nell’ottocentesco ex monte granatico di Villanovafranca, insieme a reperti ceramici, metallici, vitrei e litici del territorio circostante, che vanno dal IV millennio a.C. al III sec. d.C. L’esposizione mostra lo sviluppo della complessa architettura nuragica nell’arco di un millennio (XVI-VI secolo a.C.) e una ricostruzione scenografica dell’altare nuragico.

Servizi offerti: gestione biglietteria, informazioni, accoglienza e vigilanza; accompagnamento e guida degli utenti presso il sito; organizzazione e gestione mostre, convegni ed eventi in generale, attività didattiche; promozione.

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  • Sito Archeologico

Parco Archeologico Naturalistico di Sa Fogaia

Siddi, Sardegna

Situato nel territorio di Siddi, a circa 330 metri s.l.m., in località Sa Fogaia, sul versante Est di un altopiano basaltico denominato Pranu de Siddi.
Il parco denominato di “Sa Fogaia” è un’area di rilevanza naturalistica e archeologica situata all’interno del territorio comunale di Siddi, sul versante est di un altipiano basaltico dell’agro, denominato Pranu de Siddi, a circa 330 metri sul livello del mare.
L’area è caratterizzata da un alto valore naturalistico per la presenza di numerose specie vegetali, anche endemiche e rare, una variegata fauna selvatica; al suo interno è presente un importante sito archeologico e servizi a supporto della fruizione.
Il sito archeologico è ubicato all’estremità del settore meridionale dell’altipiano della Giara di Siddi, su una prominenza la cui vista abbraccia tutta la vallata, in posizione dominate e di controllo.
È costituito da un monumento principale e dalle tracce di un villaggio.
Il monumento principale, realizzato in roccia vulcanica, è formato da tre corpi affiancati, che formano un unico complesso assieme a varie strutture minori, con una fronte di oltre 22 metri di ampiezza ed un’altezza residua di almeno 6 metri.
L’edificio più antico è un protonuraghe a corridoio che presenta una planimetria a tre lobi, quasi a “Y”, con ingresso rialzato di circa cinque metri, raggiungibile mediante una scala ricavata nelle murature stesse. Il vano interno è costituito da un corridoio attualmente a cielo aperto: alcuni gradini residui testimoniano l’originaria presenza di un livello superiore (o un terrazzo) oramai scomparso. Gli altri due corpi aggiunti si addossano al protonuraghe centrale nei versanti orientale ed occidentale, modificandone completamente la fisionomia. L’edificio orientale è percorso da un corridoio a copertura mista (tabulare ed ogivale), marginato da ambienti minori; il corpo occidentale ospita una tholos circolare, con ripida scala che saliva ai livelli superiori, ed un ulteriore vano di raccordo di pianta quadrangolare e copertura ogivale, a sua volta articolato in una piccola celletta laterale. È presente un cortile interno sul quale si affacciavano diversi ambienti minori; da esso parte anche la lunga scala dell’edificio più antico.

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  • Sito Archeologico

Area Archeologica di Sant’Anastasia

Sardara, Sardegna

L’area archeologica di Sant’Anastasia � situata nella parte alta di Sardara. Il santuario nuragico ha come fulcro il tempio a pozzo e risulta inserito in un articolato insediamento a carattere civile e religioso ancora in fase di scavo. Esso comprende, a circa m 10 a S dal primo pozzo, un secondo pozzo sacro e parte di un grande recinto ad andamento curvilineo, al cui interno si individuano i resti di diverse capanne. Dentro la chiesa dedicata a S. Anastasia � invece presente un pozzo nuragico d’uso, inserito originariamente in una capanna del villaggio. Luogo certificato Herity

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Parco Archeologico di Montessu

Villaperuccio, Sardegna

Il Parco archeologico include i complessi megalitici prenuragici, l’allée couverte, e i nuraghi de s’Angioni e Corona Sa Figu. Necropoli a grotticelle artificiali o domus de janas, di tipologia varia, distribuite in quattro raggruppamenti: orientale, settentrionale (Tuttoneddus), occidentale (Sa Cresiedda) e nord occidentale (Cungiau Pittanu). Le tombe, una quarantina, sono prevalentemente del tipo a proiezione orizzontale e si diversificano per planimetria e grandezza. Il villaggio di riferimento della necropoli è stato individuato nella piana sottostante.

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Parco Archeologico di Pranu Mutteddu

Goni, Sardegna

Il parco di Pranu Muttedu, rappresenta uno dei pi� suggestivi siti archeologici della Sardegna interna. L’area del parco si divide in due parti, per un estensione totale di circa 200 mila mq, � interessata da uno dei pi� importanti compendi monumentali della preistoria sarda. Gli scavi svolti all’inizio degli anni ’80, hanno portato alla luce numerosissimi manufatti di diversa tipologia e fattura, riferibili a comunit� stanziali di cultura “”Ozieri”” risalenti al Neolitico recente (3200 � 2800 a.C). La presenza di numerose tombe e menhir fa pensare ad un utilizzo del sito in funzione di riti sepolcrali e religiosi, collegati al culto degli antenati. Il complesso archeologico Presenta la pi� alta concentrazione di Menhir che si conosca in Sardegna (circa sessanta, variamente distribuiti in coppie, allineamenti o gruppi).L’intero complesso monumentale sorge su un aria fittamente ricoperta da querce secolari e da altre essenze tipiche della macchia mediterranea.

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Parco Archeologico Monte Sirai

Carbonia, Sardegna

L’insediamento sorge a pochi chilometri dalla costa, su un pianoro a 191 m s.l.m. È in posizione strategica, di controllo del bacino minerario dell’Iglesiente e della valle del Cixerri, raccordo tra il Sulcis e le fertili pianure del Campidano.

Le prime tracce di vita si estendono dal Neolitico all’età nuragica.
Come centro urbano, forse fondato dai Fenici di Sulky o di Portoscuso, Monte Sirai risulta stabilmente abitato già attorno al 730 a.C. L’insediamento subcostiero si trova in una regione ricca di risorse minerarie e a diretto contatto con numerosi insediamenti nuragici.
Il periodo propriamente fenicio (VIII-VI secolo a.C.) risulta documentato in ambito sia abitativo sia funerario.
Sull’acropoli sono state indagate alcune abitazioni, tra cui la “casa del lucernario di Talco”, che restituiscono l’immagine di un florido centro che si consolida tra VII e VI secolo a.C., quando il tessuto urbano raggiunge dimensioni considerevoli.
Le abitazioni, edificate su quattro isolati disposti in senso longitudinale, erano costituite da vani articolati attorno ad una corte centrale, vero fulcro di tutte le attività domestiche. La presenza di piani sopraelevati, di muri intonacati e di canalizzazioni per il deflusso delle acque evidenziano la perizia delle tecniche costruttive.
Un santuario con cella bipartita dedicato alla dea Astarte (la cui statua di culto si conserva nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari) venne edificato riutilizzando in parte alcune precedenti strutture di un nuraghe monotorre.
Nell’area della necropoli alcune tra le numerose sepolture ad incinerazione e alcune inumazioni si riferiscono ad individui infantili e di sesso femminile. Questo fatto, come pure la totale assenza delle armi tra gli elementi di corredo delle sepolture maschili, sembrano indicare come l’insediamento sia stato concepito principalmente per un uso civile.
Questo contrariamente alla funzione militare e di centro fortificato, proposta in passato per Monte Sirai, che è stata ormai definitivamente ricondotta ad una breve parentesi nell’intera storia dell’insediamento. Infatti le mura di Monte Sirai furono erette attorno ai primi anni del IV secolo a.C. (375 a.C.) e durarono in opera fino allo smantellamento seguito alla conquista romana del 238 a.C. Gli eventi storici che segnarono la fase di passaggio alla dominazione punica hanno lasciato tangibili tracce in termini di stratificazione archeologica. Infatti, alla fine del VI secolo a.C. le tipologie tombali mutarono radicalmente con l’introduzione dell’inumazione in sepolcri ipogei con corto “dromos” d’accesso.
Nel settore abitativo si sono riscontrate cospicue tracce di distruzione nei livelli di vita della seconda metà del VI secolo a.C., attribuibili all’offensiva cartaginese. Durante i primi anni del V secolo a.C. si assiste, pertanto, ad una fase di recessione economica che si traduce in un forte ridimensionamento del tessuto abitativo che comporta il totale abbandono di aree in precedenza utilizzate anche per scopi abitativi.
In seguito, nel corso del IV secolo a.C. si registra una sostanziale ripresa con l’apprestamento delle fortificazioni e l’installazione del “tofet”, mentre nel corso della prima metà del III secolo a.C. il notevole sviluppo urbanistico comportò una rivitalizzazione di aree in precedenza defunzionalizzate.
Il definitivo abbandono del pianoro avvenne verso la fine del II secolo a.C. (110 a.C.), probabilmente a causa della repressione dell’attività di brigantaggio ad opera degli eserciti romani. Questo sembrerebbe suggerito dalla totale assenza di piccoli oggetti negli ultimi livelli di vita dell’abitato in cui sussistono unicamente i manufatti di grandi dimensioni, chiaro sintomo di un abbandono repentino. Le ultime tracce di una sporadica frequentazione del pianoro sono costituite da una moneta del IV secolo d.C. rinvenuta nell’area del tofet e da un reperto ceramico del VII secolo d.C. dalla cisterna del tempio sull’acropoli.

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  • Sito Archeologico

Complesso Nuragico Su Mulinu

Villanovafranca, Sardegna

Rivestì una funzione templare confermata dal ritrovamento, dentro il suo vano centrale, di un altare decorato a forma di nuraghe, la cui riproduzione si trova in museo archeologico dedicato al sito. Il complesso nuragico su Mulinu sorge su un piccolo rilievo che domina la valle del rio Mannu, a meno di un chilometro da Villanovafranca, centro della Marmilla orientale. Il nuraghe complesso è sovrapposizione di varie tipologie costruttive, da quella ‘a corridoio’ alla copertura a tholos (falsa cupola). Il primo impianto, costituito da blocchi di marna, risale al XVI-XV secolo a.C. (Bronzo medio I), contestualmente attorno nacque un villaggio. In questa fase fu costruito un bastione con antemurale, dove noterai corridoi e celle. Nel XIV sec. a.C. furono sovrapposti una fortificazione trilobata e un antemurale composto da quattro torri unite da cortine murarie. Nel piano inferiore sorsero cellette e anditi, in quello superiore alcuni vani (oggetto di scavi). Nella terza fase l’antemurale fu rafforzato con una quinta torre. Un suo vano con volta a tholos ha restituito, nella strato superiore, reperti tardo-punici, romano-repubblicani e del Bronzo finale-prima età del Ferro, in quello inferiore reperti del Bronzo recente. Un altro vano simile ha restituito materiali altomedievali. Al di sotto dei livelli ‘storici’, è stato rinvenuto un pavimento in lastre che presenta un focolare: qui sono venuti alla luce frammenti compresi tra Bronzo finale ed età del Ferro.
Su Mulinu fu luogo di culto dal XIV secolo a.C., come testimoniano due focolari rituali nel vano centrale della fortezza. I riti, forse sospesi per qualche secolo, ripresero tra fine XI e IX a.C., periodo a cui risalgono bancone-sedile e scoperta più straordinaria del complesso: un altare-nuraghe in arenaria della prima età del Ferro (VIII secolo a.C.): sulla sommità ha una conca per la raccolta dei liquidi, collegata da un canale a una vasca, dove li riversava. Il monumento, usato per sacrifici e offerte votive, era decorato da quattro else di spade (tre integre) che sostenevano lame in bronzo. Altri oggetti bronzei con figure antropomorfe e animalesche lo decoravano superiormente, forse erano legati al mito della luna crescente alla base del misterioso culto nuragico, che riprese in età romana, specie tra 50 a.C. e 150 d.C. I materiali rinvenuti negli scavi (tuttora in corso) sono esposti nel civico museo archeologico su Mulinu, allestito nell’ottocentesco ex monte granatico di Villanovafranca, insieme a reperti ceramici, metallici, vitrei e litici del territorio circostante, che vanno dal IV millennio a.C. al III sec. d.C. L’esposizione mostra lo sviluppo della complessa architettura nuragica nell’arco di un millennio (XVI-VI secolo a.C.) e una ricostruzione scenografica dell’altare nuragico.

Servizi offerti: gestione biglietteria, informazioni, accoglienza e vigilanza; accompagnamento e guida degli utenti presso il sito; organizzazione e gestione mostre, convegni ed eventi in generale, attività didattiche; promozione.

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Comune: Alghero

Mese di inizio: Dicembre

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