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Reggia di Caserta

aversa, casagiove, caserta, valle di maddaloni

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Prima dell’arrivo dei Borbone, non esisteva Caserta, bensì c’era Casertavecchia, cittadina che, fra alterne vicende legate all’una o all’altra casata, ruotava attorno al suo cuore medievale, la Cattedrale, circondata da case in tufo, logge, palazzi con eleganti bifore e poco altro. Poi, ecco la Reggia, realizzata da Luigi Vanvitelli fra il 1752 e il 1774 per rivaleggiare con Versailles, all’epoca modello assoluto di regalità.

Se la costruzione dell’edificio più sfarzoso della Campania del Settecento, e non solo, decretò la fine per l’antica Casa Hirta, poi Casertavecchia, la Reggia diede impulso alla nascita di un’altra realtà, quella di San Leucio. Acquistata nel 1750 per rifornire di acqua i giardini della dimora, nel 1789 diveniva già Real Colonia, incentrata sulla produzione di seta. Erano i prodromi del sogno di Ferdinando IV di Borbone, che puntava alla fondazione di Ferdinandopoli: le case a schiera iniziate nel 1786 testimoniano quell’impianto geometrico in corso d’opera, con una piazza centrale e strade radiali e concentriche. Ancora oggi, a San Leucio sono attive numerose aziende che per tradizione continuano a produrre preziose stoffe usate per l’arredamento, diffondendo l’arte serica di questo borgo nel mondo.

Di certo, anche se non fu mai ultimata, Ferdinandopoli fu il simbolo dell’Illuminismo borbonico, mentre la Reggia fu per Carlo di Borbone la risposta a due esigenze: la prima di risiedere in un luogo consono a un grande sovrano, al pari del Re Sole, e secondo di offrire al governo napoletano un luogo strategicamente sicuro, salubre e fertile, valorizzabile anche dal punto di vista politico-economico. E ci riuscì, tanto che ancora oggi la Reggia di Caserta è uno degli edifici più maestosi d’Italia e uno dei luoghi più visitati.

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Duomo di Casertavecchia “San Michele Arcangelo”

Caserta, Campania

5 elementi Cosa fare e vedere

  • Patrimonio culturale Religioso

Duomo di Casertavecchia “San Michele Arcangelo”

Caserta, Campania

Nei meravigliosi vicoli del piccolo borgo medioevale di Casertavecchia si respirano i profumi di un passato senza tempo. Immerso in un incantevole panorama, il borgo si distende sul monte Virgo, sovrasta le verdi piane di Capua ed offre al visitatore una pace ed un silenzio indicibili. La chiesa di S. Michele Arcangelo è immersa in questo lembo di Medioevo.

La cittadella si apre al viandante che ne attraversa le stradine strette e serpeggianti, tra le case in pietra e in tufo, intatte nella loro geometria originale, sospesa tra le mura di una storia di cui si odono ancora gli echi. Il passato si veste di rosso, di marrone e di bianco, e indossa le sfumature cromatiche donate dal fluire del tempo, rallegrandosi dei fiori che fanno capolino dalle pareti delle case. I tetti svettano verso il cielo sovrastante, ritmati da torri e campanili. In un disegno di luci e ombre, creato da sottopassaggi e strettoie, quello stesso cielo sembra fin troppo lontano da raggiungere.

Il campanile della chiesa di S. Michele Arcangelo è un anelito verso l’infinito, che tutto domina con orgoglio. Compete in altezza con il tiburio della chiesa, “capolavoro di finezza cromatica”, pieno dei ricami di elementi policromi, cornici decorate da tarsie marmoree, motivi fioriti. Il campanile sovrasta la stradina che si apre nella piazzetta del borgo. Qui l’animo si raccoglie, si prepara all’ingresso nella chiesa. È essenziale nelle sue forme, spoglia di sovrastrutture, orpelli, decorazioni. Il marmo delle imponenti colonne che delineano la navata centrale cattura la luce che si dirama dalle finestre dall’alto. Nella sobrietà che caratterizza la chiesa, la devozione di antichi popoli è viva adesso come allora, rimanda con pochi simboli scolpiti nella pietra ai sentimenti che elevano l’uomo a Dio.

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  • Culturale Materiale - Altro

Acquedotto Carolino (Vanvitelliano)

Valle Di Maddaloni, Campania

Monte Taburno, Valle di Maddaloni, provincia di Caserta. Parte da qui e corre per 38 km quello che è passato alla storia come Acquedotto Carolino o Vanvitelliano, e che nella realtà ha rappresentato una delle opere di maggior interesse ingegneristico del XVIII secolo. Progettato per alimentare le “reali delizie” disseminate nel parco della Reggia di Caserta e il Complesso Monumentale di San Leucio – comprendente l’antica Fabbrica della Seta, l’Appartamento storico e la Casa del Tessitore – ha richiesto 16 anni per la sua costruzione (dal 1753 al 1770) e la collaborazione dei più stimati ingegneri, architetti e matematici del Regno di Napoli, fra cui appunto Luigi Vanvitelli, già artefice della Reggia e al soldo di re Carlo di Borbone. Questi tre capolavori, perché tali sono ciascuno a suo modo sia la Reggia, che l’Acquedotto e la Fabbrica, dal 1997 sono inseriti nel listing del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. A tale triade perfetta si aggiunge una quarta opera di tutto rispetto, firmata sempre dal Vanvitelli, i “Ponti della Valle”: all’epoca era il ponte più lungo d’Europa, composto da tre ordini di arcate poggianti su 44 piloni a pianta quadrata, per una lunghezza di 529 metri e un’altezza di 55,80 metri. Fra le particolarità che lo caratterizzano c’è quella di avere alla sua base, dal 1899, un monumento-ossario contenente i resti dei soldati morti nella battaglia del Volturno.

L’inaugurazione del colossale impianto idrico dell’Acquedotto Carolino diede il via allo sviluppo economico di tutto il casertano, con la nascita del Complesso di San Leucio, colonna portante dell’intero sistema locale, e di numerosi mulini lungo il suo articolato percorso.
Al termine di esso, all’interno del parco della Reggia, si trova una grotta artificiale da cui parte una diramazione verso il Belvedere, filanda-regia voluta da Ferdinando IV per la produzione e tessitura della seta, ricavata nell’ex casino di caccia della famiglia degli Acquaviva, circondato da magnifici giardini rinascimentali. Un altro ramo dell’Acquedotto porta invece alla Reale Tenuta di Carditello, la fattoria modello voluta sempre da Ferdinando IV.

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  • Museo

Museo Diocesano di Aversa

Aversa, Campania

Le Sale del Baldacchino, di Loreto e di San Sebastiano e il Deambulatorio del duecentesco Duomo di Aversa sono i suggestivi ambienti che accolgono la ricca esposizione di oggetti e opere d’arte del Museo Diocesano. Due i nuclei che identificano il percorso: quello nel Deambulatorio, derivato da una mostra allestita nel 1990 dal titolo “La Cattedrale nella storia. Aversa 1090-1990. Nove secoli di arte”, che raccoglie reperti architettonici e scultorei, oltre che arredi liturgici e reliquiari presenti nel Duomo; e il nucleo delle altre tre sale, che vede fra i capolavori un trono per l’esposizione eucaristica in argento, alcune pergamene dell’XI secolo, il reliquiario della Sacra Spina e sette tavole quattrocentesche dell’artista partenopeo Angiolillo Arcuccio. Il percorso offre uno spaccato unico dell’epoca compresa fra l’XI e il XII secolo, quel periodo normanno che tanti sviluppi e mutamenti storici portò nel Sud Italia.

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  • Museo

Real Borgo di San Leucio

Caserta, Campania

San Leucio, piccolo borgo poco lontano dal centro di Caserta, sorge alle pendici dell’omonimo colle, sul quale in epoca longobarda fu edificata una chiesetta dedicata al Santo. Nel XVI secolo gli Acquaviva, principi di Caserta, vi costruirono un castello, che chiamarono “Belvedere” per la splendida vista panoramica su Napoli, il Vesuvio e le isole del Golfo. Alla metà del XVIII secolo il territorio fu acquistato da Carlo di Borbone e dal 1759 il Regno passò nelle mani di suo figlio Ferdinando IV (III di Sicilia). Il primo interessamento del giovane Re Borbone per San Leucio risale al 1773, quando fece recintare la proprietà. San Leucio rappresentava per Ferdinando un luogo ideale per immergersi nella quiete della natura, per dedicarsi alla caccia, lontano dalla vita pomposa di corte e, negli anni seguenti, incaricò l’architetto Francesco Collecini, aiutante di Luigi Vanvitelli, di ingrandire il palazzo e trasformarlo in un centro manifatturiero dedicato alla seta: fu così che nel 1789 nacque la Real Colonia Serica di San Leucio per la quale il Re emanò uno specifico Codice delle leggi, dove erano fissati diritti e doveri degli abitanti del borgo. Nell’ anno della Rivoluzione francese, il Re a San Leucio stabiliva, tra l’altro, l’uguaglianza degli individui, pari diritti per tutti, la meritocrazia, l’educazione scolastica obbligatoria, la libera scelta nei matrimoni, l’abolizione del lusso, della dote per le donne (a quella ci pensava il Re donando la casa), dei testamenti (i figli ereditavano dai genitori). Ogni dipendente della fabbrica della seta era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati.Tutto ruotava intorno alla fabbrica. Una seteria sostenuta dal re “con mezzi potentissimi”, che sfruttava la seta generata dai bachi allevati nelle campagne del Casertano, una fabbrica dove si producevano stoffe per abbigliamento, per tappezzeria e parati, in una ricca gamma di rasi, broccati, lampassi. Nei primi decenni dell’Ottocento, con l’introduzione della macchina Jacquard, la produzione si arricchì di stoffe broccate di seta, d’oro e d’argento, con una gamma di colori ricchissima.Un Sito Reale davvero speciale, caso unico in Europa di una fabbrica all’ interno di una dimora reale. Un esempio concreto di come i Borbone costruivano i nuovi borghi per sperimentarvi impianti industriali basandosi sulla loro autonomia.L’utopia di San Leucio finì purtroppo quando, con l’unità d’Italia, il setificio fu dato ai privati, e lo statuto perse di efficacia. Nella seconda metà del secolo scorso, coloro che ancora lavoravano all’ interno del Palazzo cominciarono ad abbandonarlo per costruire fabbriche più moderne e con il tempo il degrado prese il sopravvento, fino a quando grazie ad un importante e lungo lavoro di restauro il Real Palazzo è tornato a risplendere nella sua magnificenza artistica, architettonica e naturale, diventando parte del patrimonio dell’umanità.

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  • Monumento

Reggia di Caserta

Caserta, Campania

La Reggia di Caserta fu realizzata a partire dal 1752 per volere di Carlo di Borbone perché diventasse fulcro del nuovo regno di Napoli. Con le sue milleduecento stanze, un teatro, una cappella, una biblioteca e circa centoventi ettari di Parco, la Reggia di Caserta è il Palazzo Reale più grande del mondo, paragonabile in bellezza alle splendide residenze europee di Versailles e di Schonnbrun. Fu voluta a Caserta perché il re era molto affascinato dalla bellezza del paesaggio oltre che dalla salubrità dell’aria e, inoltre, il luogo prescelto sarebbe stato più idoneo a difendersi, rispetto alla capitale del Regno maggiormente esposta agli attacchi navali. Luigi Vanvitelli, che ebbe l’incarico, vi manifestò tutta la sua genialità e perfezione architettonica, e in seguito l’opera fu completata dal figlio Carlo. Un grande progetto creativo che ha saputo guardare al futuro, visto che la Reggia di Caserta è stata definita l’ultima grande realizzazione del Barocco Italiano. Ha una superficie di quarantasettemila metri quadrati, cinque piani e quattro cortili interni. Nel 1919 il Reale Palazzo viene dismesso dal patrimonio della Corona di Casa Reale Savoia e diventa parte del patrimonio dello Stato d’Italia, cambiando la sua natura di “Casa del Re” in museo storico. Nel 1997 la Reggia di Caserta è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Superato l’ingresso, si entra in una lunga galleria che attraversa per intero l’asse della Reggia creando un effetto prospettico a cannocchiale. Nel punto d’incontro dei bracci si giunge al vestibolo ottagonale, vero nucleo del palazzo, che appare costruito attorno ad esso. Uno scalone d’onore, costruito con marmi pregiati, porta dal piano terra al piano d’onore, o Piano Nobile, dove si trovano:
la Cappella Palatina, che sembra più un grande salone di ricevimento che un luogo di culto, data la ricchezza di marmi pregiati e la presenza di decorazioni in oro. Sopra l’altare troneggia “L’Immacolata Concezione” di Giuseppe Bonito;
la Sala del Trono, con il suo trono in legno dorato e i braccioli a forma di leoni alati, dove avvenivano incontri e cerimonie ufficiali;
la stanza da letto del re, dal monumentale letto a baldacchino dalle dimensioni sorprendenti, arredata stile impero in legno di mogano;
la stanza da bagno del re, con vasca di granito e teste di leone scolpite, toilette in marmo di Carrara, col piano sostenuto da colonnine corinzie, anfore istoriate e vasi di fiori;
l’appartamento della regina Maria Carolina, con la vasca da bagno in alabastro scolpito con interno di rame;
la Biblioteca Palatina, con le sue alte librerie e i vasi Giustiniani sugli scaffali;
la Sala Ellittica, che ospita il Presepe borbonico, dalla caratteristica volta progettata per ottimizzare l’acustica della sala destinata originariamente a teatrino domestico;
la Pinacoteca, che raccoglie validi esempi di pittura di genere con scene di vita di Corte e scene popolari oltre ad allegorie che celebravano le virtù dei sovrani;
il Teatro di Corte, che assomiglia al teatro di San Carlo di Napoli ma più in piccolo, con i suoi quarantadue palchi su cinque livelli tutti diversi decorati con putti, conchiglie, e fiori. Il palcoscenico aveva la particolarità che, oltre il fondale, c’era un portale che dava sul parco per sfruttarne la veduta e la profondità.
Altri spazi sono stati adibiti a esposizione di opere d’arte d’epoca:
la Quadreria, che si trova al piano terra del secondo cortile ed ospita la Raccolta di Dipinti inediti realizzati tra il XVI e il XIX secolo;
la Volta Ellittica, alla quale si può accedere dal Vestibolo Superiore mediante la scala posta a destra dell’ingresso all’ Appartamento Storico;
il secondo piano del Palazzo, raggiungibile dalla Volta Ellittica o direttamente dal Vestibolo Superiore, che, nelle sue otto sale, ospita un’esposizione di manufatti storico artistici di varia natura;
il Museo dell’Opera e del Territorio, allestito nei sotterranei della Reggia, raccoglie una serie di testimonianze dell’opera vanvitelliana, dell’area casertana circostante, della vita della corte borbonica tra il XVIII e il XIX secolo, e altre opere d’arte provenienti dai depositi delle soprintendenze campane.
Il lunghissimo Parco, con il suo viale che misura tre chilometri, è fiancheggiato da alberi lussureggianti (soprattutto lecci) e comprende sei fontane e gruppi scultorei ispirati alla mitologia greca: la Fontana Margherita, la Fontana dei tre delfini, la Fontana di Eolo, la Fontana di Cerere, la Fontana di Venere e Adone. A destra dell’ultima fontana (quella di Diana e Atteone) si apre il Giardino Inglese, vicino alla grande cascata, dove il terreno che pende a sud era adatto a soluzioni più fantasione e alla coltivazione delle specie più esotiche.

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Duomo di Casertavecchia “San Michele Arcangelo”

Caserta, Campania

Nei meravigliosi vicoli del piccolo borgo medioevale di Casertavecchia si respirano i profumi di un passato senza tempo. Immerso in un incantevole panorama, il borgo si distende sul monte Virgo, sovrasta le verdi piane di Capua ed offre al visitatore una pace ed un silenzio indicibili. La chiesa di S. Michele Arcangelo è immersa in questo lembo di Medioevo.

La cittadella si apre al viandante che ne attraversa le stradine strette e serpeggianti, tra le case in pietra e in tufo, intatte nella loro geometria originale, sospesa tra le mura di una storia di cui si odono ancora gli echi. Il passato si veste di rosso, di marrone e di bianco, e indossa le sfumature cromatiche donate dal fluire del tempo, rallegrandosi dei fiori che fanno capolino dalle pareti delle case. I tetti svettano verso il cielo sovrastante, ritmati da torri e campanili. In un disegno di luci e ombre, creato da sottopassaggi e strettoie, quello stesso cielo sembra fin troppo lontano da raggiungere.

Il campanile della chiesa di S. Michele Arcangelo è un anelito verso l’infinito, che tutto domina con orgoglio. Compete in altezza con il tiburio della chiesa, “capolavoro di finezza cromatica”, pieno dei ricami di elementi policromi, cornici decorate da tarsie marmoree, motivi fioriti. Il campanile sovrasta la stradina che si apre nella piazzetta del borgo. Qui l’animo si raccoglie, si prepara all’ingresso nella chiesa. È essenziale nelle sue forme, spoglia di sovrastrutture, orpelli, decorazioni. Il marmo delle imponenti colonne che delineano la navata centrale cattura la luce che si dirama dalle finestre dall’alto. Nella sobrietà che caratterizza la chiesa, la devozione di antichi popoli è viva adesso come allora, rimanda con pochi simboli scolpiti nella pietra ai sentimenti che elevano l’uomo a Dio.

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Acquedotto Carolino (Vanvitelliano)

Valle Di Maddaloni, Campania

Monte Taburno, Valle di Maddaloni, provincia di Caserta. Parte da qui e corre per 38 km quello che è passato alla storia come Acquedotto Carolino o Vanvitelliano, e che nella realtà ha rappresentato una delle opere di maggior interesse ingegneristico del XVIII secolo. Progettato per alimentare le “reali delizie” disseminate nel parco della Reggia di Caserta e il Complesso Monumentale di San Leucio – comprendente l’antica Fabbrica della Seta, l’Appartamento storico e la Casa del Tessitore – ha richiesto 16 anni per la sua costruzione (dal 1753 al 1770) e la collaborazione dei più stimati ingegneri, architetti e matematici del Regno di Napoli, fra cui appunto Luigi Vanvitelli, già artefice della Reggia e al soldo di re Carlo di Borbone. Questi tre capolavori, perché tali sono ciascuno a suo modo sia la Reggia, che l’Acquedotto e la Fabbrica, dal 1997 sono inseriti nel listing del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. A tale triade perfetta si aggiunge una quarta opera di tutto rispetto, firmata sempre dal Vanvitelli, i “Ponti della Valle”: all’epoca era il ponte più lungo d’Europa, composto da tre ordini di arcate poggianti su 44 piloni a pianta quadrata, per una lunghezza di 529 metri e un’altezza di 55,80 metri. Fra le particolarità che lo caratterizzano c’è quella di avere alla sua base, dal 1899, un monumento-ossario contenente i resti dei soldati morti nella battaglia del Volturno.

L’inaugurazione del colossale impianto idrico dell’Acquedotto Carolino diede il via allo sviluppo economico di tutto il casertano, con la nascita del Complesso di San Leucio, colonna portante dell’intero sistema locale, e di numerosi mulini lungo il suo articolato percorso.
Al termine di esso, all’interno del parco della Reggia, si trova una grotta artificiale da cui parte una diramazione verso il Belvedere, filanda-regia voluta da Ferdinando IV per la produzione e tessitura della seta, ricavata nell’ex casino di caccia della famiglia degli Acquaviva, circondato da magnifici giardini rinascimentali. Un altro ramo dell’Acquedotto porta invece alla Reale Tenuta di Carditello, la fattoria modello voluta sempre da Ferdinando IV.

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Le Sale del Baldacchino, di Loreto e di San Sebastiano e il Deambulatorio del duecentesco Duomo di Aversa sono i suggestivi ambienti che accolgono la ricca esposizione di oggetti e opere d’arte del Museo Diocesano. Due i nuclei che identificano il percorso: quello nel Deambulatorio, derivato da una mostra allestita nel 1990 dal titolo “La Cattedrale nella storia. Aversa 1090-1990. Nove secoli di arte”, che raccoglie reperti architettonici e scultorei, oltre che arredi liturgici e reliquiari presenti nel Duomo; e il nucleo delle altre tre sale, che vede fra i capolavori un trono per l’esposizione eucaristica in argento, alcune pergamene dell’XI secolo, il reliquiario della Sacra Spina e sette tavole quattrocentesche dell’artista partenopeo Angiolillo Arcuccio. Il percorso offre uno spaccato unico dell’epoca compresa fra l’XI e il XII secolo, quel periodo normanno che tanti sviluppi e mutamenti storici portò nel Sud Italia.

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San Leucio, piccolo borgo poco lontano dal centro di Caserta, sorge alle pendici dell’omonimo colle, sul quale in epoca longobarda fu edificata una chiesetta dedicata al Santo. Nel XVI secolo gli Acquaviva, principi di Caserta, vi costruirono un castello, che chiamarono “Belvedere” per la splendida vista panoramica su Napoli, il Vesuvio e le isole del Golfo. Alla metà del XVIII secolo il territorio fu acquistato da Carlo di Borbone e dal 1759 il Regno passò nelle mani di suo figlio Ferdinando IV (III di Sicilia). Il primo interessamento del giovane Re Borbone per San Leucio risale al 1773, quando fece recintare la proprietà. San Leucio rappresentava per Ferdinando un luogo ideale per immergersi nella quiete della natura, per dedicarsi alla caccia, lontano dalla vita pomposa di corte e, negli anni seguenti, incaricò l’architetto Francesco Collecini, aiutante di Luigi Vanvitelli, di ingrandire il palazzo e trasformarlo in un centro manifatturiero dedicato alla seta: fu così che nel 1789 nacque la Real Colonia Serica di San Leucio per la quale il Re emanò uno specifico Codice delle leggi, dove erano fissati diritti e doveri degli abitanti del borgo. Nell’ anno della Rivoluzione francese, il Re a San Leucio stabiliva, tra l’altro, l’uguaglianza degli individui, pari diritti per tutti, la meritocrazia, l’educazione scolastica obbligatoria, la libera scelta nei matrimoni, l’abolizione del lusso, della dote per le donne (a quella ci pensava il Re donando la casa), dei testamenti (i figli ereditavano dai genitori). Ogni dipendente della fabbrica della seta era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati.Tutto ruotava intorno alla fabbrica. Una seteria sostenuta dal re “con mezzi potentissimi”, che sfruttava la seta generata dai bachi allevati nelle campagne del Casertano, una fabbrica dove si producevano stoffe per abbigliamento, per tappezzeria e parati, in una ricca gamma di rasi, broccati, lampassi. Nei primi decenni dell’Ottocento, con l’introduzione della macchina Jacquard, la produzione si arricchì di stoffe broccate di seta, d’oro e d’argento, con una gamma di colori ricchissima.Un Sito Reale davvero speciale, caso unico in Europa di una fabbrica all’ interno di una dimora reale. Un esempio concreto di come i Borbone costruivano i nuovi borghi per sperimentarvi impianti industriali basandosi sulla loro autonomia.L’utopia di San Leucio finì purtroppo quando, con l’unità d’Italia, il setificio fu dato ai privati, e lo statuto perse di efficacia. Nella seconda metà del secolo scorso, coloro che ancora lavoravano all’ interno del Palazzo cominciarono ad abbandonarlo per costruire fabbriche più moderne e con il tempo il degrado prese il sopravvento, fino a quando grazie ad un importante e lungo lavoro di restauro il Real Palazzo è tornato a risplendere nella sua magnificenza artistica, architettonica e naturale, diventando parte del patrimonio dell’umanità.

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Reggia di Caserta

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La Reggia di Caserta fu realizzata a partire dal 1752 per volere di Carlo di Borbone perché diventasse fulcro del nuovo regno di Napoli. Con le sue milleduecento stanze, un teatro, una cappella, una biblioteca e circa centoventi ettari di Parco, la Reggia di Caserta è il Palazzo Reale più grande del mondo, paragonabile in bellezza alle splendide residenze europee di Versailles e di Schonnbrun. Fu voluta a Caserta perché il re era molto affascinato dalla bellezza del paesaggio oltre che dalla salubrità dell’aria e, inoltre, il luogo prescelto sarebbe stato più idoneo a difendersi, rispetto alla capitale del Regno maggiormente esposta agli attacchi navali. Luigi Vanvitelli, che ebbe l’incarico, vi manifestò tutta la sua genialità e perfezione architettonica, e in seguito l’opera fu completata dal figlio Carlo. Un grande progetto creativo che ha saputo guardare al futuro, visto che la Reggia di Caserta è stata definita l’ultima grande realizzazione del Barocco Italiano. Ha una superficie di quarantasettemila metri quadrati, cinque piani e quattro cortili interni. Nel 1919 il Reale Palazzo viene dismesso dal patrimonio della Corona di Casa Reale Savoia e diventa parte del patrimonio dello Stato d’Italia, cambiando la sua natura di “Casa del Re” in museo storico. Nel 1997 la Reggia di Caserta è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Superato l’ingresso, si entra in una lunga galleria che attraversa per intero l’asse della Reggia creando un effetto prospettico a cannocchiale. Nel punto d’incontro dei bracci si giunge al vestibolo ottagonale, vero nucleo del palazzo, che appare costruito attorno ad esso. Uno scalone d’onore, costruito con marmi pregiati, porta dal piano terra al piano d’onore, o Piano Nobile, dove si trovano:
la Cappella Palatina, che sembra più un grande salone di ricevimento che un luogo di culto, data la ricchezza di marmi pregiati e la presenza di decorazioni in oro. Sopra l’altare troneggia “L’Immacolata Concezione” di Giuseppe Bonito;
la Sala del Trono, con il suo trono in legno dorato e i braccioli a forma di leoni alati, dove avvenivano incontri e cerimonie ufficiali;
la stanza da letto del re, dal monumentale letto a baldacchino dalle dimensioni sorprendenti, arredata stile impero in legno di mogano;
la stanza da bagno del re, con vasca di granito e teste di leone scolpite, toilette in marmo di Carrara, col piano sostenuto da colonnine corinzie, anfore istoriate e vasi di fiori;
l’appartamento della regina Maria Carolina, con la vasca da bagno in alabastro scolpito con interno di rame;
la Biblioteca Palatina, con le sue alte librerie e i vasi Giustiniani sugli scaffali;
la Sala Ellittica, che ospita il Presepe borbonico, dalla caratteristica volta progettata per ottimizzare l’acustica della sala destinata originariamente a teatrino domestico;
la Pinacoteca, che raccoglie validi esempi di pittura di genere con scene di vita di Corte e scene popolari oltre ad allegorie che celebravano le virtù dei sovrani;
il Teatro di Corte, che assomiglia al teatro di San Carlo di Napoli ma più in piccolo, con i suoi quarantadue palchi su cinque livelli tutti diversi decorati con putti, conchiglie, e fiori. Il palcoscenico aveva la particolarità che, oltre il fondale, c’era un portale che dava sul parco per sfruttarne la veduta e la profondità.
Altri spazi sono stati adibiti a esposizione di opere d’arte d’epoca:
la Quadreria, che si trova al piano terra del secondo cortile ed ospita la Raccolta di Dipinti inediti realizzati tra il XVI e il XIX secolo;
la Volta Ellittica, alla quale si può accedere dal Vestibolo Superiore mediante la scala posta a destra dell’ingresso all’ Appartamento Storico;
il secondo piano del Palazzo, raggiungibile dalla Volta Ellittica o direttamente dal Vestibolo Superiore, che, nelle sue otto sale, ospita un’esposizione di manufatti storico artistici di varia natura;
il Museo dell’Opera e del Territorio, allestito nei sotterranei della Reggia, raccoglie una serie di testimonianze dell’opera vanvitelliana, dell’area casertana circostante, della vita della corte borbonica tra il XVIII e il XIX secolo, e altre opere d’arte provenienti dai depositi delle soprintendenze campane.
Il lunghissimo Parco, con il suo viale che misura tre chilometri, è fiancheggiato da alberi lussureggianti (soprattutto lecci) e comprende sei fontane e gruppi scultorei ispirati alla mitologia greca: la Fontana Margherita, la Fontana dei tre delfini, la Fontana di Eolo, la Fontana di Cerere, la Fontana di Venere e Adone. A destra dell’ultima fontana (quella di Diana e Atteone) si apre il Giardino Inglese, vicino alla grande cascata, dove il terreno che pende a sud era adatto a soluzioni più fantasione e alla coltivazione delle specie più esotiche.

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